Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana
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OGGI a Milano tanti lombardi (ma non tutti quelli che vorrebbero esserci ma non possono anche a causa dei vincoli dovuti al Covid-19 sulla modalità delle iniziative di piazza) manifestano contro il governo lombardo, per chiederne le dimissioni e per chiedere conto delle responsabilità della catastrofica gestione dell’emergenza sanitaria. In piazza Duomo la rete Milano2030 (ma non solo) per puntare il dito contro “le scelte fatte in questi mesi che sono state devastanti e hanno dimostrato l’insipienza di chi avrebbe dovuto proteggere la nostra regione dalla pandemia – e per – realizzare quello che non è accaduto in tutti questi anni: il radicale potenziamento del welfare e del servizio sanitario nazionale.
Sotto il Pirellone ci saranno invece altre realtà, più legate alla sinistra radicale, che con l’iniziativa in piazza Duomo condividono molte valutazioni sulla gestione della crisi e sulla privatizzazione del servizio sanitario in corso da anni, ma che affondano direttamente il coltello nella piaga delle responsabilità: da Formigoni a Maroni, da Fontana a Gallera questi i soggetti ritenuti “politicamente responsabili. Devono quindi andarsene a casa e liberare la regione dalla loro gestione criminale. Non siamo più disposti ad aspettare!”.
FRONTE COMPATTO
Due appuntamenti potrebbero dare l’idea di divisione, ma anche, da un altro punto di vista, di forza: “ci amareggia che ci saranno due piazze – valuta la campagna #oraacasarestatecivoi (che sarà in piazza Duomo) ma se per farli andare via non ne basta una, ci auguriamo che ci riescano due piazze contemporaneamente”. In effetti il fronte contro la giunta di Fontana, se non compatto è quanto meno davvero poliedrico e con molti centri distribuiti in settori differenti della società: le piazze, i social e i mezzi di informazione da un lato, la magistratura con le sue decine di indagini dall’altro.
A questo fuoco incrociato se ne è aggiunto uno nuovo, in seguito alle rivelazioni rese note da “Il Fatto quotidiano” giovedì, ovvero una nuova accusa di mancata istituzione di zona rossa, questa volta nel cremonese, che si somma a quella, su cui sta indagando la Procura di Bergamo, ad Alzano Lombardo e Nembro. No 2020).
LA MANCATA CHIUSURA
La vicenda metterebbe sotto accusa Fontana che avrebbe dovuto inserire (ma non lo fece) i Comuni di Pizzighettone, Formigara e Gombito nell’elenco della zona rossa da istituire già alla fine di febbraio, insieme ad altre sei località in provincia di Lodi. Il giornale riporta per iscritto le parole di un audio di una riunione del 23 febbraio (stessa data in cui il Covid-19 veniva individuato al pronto soccorso dell’ospedale di Alzano) tra i rappresentanti regionali, tra cui Fontana, il prefetto di Lodi Marcello Cardona e alcuni sindaci; all’ordine del giorno la discussione su quali comuni isolare e l’organizzazione della presenza militare per far rispettare la chiusura.
Fontana aveva una lista di 10 paesi già stabiliti (Codogno, Castiglione d’Adda, Casale, San Fiorano, Bertonico, Fombio, Terranova dei Passerini, Somaglia, Maleo e Castelgerundo) e ne avrebbe aggiunti altri 9: Santo Stefano Lodigiano, San Rocco al Porto, Corno Giovine, Cornovecchio, Caselle Landi, Pizzighettone, Formigara, Gombito, Brembio. Quindi intervenne il Prefetto le cui parole sono riportate con il virgolettato sul Fatto Quotidiano: “Sono tutti miei, tre a Cremona e il resto tutto a Lodi. Sto facendo il calcolo, credo che dobbiamo aggiungere altri venti, ci stiamo muovendo sulle 70mila persone. Noi stiamo lavorando su quei dieci che Attilio aveva già individuato, già individuati i check, già individuato il numero dei rinforzi. Appena Attilio mi formalizza questi comuni (ma già lo sapevo perché me lo aveva comunicato Giulio, lavoriamo sui nuovi check perché li dobbiamo mettere su carta”.
Ma poi non ci fu mai l’ufficializzazione da parte della Regione e i tre comuni cremonesi rimasero aperti.
REPLICA DI GALLERA
La replica è arrivata ieri da Gallera, che ha respinto le accuse con la già rodata strategia del rimandare ad altri le responsabilità; accuse “false, fuorvianti e gratuite” – ha dichiarato Galera citato su www.cremonaoggi.it – il 23 febbraio con la logica di isolare le aree coinvolte per arginare la diffusione del virus, i nostri esperti avevano disegnato su una mappa una cintura di sicurezza sanitaria che comprendeva 22 comuni. Fra questi, non era presente la citta’ di Lodi, dove in quella data si riscontrava un unico caso positivo.
La lista veniva comunicata immediatamente al Governo. Poco dopo, la risposta del Governo evidenziava l’impossibilita’ di accogliere la richiesta della Lombardia nella sua totalita’ perche’ il blocco di un’area cosi’ vasta avrebbe comportato l’impiego di un numero troppo elevato di operatori delle forze dell’ordine. Si procedeva quindi con la definizione della zona rossa di 10 comuni in stretto coordinamento con il Governo, la Prefettura, la Protezione Civile e le amministrazioni locali. Nessuna polemica, su questo caso, è stata mai sollevata dalla Regione Lombardia”.
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