Una protesta a Cosenza nei giorni scorsi
5 minuti per la lettura«SI NASCONDONO dentro gli uffici… prendono stipendi d’oro… devono scendere nel campo fra gli ammalati troppe giacche, cravatte, tacchi a spillo e vestiti firmati senza dare un contributo alla comunità». Lo grida con le lacrime agli occhi, lacrime di rabbia, una infermiera del Pronto Soccorso dell’ospedale di Cosenza durante la manifestazione organizzata da medici, infermieri e Oss sotto le finestre della direzione generale dell’azienda ospedaliera di Cosenza.
Mentre il Governo continua in questa commedia degli equivoci che è la nomina di Giuseppe Zuccatelli, non c’è categoria in Calabria che non sia sul piede di guerra. Ogni giorno c’è un sit in, una protesta per chiedere un diritto elementare come quello alla salute. Ma nessuno sembra capirlo. Ci si accapiglia sulle nomine mentre il sistema del tracciamento è saltato in tutta la regione e al Pronto Soccorso dell’ospedale di Cosenza ieri c’erano 44 pazienti Covid parcheggiati su barelle perché non c’è nemmeno un buco dove ricoverarli.
«La decisione del ministero della Salute di dichiarare zona rossa la nostra regione e le impietose inchieste giornalistiche che nel giro di pochi giorni hanno portato all’avvicendamento del commissario ad acta per la sanità calabrese, dimostrano non soltanto la fragilità e l’inadeguatezza del sistema sanitario regionale, per come da molto tempo e da più parti lamentato, ma anche l’incompetenza e la mancanza di senso di responsabilità, che la seconda ondata della pandemia Covid-19 in atto ha definitivamente e inequivocabilmente palesato». Chi parla non è un trinariciuto antagonista dei centri sociali, ma Monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza episcopale calabrese, a nome dei vescovi delle regione. Il presidente dei vescovi della Calabria afferma quindi che «è urgente assumere ora decisioni che siano esclusivamente legate ai criteri dell’autonomia, della competenza e della capacità professionale. Tutte le istituzioni – continua Bertolone – devono rendere ragione del proprio operato per garantire ai calabresi una sanità efficiente».
«Ora è vietato sbagliare. A me le polemiche non interessano perché credo sia giusto quanto affermato dal Presidente Mattarella, basta polemiche affrontiamo insieme il nemico comune che è il virus. Ci sarà tempo per capire di chi siano le responsabilità di questa situazione, ma adesso è il tempo delle risposte. Possibilmente immediate». Klaus Algieri è presidente della Confcommercio Calabria ed è davvero molto arrabbiato. Si capisce se pensiamo che il 10% degli occupati in Calabria opera nel settore dei servizi (ristorazione e turismo) che rappresenta circa l’8% del Pil regionale. «Essere zona rossa significa condannare a morte il nostro tessuto produttivo – continua – e ci fa molta rabbia perchè lo siamo non per il numero di contagi ma per le debolezze del nostro sistema sanitario. Ma era così difficile attrezzare in provincia di Cosenza un secondo laboratorio per processare i tamponi? È così complicato attrezzare centri Covid o residenze dedicate ai malati che non necessitano di ospedalizzazione? Se avessimo un’offerta sanitaria decente saremmo zona verde, come ci ha classificati la Germania. Sa cosa le dico? Se eravamo zona verde avremmo potuto tranquillamente colmare il divario con il Nord. Allora mi chiedo a chi serva tutto questo, se tutto questo non sia strumentale per favorire la sanità privata nella quale da tempo assistiamo ad un frenetico shopping da parte di multinazionali e aziende del nord».
Anche Giovanbattista Piercacciante, presidente regionale dell’Ance di Unindustria, è sconsolato. «Provo rabbia perché in estate tutti sapevano che sarebbe arrivata una seconda ondata della pandemia, ma nessuno ha preso i provvedimenti necessari ed ancora assistiamo a stucchevoli discussioni sui nomi senza che nessuno abbia messo in campo un minimo di risposta». La conseguenza economica è che il settore edile, che in Calabria rappresenta circa il 12,6% del Pil, è completamente fermo. «Nemmeno con gli ecobonus e gli altri incentivi prodotti dal Governo si è ripartiti. I problemi sono due. Qui le amministrazioni pubbliche spesso sono rappresentate da piccoli comuni che non sono attrezzati per lo smart working. Così spesso alcuni dipendenti nemmeno rispondono al telefono per cui anche avere un’autorizzazione diventa un’odissea. Nello stesso tempo non ci sono bandi di gara, sugli appalti è tutto fermo. Non so fin quanto potremo andare avanti così».
«La gestione del generale dei Carabinieri ha forse toccato il punto più basso, eppure è suo merito, per quanto amaro sia dirlo, quello di aver portato sotto gli occhi dell’intero paese il fallimento della decennale gestione commissariale», dice invece Eugenio Corcioni, presidente dell’ordine dei medici di Cosenza. «Sebbene l’indice dei contagi nella nostra regione non sia (per il momento e speriamo che tale resti) così elevato come in altre aree del paese – continua Corcioni – tuttavia il livello di precarietà, sottodotazione e disorganizzazione delle strutture sanitarie impone misure assai severe, per il bene della popolazione e in particolare dei più deboli. Ma questi sacrifici necessari saranno vanificati senza un progetto complessivo e rigoroso di risanamento e rilancio dell’assistenza sanitaria in Calabria, altrimenti la condizione del sistema peggiorerà ulteriormente, i cittadini continueranno a soffrire ingiustamente e magari, una volta sconfitto il covid, faremo finta di dimenticarcene, salvo strapparci di nuovo i capelli alla prossima emergenza, e nel frattempo continueremo a sostituire commissari incapaci di raggiungere i traguardi sbandierati, come si fa con gli allenatori nelle squadre di calcio».
Insomma tutti sono concordi che la situazione sia ormai insostenibile e al limite del paradosso come quello che denuncia Federica Messineo, medico del Pronto Soccorso di Cosenza: «Abbiamo reparti vuoti con colleghi mandati in ferie e noi siamo messi in croce»: è il destino amaro di questo pezzo di Paese.
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