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SU UN Paese già spaccato a metà, la legge sull’Autonomia differenziata – fortemente voluta dalla Lega e mandata giù dalla premier Giorgia Meloni in virtù dello scambio con quella che ritiene la “madre di tutte le riforme”, il premierato – rischia di ampliare i divari che dividono il Nord e il Sud sul fronte della sanità, dell’istruzione, dei servizi sociali, dei trasporti. Ci sono oltre venti milioni di cittadini che scontano quotidianamente il divario: basti pensare alle tante donne costrette a scegliere tra il lavoro e la cura familiare per via della carenza di asili nido. O al fenomeno – in crescita nell’ultimo anno – del “turismo sanitario” che dal Sud fa rotta verso il Nord in cerca di cure migliori. E c’è un tessuto imprenditoriale che ha dato prova di una inedita resilienza di fronte alle recenti crisi e che ha contribuito al sorpasso del Meridione sul Settentrione segnato nel 2023 sul fronte della crescita (+1,3% contro l’1% del Nord Ovest, lo 0,9% del Nord Est, e una media italiana dello 0,9%) costretti a fare i conti con la carenza di infrastrutture. Non è bastata la battaglia delle opposizioni, il monito della Chiesa – con in prima linea il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, e il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin – la contrarietà e i timori di due terzi del Paese. Un coro di no, tra cui spicca quella di Mario Occhiuto, il presidente della Regione Calabria che è anche il vicepresidente di Forza Italia, uno degli azionisti del governo. Lo Spacca-Italia non farà che aumentare i divari.

DIVARI DA AUTONOMIA DIFFERENZIATA: PIL PRO CAPITE

La loro portata è già enorme: la piattaforma web “Noi Italia” lanciata ieri dall’Istat ci consente di misurarli puntualmente. Partiamo dal Pil pro capite che in termini reali in Italia, dopo il tonfo (-9%) nell’anno clou della pandemia, il 2020, nel 2022 è cresciuto del 3,9%, raggiungendo il valore più alto dal 2009. A fronte di un Pil pro capite di 29.959 euro a livello nazionale, quello del Mezzogiorno risulta inferiore del 44,5% rispetto a quello del Centro-nord e del 34,8% rispetto alla media nazionale. In cima alla classifica, seppur in miglioramento rispetto al 2022, la Calabria (17.182 euro), un gradino su la Sicilia (18.078 euro), precedute da Campania (19.314 euro) e Puglia (19.480 euro). La Provincia autonoma di Bolzano/Bozen presenta il valore più alto (47.272 euro), seguita da Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, con livelli compresi tra i 41 e i 38 mila euro.

DIVARI DA AUTONOMIA DIFFERENZIATA: SPESA STATALE REGIONALIZZATA

In fondo alla classifica il Mezzogiorno anche sul fonte della spesa statale pro capite regionalizzata. A fronte di una media italiana pari a 11.946 euro, nel Centro Nord è di gran lunga superiore a quella del Meridione. Nel 2021 il divario tra le due ripartizioni è pari all’8,8%, oltre il doppio rispetto al 4,1% del 2012. Si va dal primo posto della Valle d’Aosta 18.396 euro) – seguita da Trentino-Alto Adige/Sudtirol (17.106 euro), Lazio (15.447 euro) e Friuli-Venezia-Giulia (14.464 euro) – agli ultimi posti della graduatoria occupati da Campania, Veneto, Puglia, Lombardia e Sicilia (tra i 10,5 mila e gli 11,3 mila euro). Tra le Regioni del Mezzogiorno, la Sardegna è quella che presenta la spesa statale per abitante più elevata (13.706 euro).

DIVARI DA AUTONOMIA DIFFERENZIATA: SERVIZI SOCIALI

La “fotografia” non cambia se si considerano i livelli di spesa pro capite per la rete territoriale dei servizi sociali che nelle regioni del Sud sono significativamente inferiori rispetto a quelle del Centro Nord, ad eccezione della Sardegna, dove i Comuni hanno speso 279 euro per abitante, valore ben al di sopra della media nazionale. Nelle altre regioni del Mezzogiorno, si passa da un minimo di 37 euro per abitante, in Calabria, ad un massimo di 97 euro, in Puglia. Nel Centro-Nord, viceversa, dove si concentra il 78% della spesa per i servizi sociali, si passa da va dai 113 euro pro capite, in Umbria, fino al massimo di 592 euro, per la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen.

DIVARI DA AUTONOMIA DIFFERENZIATA: ASILI NIDO

Resta profondo, nonostante i passi avanti compiuti, il divario sull’offerta di asili nido la percentuale di bambini tra 0 e 2 anni che per l’anno 2021-2022 ha usufruito dei servizi per l’infanzia finanziati dai Comuni resta inferiore al 5% in Campania e in Calabria, mentre è superiore al 24% in Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e nella Provincia autonoma di Trento. Il divario tra i territori è ben sintetizzato dal confronto tra i valori assunti dall’indicatore al Centro-Nord (19,6%) e nel Mezzogiorno (7,2%).

SANITÀ

Sulla sanità la “distanza” tra il Nord e il Sud, e il divario sui diritti di cittadinanza dei cittadini delle due aree, è data dalla spesa sanitaria pro che nella ripartizione del Centro-Nord, nel suo insieme (2.166 euro), è al di sopra della media nazionale (2.144 euro), al di sotto nel Mezzogiorno (2.102 euro). Anche l’offerta ospedaliera risulta tutt’altro che uniforme sul territorio: il Mezzogiorno, con 2,7 posti letto per mille abitanti, si posiziona al di sotto della media nazionale (3,1 per mille abitanti), a differenza del Nord-Ovest e del Nord-Est che, con 3,3 posti letto per mille abitanti, superano il valore nazionale. I valori più bassi si registrano in Calabria e Campania (2,2 e 2,5).

CONDIZIONI ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE

Se consideriamo le condizioni economiche delle famiglie, nel Mezzogiorno si rileva una maggiore diseguaglianza nella distribuzione dei redditi, la spesa media mensile (2.625 euro il dato italiano) è in media di 755 euro più bassa rispetto al Nord Ovest. Dal Nord al Sud, si passa dal picco del Trentino Alto Adige pari a 3.466 euro ai 1.839 euro al mese della Calabria. Nel Mezzogiorno, poi, nel 2022 l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta – condizione che nel Paese tocca oltre 2,18 milioni di nuclei – si conferma più alta che altrove (10,7%), con un picco nel Sud (11,2%) seguito da Nord-est (7,9%) e Nord-ovest (7,2%); il Centro conferma i valori più bassi di incidenza (6,4%). E a Sud vive in condizione di grave deprivazione materiale e sociale il 9,3% della popolazione residente (oltre 1,8 milioni di individui), mentre nel Nord-est l’1,6% (oltre 182mila individui).

ISTRUZIONE E LAVORO

Lontane le due Italie anche sul fronte dell’istruzione. Nonostante i progressi degli ultimi anni, per quanto riguarda gli abbandoni scolastici, il divario territoriale rimane elevato, con una distanza di 6,5 punti percentuali tra Centro-Nord e Mezzogiorno, dove l’incidenza raggiunge il 14,6%, con la Sicilia a registrare la percentuale più elevata, il 17,1%. Sulla percentuale dei giovani laureati la distanza è di 8,6 punti. La quota dei Neet (i giovani che non lavorano e non studiano) è del 11,2% nel Centro-Nord e del 24,7% nel Mezzogiorno. Anche sul lavoro il solco resta profondo: nel 2023, il tasso di occupazione (20-64 anni) ha raggiunto il 66,3%, ma a livello territoriale i divari sono marcati: nel Centro-Nord sono occupate oltre sette persone su 10, mentre nel Mezzogiorno solamente cinque persone su 10: agli estremi il 48,4% di Calabria e Campania e il 79,6% della Provincia autonoma di Bolzano. Se il tasso di disoccupazione a livello nazionale è sceso fino al 7,7%, il 14% del Mezzogiorno è oltre tre volte maggiore del 4,4% del Nord-Est (4,4%), oltre due volte rispetto al Centro, con un picco del 17,4% in Campania.

RETE FERROVIARIA

Estensione e caratteristiche tecniche della rete ferroviaria continuano a presentare forti diseguaglianze, un dato su tutti: nel Mezzogiorno quasi il 42% delle linee risulta non elettrificato, mentre oltre la metà della rete ferroviaria delle regioni del Centro e del Nord-Est è a binario doppio elettrificato.


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