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Si fa presto a dire “prima le buone notizie”. Ce ne sono alcune che non sono buone ma non si possono tacere: più di 70 medici di base contagiati in Veneto e Lombardia. Si aggiungono all’assessore positivo al test del Codiv-19 e al governatore del Pirellone, Attilio Fontana, da qualche giorno in quarantena. Se non è una Caporetto poco ci manca.
BOTTA E RISPOSTA
Il Sindacato italiano medici (Smi) paventa addirittura «la parziale chiusura degli ambulatori e dei presidi di continuità assistenziale che devono funzionare – spiega un comunicato del segretario generale Pina Onotri – solo attraverso il triage telefonico e con apertura su appuntamento».
La risposta della Regione Lombardia non si è fatta attendere: dà l’idea di come la situazione si è andata aggravando con il passare delle ore. «Stiamo disponendo una direttiva con cui sospendiamo tutta l’attività ambulatoriale pubblica e privata tranne quella urgente e non differibile in tutta la regione per sostenere gli ospedali che attualmente sono impegnati con l’emergenza» ha annunciato l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, al termine di una conferenza stampa in cui si è tracciata una linea e fatto il punto.
I casi più gravi arrivano da Codogno, Cremona, Piacenza, dalla Bergamasca. Lo Smi ha diffidato i direttori delle Asl e gli assessori regionali. Il sindacato dei medici è pronto a dare mandato agli avvocati “in caso di eventi gravi per la salute dei colleghi intercorsi nell’esercizio della professione medica e attribuibili al Corona Virus”.
Succede in Veneto e Lombardia, nelle due regioni dove la sanità è considerata un Moloch, un’eccellenza europea, un vanto nazionale. Dove le strutture pubbliche di primo impatto rischiano di collassare.
COLLASSO ANNUNCIATO
Sia lo Smi che la Fnomceo, la Federazione di medici italiani chirurghi e odontoiatri avevano scritto nei giorni scorsi, quando l’emergenza non era ancora alle porte, al governatore lombardo Attilio Fontana per denunciare la grave carenza di mascherine. «Un medico che si ammala è un medico sottratto al servizio sanitario nazionale e alla tutela del diritto alla salute”, si leggeva nella lettera, inviata dalla Federazione al presidente della Regione. Si chiedevano nello specifico mascherine di tipo Fpp2 e Fpp3, tute e occhiali per effettuare le visite in sicurezza nell’interesse dei pazienti e dei medici. Analoghe richieste sono arrivate dallo Smi. Urgono medici per potenziare il servizio sanitario nazionale.
UN KIT DA VERGOGNA
Nell’area milanese operano circa 900 medici di medicina generale. Ognuno, ieri l’altro, ha dovuto lasciare il proprio studio per andare di persona a ritirare il kit, all’Ats, in Corso d’Italia 19.
«Quando ho aperto il plico che ci è stato consegnato ho provato un misto di vergogna e amarezza – racconta il dottor Enzo Scarufo, segretario dello Smi lombardo – Dieci mascherine di tipo chirurgico, quelle che costano meno e non proteggono internamente; una tuta usa e getta; un disinfettante per la cute, un contenitore con i guanti monouso. Tutto qui. Hanno voluto risparmiare, non ci hanno fornito, chessò, un paio di occhiali…una visiera».
«Cosa penso? – riprende Scarufo – mi è venuto in mente quel film, “Miseria e nobiltà”, e quei soldati italiani che furono mandati alla campagna di Russia con le scarpe rotte. Stento a crederci. Mi chiedo come sia stato possibile e come mai a infettarsi siano stati solo, a quanto finora risulta, i colleghi delle strutture pubbliche lasciati in prima linea e mandati allo sbaraglio».
In due giorni, ha rivendicato l’assessore Gallera, sono stati assunti in Lombardia 136 sanitari. All’ospedale di Lodi sono arrivate 83 unità, 47 infermieri e 17 operatori. “Precettati” anche 5 medici militari.
COME L’11 SETTEMBRE
E il “vero” Colosso della Lombardia? L’avanguardia, la sanità privata che incassa in rimborsi il 40% dell’intero finanziamento pubblico, cioè circa 7 dei 17 miliardi di euro l’anno? Che vale, solo di ricoveri, come precisa l’Aiop, 2 miliardi e 170 milioni l’anno? Alberto Zangrillo, direttore generale dell’unità di terapia intensiva del San Raffaele, è andato di persona a Lodi per trasferire nel suo reparto 4 pazienti trasportati su due ambulanze. Riferendosi ai medici lodigiani, Zangrillo, riconoscente, ha detto: «E’gente che lavora sapendo che può rimetterci la pelle, sono come i pompieri dell’11 settembre». E il paragone con le Torri Gemelle la dice lunga.
MILIONI DI MASCHERINE
E mentre il governatore del Veneto Luca Zaia chiede che i medici possano operare «anche se hanno avuto contatto con persone positive», la qualcosa richiederebbe una modifica normativa, il suo omologo lombardo Attilio Fontana rassicura: “Le nostre terapie intensive sono al collasso».
Intanto, però, il prezzo delle mascherine in Lombardia continua salire. L’ultima offerta per quelle chirurgiche è di 1,4 euro l’una al pezzo, un prezzo che, fa sapere la centrale d’acquisto regionale, è lievitato alle stelle. C’è chi vorrebbe renderle obbligatorie, come il casco per i motociclisti. E chi, come il Partito democratico, sostiene che le mascherine mancano perché la Regione Lombardia avrebbe sbagliato l’ordine.
«E‘ solo sciacallaggio – replica indignato Roberto Anelli, capogruppo della Lega al Pirellone – la Regione ha evidenziato che nei periodi normali ne servono 150 mila all’anno, quelle che noi garantiamo. Con l’emergenza ne servono 150 mila al giorno per i medici e per gli ospedali. Dal governo ne sono arrivate 40 mila, cioè pochissime: per questo ci siamo rivolti al mercato internazionale».
Davide Caparini, assessore al Bilancio, ha fatto sapere nel frattempo che la Protezione civile, per approvvigionarsi, ha raggiunto un accordo con un non meglio precisato Stato straniero, per acquistarne alcuni milioni. E dinanzi a certi numeri non si sa se piangere o gioire.
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