Walter Ricciardi
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Lockdown: parola che stride con l’economia ma strappa più di un sorriso a Walter Ricciardi. La cronaca degli ultimi giorni, con l’appello a media unificati per una nuova serrata da parte del consulente del ministro Speranza e annesse polemiche, è una notizia nella misura in cui si lega all’insediamento del governo Draghi, con il tentativo da parte dell’esperto di ottenere un cambio di paradigma nella gestione della pandemia.
Ma non è una novità per Ricciardi, che predica il ritorno alla linea dura almeno sin dall’inizio della seconda ondata, in coabitazione con un altro fautore del lockdown a tempo: Andrea Crisanti. Orientando, forse, la linea dello stesso Speranza, spesso annoverato tra i falchi delle misure restrittive, in contraddizione con il suo ex vice Pierpaolo Sileri, che anche nelle ultime interviste si è detto più favorevole a proseguire sulla strada della differenziazione territoriale, limitando i lockdown alle zone più colpite dalle varianti.
GLI APPELLI
Una linea che Ricciardi ha sempre avversato. Era il 25 ottobre quando l’igienista tuonava contro l’ultimo Dpcm adottato dal governo Conte. «La via da seguire – spiegava – è quella delineata da una ricerca dell’Università di Edimburgo pubblicata su Lancet la scorsa settimana. È necessario un altro lockdown».
Eccola lì la parola magica che, da allora, il consulente del ministro della Salute non avrebbe mai smesso di pronunciare. Un paio di settimane dopo l’Italia era divisa per colori, con le zone rosse a riproporre il modello della serrata primaverile. Troppo poco. «Questi lockdown sono per due settimane, anche se per me ci vorrebbe più tempo per appiattire la curva epidemica – commentava a “Un giorno da pecora” su Radio1 – Ad esempio i lockdown in Cina e qui da noi ci dicono che serve più tempo per appiattirla». L’esperto, quindi, auspicava che il regime di chiusura durasse almeno «un mese, un mese e mezzo». Da lì, complice l’avvicinarsi dei periodi di shopping natalizio con le prime riaperture, le richieste di lockdown di Ricciardi sono state a ritmo di mitragliatrice.
«Abbiamo due-tre settimane per decidere» intimava a metà novembre. E poi ancora: «Lockdown a Natale, i contagi sono la punta dell’iceberg», sino all’estremo: «Farei un lockdown subito da due mesi», frase pronunciata nell’immediata vigilia delle festività, quando l’esecutivo aveva già stretto le maglie della mobilità.
LE POLEMICHE
Il 31 dicembre è arrivato il botto di Capodanno, con Ricciardi entrato a gamba tesa nel dibattito sulla riapertura delle scuole, ribadendo la necessità di un’unica «zona rossa sino al 15 gennaio». Col nuovo anno, nonostante l’avvio della campagna vaccinale, l’esperto è tornato alla carica. Parlando al Messaggero, auspicava infatti «un blocco serio» per ridurre i contagi. Lockdown che, nella visione di Ricciardi, sarebbe stato necessario anche per non mettere a rischio le vaccinazioni. Del resto aveva già evidenziato come le nuove misure non fossero «sufficienti». Dalla metà di gennaio l’igienista a più riprese ha chiesto un lockdown di un mese, posizione ribadita anche con l’avvicinarsi di febbraio, mese deputato, secondo Ricciardi, all’applicazione della misura estrema.
E dopo aver definito il lieve peggioramento dell’Rt a inizio mese come «la quiete prima della tempesta» e aver ricordato che «tutta l’Europa è già ricorsa a lockdown duri» arriviamo alle dichiarazioni dello scorso weekend: «Serve un lockdown totale, lo chiederò a Speranza». Un’antologia di frasi (ne abbiamo citate solo alcune) che da domenica circolano sui social a mo’ di meme, senza bisogno di disegni e fotomontaggi. Bastano i fatti, ognuno valuti da sé. Alla fine, travolto dalle polemiche, l’esperto si è detto pronto al passo indietro. «Chiedono le mie dimissioni? Queste sono considerazioni che lascio alla politica – ha detto – Se posso essere utile al Paese con i miei consigli, lo faccio a livello internazionale e lo faccio anche in Italia: altrimenti mi faccio da parte».
LA PAROLA FINALE
Ma dando a Cesare quel che è di Cesare va detto che quella di Ricciardi è stata fra le poche (inascoltate) voci che in estate si erano levate affinché non si abbassasse la guardia di fronte all’apparente ritirata del virus. E, a dire, il vero, quando si registrò la prima impennata di casi sull’onda delle ferie di agosto fu piuttosto cauto sulla possibilità di un nuovo lockdown. «Lo escludo – spiegò – i casi li rintracciamo. Poi abbiamo rafforzato il sistema nazionale». Ma la tempesta d’autunno ha di fatto annichilito il sistema di contact tracing, pilastro della fase di convivenza col Covid inaugurata fra maggio e giugno. Da lì, secondo l’esperto, l’urgenza di nuove chiusure per arrivare a un reset e ripartire. La parola finale spetta, come sempre, al governo. Dalle parole del premier – sinora riservatissimo – si capirà qualcosa di più sulla linea che adotterà l’esecutivo nei prossimi mesi.
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