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L’Autonomia differenziata si avvia verso l’approvazione ma sbagliano le Regioni del Nord: farà male anche a loro. “L’Italia è il grande malato dell’Europa e le Regioni del Settentrione non si salvano alzando ponti levatoi ma mettendo in campo idee per lo sviluppo”


Entro una settimana il processo della riforma dell’Autonomia differenziata sarà concluso con il voto della Camera. Non ha senso, dunque, continuare a dibattere se siamo d’accordo o meno. Il dado è tratto. Ma la riforma porrà nuovi problemi: li dobbiamo affrontare con il confronto e non con lo scontro, ovvero evitando le risse in Parlamento.
Siamo stati i primi, come Svimez, a scendere in campo non contro l’autonomia differenziata ma soprattutto contro il modo pericoloso in cui è stato portato avanti questo progetto. Già nella Costituzione del 1947 si affrontava il tema del dualismo economico, nell’articolo 119 entrava per la prima volta la parola Mezzogiorno. Era il risultato di un lungo dibattito, di analisi profonde, come quella di Nitti, ma in quell’occasione divenne impegno costituzionale. Da allora è un dovere attuare l’unificazione economica e sociale del paese, dopo che si era compiuta quella politica.

AUTONOMIA DIFFERENZIATA, IL PROBLEMA NON È IL RAPPORTO NORD-SUD MA IL POSIZIONAMENTO DELL’ITALIA IN EUROPA E NEL MONDO

L’articolo 119 è stato poi oggetto della riforma del Titolo V del 2001, in cui invece si cancella la parola Mezzogiorno. La riforma del 2001 è stata oggetto di un referendum confermativo. Oggi possiamo scandalizzarci, ma è in vigore.
Come affrontare quindi la questione? Il punto è che non c’è alcun dibattito. Ci sono le risse, ma non si discute nel merito.

L’argomento è rilevante anche in riferimento a quanto sta accadendo in Europa. Noi potremmo essere l’elemento stabilizzatore di un sistema in fibrillazione. Invece crediamo che il problema stia nel rapporto tra Nord e Sud, senza capire che invece è quello del posizionamento dell’Italia intera nel contesto europeo e globale. La priorità è quella di puntare sullo sviluppo, che è cosa ben diversa dalla coesione. Le politiche di coesione significano mantenimento dell’esistente, sviluppo invece vuol dire intervenire per cambiare la realtà.

ANDANDO NEL MERITO, L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA È UN SUICIDIO ANCHE PER IL NORD

La coesione è molto conservatrice, al di là delle apparenze. Il concetto di sviluppo è fuori moda perché è difficile cambiare la realtà, lo Stato dovrebbe prendere decisioni. Oggi invece lo Stato è arbitro e non più regista. Deve arrivare l’Europa con il Pnrr per invitare a cambiare le cose. E l’Italia cosa farà con i soldi del Pnrr? La manutenzione di una macchina obsoleta. Stiamo regredendo e spaccando il paese in due ed è un suicidio anche per il Nord.

L’Italia è il grande malato d’Europa, ma non solo il Sud. La Lombardia, l’Emilia, il Veneto hanno perso posizioni rispetto all’Europa. Si illudono di cavarsela perché attirano le migliori forze del Sud, ma piano piano peggiorano anche le loro situazioni. Non si salvano alzando ponti levatoi. Per promuovere lo svilupp servirebbero soprattutto idee, anche idee semplici: l’Italia è un paese strategico per la sua posizione al centro del Mediterraneo, ma per essere tale deve essere attrezzato con grandi hub portuali, come Rotterdam. L’Africa è il continente del futuro, bisogna saperlo. E poi è necessario l’aggiornamento energetico. Invece le politiche pubbliche puntano solo su bonus e incentivi.

ANDANDO IN QUESTA DIREZIONE FACCIAMO IL CONTRARIO RISPETTO AI MOTIVI DELLA CONCESSIONE DEI FONDI PNRR

Ecco, il tema dell’Autonomia si innesta su un’esigenza fondamentale: mettere al centro del dibattito la terapia per il grande malato d’Europa. In definitiva, sarebbe solo una grande illusione del Nord di riuscire a salvarsi rispetto alla sua stessa crisi. Così come si illude il Sud di avere un ruolo autonomo senza rendersi conto che se l’Italia va in questa direzione sta facendo esattamente l’opposto di quello per cui l’Unione Europea ci dà i 200 miliardi per il Pnrr che, non dimentichiamolo, pone come condizionalità la riduzione dei divari e l’aumento della coesione sociale.

    *Presidente Svimez


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