L’Istituto clinico Humanitas
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«ERAVAMO democristiani. E finché ci siamo stati noi la sanità pubblica non è mai stata messa in discussione. Poi è successo qualcosa, non mi chieda però cosa. So solo che ci fu un grande cambiamento, famiglie importanti già attive in altri settori iniziarono a investire nella sanità cifre notevoli e poco dopo arrivarono i tagli. Meno medici, meno infermieri, meno ospedali, meno posti-letto».
Bruno Tabacci, 73 anni, ricorda gli anni che precedettero la “Milano da bere”. Ora c’è la Milano da ricoverare, una città in cerca di posti di terapia intensiva per far fronte all’emergenza. Dal privato è arrivata ieri, tramite il presidente dell’Aio Lombarda, Dario Beretta, l’offerta di 30/40 posti, un contentino. Nella prossima settimana potrebbero arrivare a 100. Un quarto dei pazienti che ieri hanno fatto il tampone risultando contagiati.
L’ECOSISTEMA LUMBARD
Ma torniamo a Tabacci. Da presidente della Regione Lombardia, dall’87 all’89, per espressa volontà, si disse allora, di Ciriaco De Mita, l’ex presidente di +Europa, ha superato in tutti questi anni varie prove di galleggiamento. Non sembra spaventato dal Covid-19. Da ex amministratore ha vissuto altri momenti critici. Quando lui lasciò il Pirellone, era in embrione quello che poi sarebbe diventato “l’ecosistema sanitario”, come lo ha definito più volte l’attuale sindaco Beppe Sala. Pubblico e privato, prima collaborando, in un equilibrio sempre più asimmetrico. Dove a crescere, anno dopo anno, è solo il secondo. A dare il via definitivo alla trasformazione fu la la legge regionale 31/1997, modificata poi nel 2015. Introdusse il diritto alla libera scelta in base al principio della sussidiarietà. Risultato: aziende ospedaliere pubbliche e private seguirono lo stesso percorso di accreditamento nella produzione di prestazioni specialistiche. Ventitre anni dopo l’Aiop Lombardia, l’Associazione italiana sanità privata rappresenta 43 strutture ospedaliere, 11.513 posti letto, 3 centri di riabilitazione, 19 residenze sanitarie per anziani, 4 Irccs (istituti di ricovero e cura a carattere scientifico). In totale 69 istituzioni operanti su tutto il territorio. Messi insieme gestiscono circa 7 miliardi di euro.
RISPUNTA ALFANO
Non a caso è qui, in Lombardia, che è nato l’impero della famiglia Rotelli, il Gruppo ospedaliero privato più grande d’Italia. Dal nonno fondatore Luigi, consigliere d’amministrazione del Banco ambrosiano, al padre Giuseppe, passando per i figli Paolo, Marco e Giulia. L’acquisto del San Raffaele è il pezzo più importante del Risiko e risale al 2012. Per capire di cosa stiamo parlando e quanto incida la politica nella gestione corrente della sanità regionale, basti dire che a guidare il gruppo San Donato è ora l’ex ministro degli Esteri Angelino Alfano. E ci fermiamo qui. Non prima però di aver ricordato che sempre in Lombardia opera l’Istituto clinico Humanitas, un’altra eccellenza creata dal nulla da Gianfelice Mario Rocca, imprenditore e dirigente, presidente della Techint. Con Humanitas attività clinica, ricerca e didattica procedono di pari passo. Il Campus, che ha comportato investimenti privati per circa 100 milioni di euro, chiude il cerchio e stringe sempre più il cappio intorno al pubblico che invece arranca. Otto pazienti su 10 arrivano all’Humanitas dalla sanità nazionale, il Pronto soccorso fa registrare una media di 50mila ingressi l’anno. Tagli lineari alla sanità pubblica e business dei privati sono direttamente collegati. Passare dalla chimica petrolifera agli ospedali è un lampo. E quando i lavoratori della sanità privata minacciavano scioperi per rinnovare il Ccnl, l’assessorato al Welfare della Regione Lombardia dà subito la disponibilità ad aumentare il budget. Il presidente della Conferenza Stato Regioni, Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, va oltre: invia una lettera al ministro della Sanità Roberto Speranza per chiedere la rivisitazione del vincolo fissato dalla Dl.95 del 2012 che fissa un tetto al budget del comparto privato accreditato.
MEDICI CONTRO LA REGIONE
Pina Onotri, segretario generale del sindacato medici italiani (Smi) conosce bene la situazione lombarda. Spiega: «Noi lo diciamo da anni e abbiamo portato in tribunale la Regione Lombardia per aver esternalizzato con una delibera le cure per i cronici che prima erano a carico della medicina generale. Si è definanziato il pubblico a vantaggio dei privati. Ma noi non ci fermiamo e andremo avanti in tutti i gradi di giudizio, se sarà necessario. Come sindacato ci siamo opposti e ci opporremo anche all’autonomia differenziata. Siamo per una sanità nazionale».
LO SCANDALO RIMBORSI
Ma cosa è successo in Lombardia? «Il pubblico ha mirato in tutti questi anni solo alla complessità – riprende Piana Onotri – Grandi investimenti ma profitto zero. E i risultati li abbiamo sotto gli occhi: ai medici che in questi giorni operano nella zona rossa è stato fornito un kit ridotto all’osso, un camice e la mascherina. Tutto qui. Poi ci chiediamo perché una percentuale alta di operatori ha contratto il contagio. Purtroppo in questi anni si è parlato di eccellenza anche davanti al turismo sanitario, gente del Sud che per farsi curare va al Nord. Noi abbiamo sempre criticato questo fenomeno e abbiamo lanciato lo slogan “Curiamoli a casa loro”». Ci sarebbe infine lo scandalo dei rimborsi, di cui si è occupata di recente Milena Gabanelli, l’ex conduttrice di Report. Stato e Regioni rimborsano alle strutture convenzionate più di quanto esami, tipo tac e risonanze, costano ai cittadini. Al Sant’Agostino di Milano una risonanza magnetica costa al paziente 90 euro, ma la Regione per lo stesso esame ne rimborsa alla struttura 169,97. Perché? Misteri dell’ecosistema lombardo.
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