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Il Pronto soccorso di Castellammare di Stabia al collasso

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NAPOLI – Viale Europa, Castellammare di Stabia. Il buio è illuminato dai lampeggianti delle ambulanze. Sono le 23 di giovedì 5 novembre. L’ospedale San Leonardo, una delle strutture di riferimento per una popolazione di oltre 500 mila abitanti a sud di Napoli, è in ginocchio. Collassato. Fuori il coprifuoco, dentro la sofferenza dei malati e un personale sanitario allo stremo. Tutte le barelle, sedie e letti disponibili in ospedale sono stati requisiti e tutte le fonti di ossigeno, inclusi 12 supplementari, sono utilizzate. Il pronto soccorso non esiste più. È trasformato in reparto Covid (nel piano aziendale resta pronto soccorso). Ha otto posti letto, ma ci sono 30 pazienti sintomatici sparsi ovunque.

Da qualche giorno la Rianimazione è stata riconvertita a primo soccorso. È un viaggio nell’inferno terreno. Le ambulanze sono in fila indiana, anche per un giorno intero. Altre sono parcheggiate nello spazio antistante il pronto soccorso. È uno scenario da guerra. Questa volta non ci sono armi, il nemico da combattere è invisibile. Una volta entrato nel tuo corpo, se ne impossessa. Ti rende prigioniero. Le cure a chi presenta sintomi da Covid-19 vengono prestate nella ambulanze. Sono scene apocalittiche: i malati che avevano bisogno di ossigeno e cure hanno dovuto attendere ore prima di poter entrare in ospedale mentre altri sono rimasti in attesa anche per 18-19 ore. Dalle 10.30 di giovedì mattina, una delle ultime ambulanze è riuscita a “sbarellare”, come dicono in gergo i sanitari, alle 5.40 di ieri.

Chi è risultato positivo al tampone, attende lunghe ore per il riscontro del test molecolare. È un dramma nel dramma. A chi dice che tanti di loro potevano essere curati a casa, la risposta è una: guardare negli occhi chi ha mancanza d’aria. Il San Leonardo rischia di implodere. «Il nostro fabbisogno si è triplicato. Da soli non ce la possiamo fare. Noi dobbiamo salvaguardare la salute di tutti, l’Asl ha fatto l’impossibile fino a questo momento per aiutare noi e i pazienti ma ora è necessario un aiuto. Abbiamo bisogno della mano dei medici di base perché arriva troppa gente in pronto soccorso» ha spiegato il primario del pronto soccorso, Pietro De Cicco. In poche parole, non si è in grado di garantire l’adeguata assistenza e persino allocazione. Ma c’è un’altra ipotesi che circola nei corridoi dell’ospedale. Vista la carenze di medici e anestesisti, i chirurghi di altri reparti potrebbero essere “riconvertiti” e destinati ad occuparsi dei pazienti Covid. Una cosa assurda, persino in una situazione di grande emergenza. La ventilazione assistita richiede esperienza acquisita in anni di formazione. Lasciare professionisti, pur bravissimi nelle loro discipline, in situazioni critiche, è un rischio per loro e per gli stessi ammalati. Ieri mattina il risveglio non è stato comunque dei migliori da queste parti. C’è necessità di poter accogliere pazienti al nosocomio e gli operai hanno iniziato a smantellare i locali della farmacia ospedaliera, che sarà trasferita nella vicina Gragnano, per creare altri posti letto di terapia sub-intensiva. Al San Leonardo il covid ormai è di casa.

NOLA, L’UNICA SPERANZA

Per le altre emergenze l’unico pronto soccorso è la struttura sanitaria “Santa Maria della Pietà” di Nola, ad oltre 40 chilometri di distanza. Anche qui la situazione è drammatica. Da qualche giorno sono andati via altri 4 medici: c’è chi ha vinto un concorso presso altre Azienda sanitarie e chi, essendo a contratto, ha preferito scegliere altre strutture in cui lavorare. In forze al pronto soccorso sono rimasti in sette, costretti a turni massacranti per garantire cure e assistenza.

BOSCOTRECASE IN AFFANNO

Poco lontano da Castellammare, c’è una struttura destinata ai contagiati, ma funziona solo a metà. Motivo? Non solo c’è grande carenza di personale, ma tra medici e infermieri ci sono troppi infettati. Il Covid Hospital di Boscotrecase, infatti, è saturo di ricoveri già da giorni, con 80 pazienti dei quali diversi in terapia sub-intensiva e cinque in intensiva. Urgono posti letto, ma anche medici specializzati per fronteggiare l’emergenza. Gli operatori sanitari contagiati sono stati in parte rimpiazzati ma le new entry non sarebbero preparate a sufficienza. Quindi, nonostante la rimodulazione degli ospedali dell’Asl Napoli 3 Sud, con la chiusura di Pronti soccorso e reparti tra area vesuviana, Lattari e penisola sorrentina – non senza proteste – le criticità sono palpabili proporzionalmente all’avanzata dei contagi.

REGIONE, ACCUSE E DIFESA

La sanità campana mostra tutta la sua fragilità negli ospedali di provincia. Sette mesi sprecati. Era tutto previsto, ma anche da queste parti la seconda ondata è stata affrontata all’italiana: se e quando arriverà si vedrà. L’autonomia sulla sanità del governatore Vincenzo De Luca è stata a lungo dimenticata. Di fronte a un disastro previsto e prevedibile in estate, la regione ha atteso che l’ondata iniziasse a travolgere tutto e tutti in autunno per poi correre ai ripari e a scaricare tutte le responsabilità sul governo centrale. Ma per il governatore è stato fatto di tutto e di più, anticipando le mosse del governo.

«Noi abbiamo oggi un tasso di occupazione delle terapie intensive del 28-29%. Giovedì avevamo 175 ricoverati in terapia intensiva rispetto ai 600 posti letto complessivi. Abbiamo raddoppiato rispetto a gennaio questi posti, e fra due mesi ne avremo 800 disponibili – ha detto ieri in diretta su Facebook – Dobbiamo essere determinati sulla linea del rigore e del contenimento del contagio. Chi oggi è stato collocato in zona rossa protesta perché si sente bersagliato, più sul piano politico che su quello del contagio. Il paradosso però è che chi oggi si trova in zona rossa probabilmente si troverà nella condizione di aprire poi le attività economiche da qui a un mese, mentre chi non è in zona rossa corre paradossalmente il rischio di dover chiudere tutto nel periodo di Natale e Capodanno. È per questo che dobbiamo essere ancora più attenti, altrimenti rischiamo di chiudere tra un mese, così come rischiamo di entrare in zona rossa tra una settimana se immaginiamo di avere comportamenti allegri, disinvolti e non responsabili». Ieri nella “gialla” Campania si sono registrati 4.508 positivi e 40 morti: è il record assoluto di contagi e decessi. E ora sullo sfondo del disastro c’è anche la carenza di bombole di ossigeno nelle farmacie del Napoletano.


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