La Corte dei Conti
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Tutto cambia, tranne nel mondo delle società partecipate dagli Enti pubblici che continuano a produrre buchi nei bilanci, non offrendo sempre servizi all’altezza. Ed è al Nord che il “fenomeno” appare più sviluppato, anche se in questo settore l’Italia appare davvero unificata.
È quanto emerge dalla relazione della sezione delle Autonomie della Corte dei Conti approvata ieri su “Gli organismi partecipati dagli enti territoriali e sanitari”, report che analizza, attraverso i dati disponibili aggiornati al 2018, la diffusione, la rilevanza economica e la tendenza evolutiva del fenomeno delle partecipazioni pubbliche.
“L’obiettivo – spiegano i magistrati contabili – è quello di esaminare l’impatto delle esternalizzazioni sui bilanci degli enti partecipanti, verificando, inoltre, in quale misura gli stessi enti si siano attenuti all’obbligo di ricondurre il mantenimento delle partecipazioni nell’alveo dei principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa”.
La Corte dei conti ha individuato 7.154 organismi partecipati in via diretta e indiretta dagli enti territoriali (Comuni, Province e Regioni) e ha rilevato complessivamente 101.478 partecipazioni, di cui 23.154 dirette e 78.324 indirette, per la maggior parte riferite ai Comuni (quasi il 97%) e localizzate prevalentemente al Nord Italia (75%). Dei 7.154 organismi, la magistratura contabile ne ha esaminati 4.880, cioè quelli di cui sono disponibili i dati di bilancio del 2018, con un focus specifico sulle società a totale e diretto controllo pubblico, cioè 2.656.
I NUMERI PER REGIONE
Se Regioni e Province stanno cercando di mettersi in riga, i Comuni sono ancora molto indietro nell’opera di razionalizzazione e “dismissione” delle partecipazioni. “I Comuni – si legge – hanno scelto di mantenere le partecipazioni nell’87,38% dei casi, a fronte di un valore del 59,48% e del 67,52%, rispettivamente, delle Regioni/Province autonome e delle Province/Città metropolitane”.
Delle 4.880 società esaminate dalla Corte dei Conti, 739 si trovano in Lombardia, 422 in Toscana, 395 in Emilia Romagna, 368 in Veneto, 339 in Piemonte, 208 nella piccola Provincia autonoma di Bolzano, che supera persino la Puglia (201).
Al Sud il maggior numero di partecipate si concentra in Campania, dove comunque sono “soltanto” 280, segue la Sicilia (244), poi Puglia e Calabria (119). Il divario è palese.
I RISULTATI ECONOMICI
La Corte dei Conti ha poi analizzato i bilanci, concentrandosi solo sulle 2.656 società a totale e diretto controllo pubblico. Esaminando soltanto il 2018, risultava in perdita circa il 23% delle 2.656 società a controllo pubblico, con un risultato d’esercizio negativo che si attesta sul valore di 555 milioni di euro di cui 115 milioni di perdite registrate dalle partecipate della Lombardia, un quinto del totale.
Ma se si guarda al totale dei debiti accumulato dalle società nel corso degli anni i numeri fanno rabbrividire: nel complesso ammontano a 42,8 miliardi contro un totale crediti di 24,2 miliardi circa.
“La maggior parte di tali debiti (il 57%) è stata contratta dalle partecipate dell’area settentrionale (rispettivamente il 34% nel Nord-Ovest e il 23% nel Nord-Est) – evidenzia la Corte dei Conti – con una forte concentrazione in Lombardia (8,29 miliardi), Veneto e Piemonte (rispettivamente 4,08 e 3,77 miliardi). Tra le Regioni del Centro, spiccano le società del Lazio (4,07 miliardi) e della Toscana (3,5 miliardi); nel Meridione, i valori più elevati si registrano in Campania e Sicilia (3,13 e 1,98 miliardi)”. La situazione è ancora più drammatica se si considerano solamente le società controllate ma non a controllo pubblico: su 1.282 ben 457 sono in perdita, il 35%.
IL NUMERO DI SOCIETÀ IN PERDITA
Se si dà uno sguardo, invece, al numero di partecipate in “rosso”, in totale sono 601 su 2.656 e l’incidenza è maggiore al Sud questa volta. In Molise, ad esempio, 8 su 15 hanno un bilancio in “rosso”; in Basilicata 7 su 16; in Calabria 17 su 46; in Campania 41 su 128; in Sicilia 38 su 120.
Non che al Nord la situazione sia particolarmente più rosea: in Piemonte 43 su 206 sono in perdita; in Veneto 46 su 222; in Toscan 49 su 246; in Emilia Romagna 43 su 258; in Lombardia 92 su 472. Calabria svetta in cima alla classifica relativa: 17 su 46 sono in perdita, il 36%. Segue la Campania (41 su 128, il 32%).
LE PARTECIPAZIONI CHE DOVREBBERO ESSERE DISMESSE
Stando alle verifiche dei magistrati contabili, delle 4.656 società controllate ben 1.197, il 25,7%, presentano almeno una criticità prevista per legge che dovrebbe portare alla loro liquidazione: ad esempio, società prive di dipendenti o che hanno un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; società che, nel triennio precedente, hanno conseguito un fatturato medio non superiore a 500.00 euro; società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti. I dipendenti delle società interessate sono complessivamente 5.578; a livello territoriale, la percentuale più elevata si registra in Valle d’Aosta (42,42%), seguono Abruzzo (40,11%), Basilicata (39,58%), Friuli-Venezia Giulia (36,13%).
IL GIUDIZIO DELLA MAGISTRATURA
“Il quadro complessivo – scrive la Corte dei Conti – è variegato: si registrano alcuni progressi rispetto alla precedente rilevazione, ma il cammino verso il pieno adeguamento ai canoni imposti dalla normativa di settore appare ancora lungo da percorrere. Nei servizi pubblici locali meno di 1/5 delle società controllate è in perdita (16,36%), mentre nei servizi strumentali quasi 1/3 (27,73%) presenta un risultato di esercizio negativo. Come rilevato in passato, gli enti tendono a “conservare” le partecipazioni detenute, senza alcun intervento di razionalizzazione, con percentuali superiori all’80%”.
Nell’area dei servizi pubblici locali “si registra la maggiore concentrazione degli affidamenti in termini sia di numerosità delle procedure sia di impegni di spesa. Tuttavia, la forma di affidamento prevalente dei servizi pubblici locali resta quella diretta”. Mentre per gli enti sanitari, “sono stati individuati 149 organismi partecipati in via diretta e indiretta e sono state rilevate, per le società partecipate, 267 partecipazioni, di cui 238 dirette e 29 indirette. Nell’esercizio esaminato, registrano perdite 19 società su 90 (21,11%), con un risultato d’esercizio negativo pari a circa 3,9 milioni di euro”.
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