Roberto Calderoli e Matteo Salvini
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 LA DISTINZIONE TRA STATO, NAZIONE E COMUNITÀ LOCALI
- 2 IL PROCESSO DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA CHE NASCONDE LE INSIDIE DELLA SECESSIONE
- 3 LA RISCRITTURA DELLO SPAZIONE ISTITUZIONALE DELLO STATO ED EMOTIVO DELLA NAZIONE
- 4 LE MATERIE DA TRASFERIRE ALLE REGIONI IN BASE ALL’AUTONOMIA
- 5 LO SVUOTAMENTO DELLO STATO: SI SCRIVE AUTONOMIA SI LEGGE IN CONTROLUCE SECESSIONE
La riforma dell’autonomia differenziata non è altro che una secessione nascosta in controluce come dimostrano alcuni recenti episodi
Per diverso tempo, la discussione sulla autonomia differenziata è rimasta confinata in un confronto tra addetti ai lavori, senza che diventasse questione capace di appassionare la pubblica opinione. Ora, dopo l’approvazione della legge Calderoli, lo scenario sta cambiando: lo dimostra la partecipazione popolare alla raccolta delle firme per l’abrogazione di questa norma. Nelle pieghe della riforma si nasconde però una discussione ideologica più profonda, che ha attraversato la storia del ventesimo secolo, vale a dire la distinzione tra Stato, Nazione e Comunità locali.
LA DISTINZIONE TRA STATO, NAZIONE E COMUNITÀ LOCALI
Lo Stato è l’organizzazione politica di una comunità: sia nella struttura che nelle modalità di funzionamento, è regolamentato da norme giuridiche ed è indirizzato alla cura dei bisogni della popolazione. Esercita numerose funzioni, che nel tempo si sono moltiplicate, dal monopolio dell’uso legittimo della forza alla gestione dei servizi di welfare. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, per chiarire ancora di più il concetto dopo i disastri del nazionalismo, Theodore Geiger, sociologo tedesco, scrisse: “Lo Stato in se stesso non può essere una comunione emozionale”.
La Nazione, invece, individua il Paese non tanto come organizzazione politica, quanto come appartenenza comune di un gruppo di persone ad un insieme di radici storiche e culturali, a tradizioni, valori, lingua, religione, usi, costumi e patrimonio condivisi. Lo Stato nazionale prende corpo quando si stabilisce una intersezione armonica tra norme giuridiche, funzioni pubbliche e unione emozionale.
Le comunità territoriali, nel momento in cui tornano a rivendicare una serie di poteri appartenenti alla sfera dell’amministrazione centrale, possono determinare uno smottamento dei concetti di Stato e di Nazione rispetto alla tradizionale configurazione. È quello che fa l’autonomia differenziata, spogliando l’albero delle competenze nazionali, anche in materie che possono essere effettivamente gestite in modo efficiente solo dentro la sfera dello Stato.
IL PROCESSO DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA CHE NASCONDE LE INSIDIE DELLA SECESSIONE
Il processo è accaduto in due fasi, nel corso dell’ultimo quarto di secolo. Innanzitutto, con la riforma del Titolo V della Costituzione, le Regioni hanno acquisito poteri concorrenti in una serie rilevanti di materie. Spetta “alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.
Poi, con la approvazione della legge sulla autonomia differenziata è scattata la seconda e decisiva fase. La supremazia dello Stato è stata ormai incrinata in modo sostanziale, dal momento che una serie di materie strategicamente rilevanti possono essere trasferite alle Regioni, in potestà legislativa esclusiva. Il passaggio decisivo della legge Calderoli sta tutto qui. Gli esiti non si limitano più alla riorganizzazione delle funzioni amministrative, ma tracimano verso la dissoluzione e la decostruzione del livello statale e nazionale.
La diversa declinazione della competenza esclusiva in materie di profilo nazionale trasforma innanzitutto il contenitore istituzionale dello Stato, generando da un lato una modificazione dei processi di riconoscimento emozionale dei cittadini, e determinando dall’altro una frattura tra Stato e Nazione, che si erano unificati nella configurazione precedente alla approvazione del Titolo V, in un processo storico peraltro molto recente per l’Italia.
LA RISCRITTURA DELLO SPAZIONE ISTITUZIONALE DELLO STATO ED EMOTIVO DELLA NAZIONE
È stata l’iniziativa comunità politica insediata in determinati territori che hanno agito questi cambiamenti, riscrivendo non solo lo spazio istituzionale dello Stato, ma anche quello emotivo della Nazione. Non è certamente un caso che siano di rilievo statale tutte le nove materie che non richiedono la definizione di Lep per essere trasferite alle Regioni.
L’elenco non è banale: rapporti internazionali e con l’Unione europea, commercio con l’estero, giudici di pace, professioni, protezione civile, previdenza complementare e integrativa, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Onestamente, assegnare la competenza esclusiva del commercio estero ad una Regione, quando ormai la materia è disciplinata a livello sovranazionale, pare uno scherzo di cattivo gusto, come disarticolare la protezione civile non appare una misura destinata a migliorare l’efficienza degli interventi in caso di calamità nazionale. Assegnare alle Regioni il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, in una situazione di stock del debito che ai appresta a sforare in Italia i 3.000 miliardi di euro, appare un azzardo davvero pericoloso.
Ma se guardiamo anche alle materie per le quali è necessaria la definizione dei Lep entro due anni, prima di poter trasferire queste funzioni alle Regioni, la gran parte è caratterizzata, anche in questo caso, da una matrice eminentemente statale, se non sovranazionale.
LE MATERIE DA TRASFERIRE ALLE REGIONI IN BASE ALL’AUTONOMIA
In particolare, ci riferiamo a: norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. tutela e sicurezza del lavoro, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi. tutela della salute, alimentazione, ordinamento sportivo, governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, ordinamento della comunicazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.
Trasferire l’istruzione alle Regioni, assieme alla valorizzazione dei beni culturali, significa dismettere la funzione di formazione delle nuove generazioni e di preservazione della memoria che ogni Stato custodisce come uno degli elementi fondamentali della propria identità.
L’assegnazione alle Regioni delle grandi infrastrutture, dei porti e degli aeroporti significa decomporre il processo di pianificazione nazionale delle reti in una dimensione territoriale che non è assolutamente adatta a costruire un sistema di mobilità competitivo su scala nazionale ed internazionale.
Per non parlare di ambiente e territorio, variabili oggi inserite nella traiettoria della transizione climatica, e per questo richiedono coordinamenti internazionali delle regole e delle politiche. Analogo ragionamento riguarda la materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia: assegnarla alle Regioni in presenza della transizione energetica è – quanto meno – una contraddizione in termini.
LO SVUOTAMENTO DELLO STATO: SI SCRIVE AUTONOMIA SI LEGGE IN CONTROLUCE SECESSIONE
Lo svuotamento dello Stato, a completamento del processo di attuazione della autonomia differenziata nella sua attuale configurazione, si realizzerà in modo compiuto ed irreversibile. Poiché la funzione di emissione della base monetaria è stata già devoluta alla Banca Centrale Europea, allo Stato italiano resteranno sostanzialmente il potere di imposizione fiscale, da riversare negli incassi però in parte verso le Regioni, la regolazione delle questioni etiche, la gestione del gioco d’azzardo, poteri di polizia e di difesa internazionale.
Non è in discussione l’approfondimento della faglia tra territori e soggetti già oggi diseguali; Nord verso Sud, aree interne verso città metropolitane, cittadini benestanti verso persone svantaggiate in termini di reddito. Questo smottamento tellurico è una certezza implicita iscritta nel codice genetico di una autonomia differenziata che nega in radice il principio costituzionale della eguaglianza, per deviare verso la prospettiva della competizione tra territori ed individui.
Ad essere messi sotto scacco sono lo Stato e la Nazione, i principi fondanti della unità nazionale che hanno sinora tenuto assieme le comunità territoriali dentro un comune sentire che si simboleggia con la bandiera e con l’inno. Non è un caso che a sventolare nell’aula della Camera dei Deputati siano state le bandiere della Repubblica di San Marco. È il segno di un processo che gradualmente si consoliderà verso la separazione dei destini, nelle regole e nelle emozioni. Si chiama autonomia differenziata, si legge in controluce secessione.
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