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Un minuto dopo la fine della conferenza stampa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, hanno ricominciato a bofonchiare invocando più autonomia.
«Ma come, – si domanda un parlamentare del PD di rito contiano – non volevano che fosse un esecutivo decisionista?».

Decisionista fu ma non piacque. Insomma, ci risiamo.

Nemmeno il tempo di declinare, firmare e presentarsi agli italiani in diretta televisiva che l’inquilino di Palazzo Chigi e i suoi ministri si sono ritrovati presi di mira dai presidenti di Regioni.

E manco a dirlo, l’irritazione giunge dai governatori di centrodestra.

Una mossa che, secondo i bene informati, forse cela la manina del solito Matteo Salvini che vorrebbe servirsi dei colonnelli dello Stivale per indebolire, snervare ed esautorare «l’avvocato del popolo». Suggestioni, retroscena, chiacchiericcio di un Palazzo che vive un eterno braccio di ferro con i territori che ormai va avanti dal febbraio scorso.

«Maledetta riforma del Titolo V…» sospira ma non troppo un ex democristiano che attraverso il corridoio dei passi perduti.

Dunque, Stato versus Regioni.  Un, due e tre, e riecco Attilio Fontana, presidentissimo del Pirellone che non si è certo distinto nel corso della prima ondata.

Anzi. Riecco il numero uno del Pirellone puntare il dito contro l’esecutivo perché la Lombardia è finita nel girone rosso. Tradotto, è di fatto in una sorta di lockdown.

«Le richieste formulate dalla Regione non sono state neppure prese in considerazione. Uno schiaffo in faccia alla Lombardia e a tutti i lombardi.

Un modo di comportarsi che la gente non si merita». E pensare che il Capo dello Stato Sergio Mattarella aveva invocato a gran voce «una collaborazione fra le istituzioni», proprio perché ci troviamo in una situazione di emergenza.

Ma la pax è durata un amen e un attimo dopo è iniziato il tiro al bersaglio. Nino Spirlì, presidente della Regione Calabria da qualche settimana dopo la morte dell’azzurra Jole Santelli, minaccia addirittura di impugnare la decisione del governo.

«Utilizzeremo tutti gli strumenti legali e la vera sorpresa sarà questa. Dimostreremo che la Calabria non lo merita, ma lo faremo in maniera civile, composta. Lo prometto».

Alberto Cirio, governatore di centrodestra di una regione, il Piemonte, finita anch’essa nel girone rosso, è una furia: «È un grande caos. Speranza sbaglia con i dati sul Piemonte.  Il fatto che il governo abbia scelto sulla base di dati di 10 giorni fa, rischia di non tenere in considerazione tutti questi elementi e rischia di porre in una situazione più critica regioni che sono in una fase di miglioramento e non tenere invece conto del peggioramento di realtà del nostro paese».

Fra le regioni il sentiment è sempre lo stesso. Mettono in discussione gli studi del governo e dell’Istituto superiore di sanità.

L’assessore siciliano alla Sanità, Ruggero Razza, graffia così: «Oggi all’incontro con il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e il direttore generale Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza, ho chiesto se sono stati utilizzati solo i parametri classici per individuare la Sicilia come zona arancione e mi hanno detto che si aggiungono classificazione di rischio e indice Rt. Ma se è così non ho capito perché se ne è tenuto conto soltanto per la Sicilia. Le valutazioni sono molteplici e io voglio comprenderle al meglio. Domani avremo un incontro anche col ministro Speranza».

Nell’attesa di capire come andrà a finire proprio Rezza, nel corso della canonica conferenza stampa, avverte: «L’incidenza è elevata in tutte le regioni, la curva cresce e dobbiamo stare attenti perché la situazione di disagio è generalizzata».

E il messaggio del direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute sembra rivolto a quei governatori che fanno i capricci in queste ore.
Non a caso, a tarda sera, un membro del governo che preferisce l’anonimato si lascia andare: «Ma le Regioni hanno visto il numero di morti di oggi?».


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