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Elena D'Orlando

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L’autonomia, le diseguaglianze, i conflitti di interesse: parla Elena D’Orlando, la presidente della Commissione sui fabbisogni standard, i cosiddetti Lep che sono da definire

LA PROFESSORESSA Elena D’Orlando, capo del Dipartimento di Studi giuridici dell’Università di Udine, presiede la “Commissione tecnica per i fabbisogni standard”, che per la maggior parte delle persone rimane un oggetto non meglio identificato; ha un nome ostico e un acronimo ancora peggiore (Ctfs) ma ha ruolo strategico perché 12 membri che la compongono e che si avvalgono delle strutture del ministero dell’Economia devono definire i livelli essenziali delle prestazioni (i cosiddetti Lep). Altro oggetto altrettanto misterioso, visto che la nostra Costituzione li aveva previsti un paio di decenni fa.

I sistemi federali si basano sulla presunta efficienza dell’autonomia amministrativa regionale. Non crede, professoressa D’Orlando, che in termini di Lep, queste ragioni possano prevalere su quelle della solidarietà e dell’uguaglianza?

“Premesso che l’Italia non è uno Stato federale, ma uno Stato regionale, la risposta alla sua domanda si trova nella Costituzione. Innanzitutto nei principi fondamentali, non derogabili nemmeno con un procedimento di revisione costituzionale: il principio-dovere di solidarietà a cui sono chiamati tutti gli individui, gli uni verso gli altri (art. 2 Cost.), il principio di eguaglianza (art. 3), il principio di unità e indivisibilità della Repubblica, che però riconosce e promuove le autonomie (art. 5). Sono tutti principi che non vanno letti tra loro scollegati o, peggio, contrapposti, ma come espressione di quel nucleo duro di valori che avevano in mente i Costituenti quando scelsero per l’Italia laforma di Stato regionale, proprio per realizzare coesione e unità valorizzando la ricchezza e l’eterogeneità geografica e storica delle diverse parti del Paese. Questi principi sono poi declinati in modo più specifico nel Titolo V della Parte II della Costituzione, laddove, nel momento in cui si consente un regionalismo differenziato (art. 116.3), si fissano specifici paletti che devono essere rispettati: tra questi, la necessità che il trasferimento di funzioni e risorse alle Regioni che chiedono maggiore autonomia non determini squilibri, ma sia assicurato che anche i territori con minore capacità fiscale siano sempre posti nelle condizioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite, sia in via ordinaria che con appositi interventi (art. 119). Il sentiero tracciato è dunque chiaro e la normativa che attua la Costituzione non può discostarsene”.

Il costo dei Lep è una variabile molto flessibile, professoressa D’Orlando, un costo che non può essere determinato solo contabilmente. Come sarà possibile assicurare una equa distribuzione?

“Alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard è assegnato il compito di formulare le ipotesi tecniche relative ai costi e ai fabbisogni standard, che sono elementi importanti per permettere poi al decisore politico di definire i livelli essenziali delle prestazioni. I Lep, insieme ai costi e fabbisogni standard, sono gli strumenti fondamentali proprio per assicurare che in tutti i territori vi siano le risorse sufficienti per garantire i diritti sociali e civili dei cittadini in modo equo; sono, in altri termini, il vero tessuto connettivo che renderà il Paese più unito. In pratica, i Lep costituiscono un parametro che dovrà guidare la pubblica amministrazione nell’erogazione delle prestazioni e, proprio grazie alla quantificazione finanziaria correlata al Lep, sarà possibile erogare prestazioni nella qualità e nella quantità tale da rispettare il criterio dell’uniformità sull’intero territorio nazionale. Quindi la Commissione tecnica che presiedo supporta il decisore politico per conseguire due obiettivi fondamentali: garantire l’uguaglianza di tutti i cittadini nel godimento dei diritti e il buon governo delle risorse pubbliche”.

Quali benefici possono ricavare i cittadini dal trasferimento di competenze su professioni, ambiente, energia, porti e aeroporti?

“La Costituzione indica le materie che sono potenzialmente oggetto di differenziazione; all’interno di ciascun ambito materiale indicato dalla Costituzione, il decisore politico valuterà quali funzioni trasferire alle Regioni che ne faranno richiesta; alla Commissione tecnica che presiedo spetta il compito di valutare il livello di spesa e di servizio storico, per stimare i fabbisogni standard di quelle funzioni che incidono sui diritti sociali e civili. La valutazione dei benefici sarà fatta dal decisore politico di volta in volta interessato, non spetta a noi tecnici. Per quanto riguarda il mio ruolo, posso solo ribadire che è la determinazione dei fabbisogni standard e, poi, dei LEP, la vera “rivoluzione”. Si tratta di una garanzia concreta ed essenziale per i cittadini, che viene prima di qualunque ragionamento sul trasferimento delle funzioni, perché pone al centro l’individuo con le sue necessità, indipendentemente dal fatto che spetti allo Stato o alla Regione erogare la prestazione richiesta. Se poi la funzione per erogare la prestazione di cui si discute è trasferita alla Regione, con la fissazione dei Lep e relativi costi e fabbisogni standard i cittadini avranno la garanzia che le risorse dovranno essere destinate a tale finalità e non ad altro, garanzia presidiata dal monitoraggio dello Stato e dalla possibilità che quest’ultimo, in caso di inadempimento della Regione, intervenga in via sostitutiva, come previsto dalla Costituzione (art. 120.2)”.

D’Orlando, come possono considerarsi materie non “lepizzabili”, non da Lep, quelle che incidono sulla vita dei cittadini come l’organizzazione degli aeroporti, la giustizia di pace, la mobilità del lavoro, etc., etc?

“L’individuazione delle materie interessate o meno dai LEP è stata fatta dal legislatore, sulla base dell’istruttoria di un apposito Comitato tecnico-scientifico. Nell’ambito di tali materie sono stati individuati alcuni servizi o prestazioni che incidono sui diritti sociali e civili dei cittadini. Il dossier prodotto dal Comitato è piuttosto corposo e non si presta a una sintesi di poche righe; posso solo ricordare che i Lep fanno riferimento a prestazioni obbligatorie, che impattano sulla finanza pubblica e che riguardano i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La disamina analitica va quindi fatta settore per settore”.

Le differenze regionali moltiplicheranno la burocrazia. E complicheranno la vita alle imprese.

“Definire compiti chiari, con dei livelli di prestazione uniformi su tutto il territorio nazionale, con risorse assegnate sulla base dei reali fabbisogni con l’obiettivo di eliminare sprechi e inefficienze, farà solo bene ai cittadini e alle imprese, anche nel caso in cui il decisore politico decidesse di non devolvere alcuna materia alle Regioni. D’altro canto, nel panorama comparato, la differenziazione è stata un incentivo positivo alla competitività e al rialzo della qualità dei servizi della pubblica amministrazione, di cui hanno beneficiato considerevolmente proprio gli operatori economici”.

Lei collabora con la Regione Veneto. Con il suo collega Giovanardi fa parte della “squadra” del governatore Luca Zaia, da sempre vicina alla Lega. Non crede che per questo ruolo sia richiesta una “neutralità”?

“Non ho fatto parte della Delegazione che ha firmato le pre-intese, né ho mai preso parte ad alcuna trattativa con il Governo per conto della Regione Veneto. In tempi successivi a quelli a cui lei si riferisce, il presidente della Regione Veneto mi aveva chiesto la disponibilità a entrare a fare parte della Delegazione trattante della sua Regione e gliela avevo accordata. Successivamente ho ritenuto di revocarla, in ragione degli impegni assunti nel frattempo anche su altri fronti, perché mi occupano in modo assorbente. Tra questi vi è anche quello di presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, ruolo che ricopro con spirito di servizio alle Istituzioni e su mandato del Governo”.

Come giudica i gonfaloni di San Marco esposti in Parlamento per festeggiare l’approvazione del disegno di legge Calderoli?

“Mi chiede di formulare un giudizio su un episodio sul quale non ritengo di avere titolo per esprimere un’opinione da tecnico, in quanto riguardante il modo in cui i rappresentanti politici interpretano il loro ruolo nelle Istituzioni. Mi limito a osservare come studioso che, specie se vogliamo credere nel processo di integrazione europea, l’identità del cittadino europeo non può risolversi in semplificazioni ideologiche, ma deve accogliere le pluralità culturali storicamente determinatesi e le dinamiche complesse che caratterizzano il nostro continente. Ciò significa essere consapevoli del fatto che l’identità europea, così come quella nazionale, è plurale e multilivello dal punto di vista storico, culturale, linguistico, giuridico, politico-istituzionale e una dimensione – locale, nazionale, europea – non esclude l’altra ma, anzi, la rafforza. Questa multidimensionalità va adeguatamente valorizzata, per cementare basi solide sulle quali sviluppare ulteriormente il processo di integrazione, come richiedono le sfide globali”.

Lei professoressa è un tecnico, appunto. Dunque non le sfuggirà dunque che le regioni più ricche riusciranno ad ottenere una fetta maggiore del gettito fiscale. Il meccanismo di contrattazione in sede di intese favorirà chi avrà più potere contrattuale. Cioè i più ricchi. Senza dire che finora il criterio di distribuzione delle risorse ha continuato a seguire il criterio della spesa storica.

“Il criterio della spesa storica va superato e va sostituito dal criterio della spesa standard in modo da riconoscere ad ogni territorio le risorse necessarie per erogare i Lep, conformemente a costi e fabbisogni standard. Quanto ai profili finanziari, mi pare che la legge approvata dal Parlamento non preveda vantaggi per i territori con maggior capacità fiscale; mi pare piuttosto che presti puntuale e necessaria attenzione a non determinare pregiudizi per gli equilibri di finanza pubblica, intesi non solo in senso generale, ma soprattutto riguardo alla posizione delle Regioni non interessate ai processi di differenziazione e/o dei territori con minore capacità fiscale o bisognosi di interventi speciali. Infatti, si prevede che, qualora dalla determinazione dei Lep derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, si può procedere al trasferimento delle funzioni solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle risorse finanziarie necessarie; si garantisce l’invarianza finanziaria per le Regioni che non chiedono più autonomia, nonché il finanziamento degli interventi perequativi, delle risorse aggiuntive e degli interventi speciali; si prevede che anche le Regioni che stipulano le intese possano essere chiamate a contribuire agli obiettivi di finanza pubblica; si contempla l’adozione di misure perequative, di promozione dello sviluppo, della coesione e della solidarietà sociale, con specifico riferimento alle Regioni che non concludono le intese. Sul tema delle entrate non riscontro la possibilità da parte delle Regioni di trattenere una fetta del gettito fiscale maggiore al fabbisogno e pertanto non vedo tecnicamente possibili delle ipotesi che favoriscano le Regioni più ricche. Inoltre non si deve dimenticare, come ho già ricordato, il pilastro della perequazione, che va attivato anche per le Regioni: se si guarda al comparto comunale, dove la perequazione è applicata da anni, ci si accorge chiaramente che il meccanismo non favorisce le aree più ricche del nostro Paese ma garantisce maggiore equità nella redistribuzione delle risorse rispetto al sistema precedente basato sulla spesa storica”.


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