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Alcide De Gasperi, uno statista del Nord che sapeva che lo sviluppo del Mezzogiorno era indispensabile per far crescere l'Italia

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Più che di autonomia il Paese ha necessità di un centralismo virtuoso

Il siparietto di Attilio Fontana e Giuseppe Sala, di qualche mese fa, su tutte le risorse che sarebbero arrivate al Sud provoca un riso amaro. Due protagonisti della ricca Lombardia, con grande potere e consenso all’interno dei loro raggruppamenti, dimostrano di non avere alcuna dimensione nel capire le esigenze complessive di un Paese duale.

Eppure il Nord nel passato ha espresso personalità come Alcide De Gasperi, come Gabriele Pescatore o Pasquale Saraceno, che sono stati statisti giganti ed hanno guardato al bene del Paese intero.

Ma anche nelle repubbliche vi è il medioevo ed è quello che stiamo attraversando da quando il Partito Unico del Nord ha trovato l’accordo in Conferenza delle Regioni, terza Camera nei fatti mai varata, che ha una colonna portante anche in Bonaccini e nell’Emilia Romagna.

Si lamentavano i due della assegnazione delle risorse del PNRR, distribuite in quote che davano il 40% al Sud contro una popolazione del 33%, cioè di 20 milioni di abitanti meridionali su 60 milioni complessivi di italiani.

Ma facciamo un piccolo calcolo e vediamo quanto invece l’Europa aveva destinato al Sud. Per essere più chiari facciamo una esemplificazione, confrontando Il totale delle risorse date a 5 Paesi, i quattro grandi dell’Europa in termini demografici ed uno, la Grecia, che ha avuto anch’essa risorse importanti più di Germania, quasi quanto la Francia, per la sua povertà.

A questi Paesi sono state date complessivamente € 356,46 miliardi tra risorse a fondo perduto (formula sovvenzione) e risorse a prestito a tasso agevolato (formula a prestito).

La Germania e la Francia non hanno utilizzato i prestiti, quindi il nostro calcolo va fatto sulle risorse date a fondo perduto. I risultati potranno essere estesi poi sui fondi presi a prestito.

La somma a fondo perduto che è stata destinata ai cinque Paesi è di € 221,15 miliardi. All’Italia in base alla popolazione sarebbero toccate 50,1 miliardi. Ne sono stati dati invece 69,5. Quindi 19,4 in più, somma destinata per la debolezza del Sud che, sommate al terzo che sarebbe toccato (20,85) per la popolazione, se tutte le aree avessero avuto lo stesso sviluppo, porta ad una somma dovuta al Sud pari al 57.91%, cioè il 17.91% in più di quanto è stato assegnato.

La divisione infatti è stata fatta utilizzando altri due parametri per il riparto, il tasso di disoccupazione ed il reddito pro-capite, parametri che evidente hanno “favorito” il nostro Paese, grazie alla marginalità e povertà del nostro Mezzogiorno.

In realtà invece il Paese ne ha destinati, teoricamente, il 40% corrispondenti a 76,60 miliardi. Sarebbero dovuti essere il 57,91%, cioè 110,70miliardi, il 17,81% in più di quanto ne sono state dati, uno scippo di 34,1 miliardi.

Le affermazioni ed il siparietto di Fontana e Sala quindi sono assolutamente fuori luogo, perché le risorse che arrivano e che l’Europa, rendendosi conto dell’importanza di evitare differenze così profonde in un area così vasta rispetto al resto del Paese, ha concesso dovevano essere destinate ad una perequazione dei diritti di cittadinanza esistenti nelle varie parti, che hanno bisogno di risorse importanti, considerato che la sola perequazione infrastrutturale, vista l’arretratezza in cui è stato lasciato il Sud, necessita di risorse importanti pari a centinaia di miliardi.

Ma la difficoltà non sta solo nell’avere le risorse. Forse per questo sono state diminuite di 34,1 miliardi, per evitare di perderle. Ma che aggiunte a quelle che vengono poi sottratte ogni anno in base alla spesa storica, che sono circa 60 miliardi, e aggiunte ancora alle somme che vengono destinate per formare i ragazzi con la scuola media superiore che in 100.000 ogni anno se ne vanno con costo di 20 miliardi per le Regioni del Sud, senza contare gli importi che esse pagano per l’emigrazione sanitaria, portano a un esproprio incredibile di risorse, ma che se venissero restituite metterebbero in crisi l’assetto complessivo delle regioni del Nord.

Quindi non solo averli i fondi, ma anche riuscire a spenderli, come si è visto nella prima fase di attuazione del PNRR, considerato che la messa a terra, come ormai si dice, delle risorse è molto più complessa di quanto non sia riuscire ad ottenerle.

ALTRO CHE AUTONOMIA, SERVE UN CENTRALISMO VIRTUOSO

Per questo è necessario per il Sud un centralismo virtuoso, che finora non si è avuto, Che superi il meccanismo dei bandi per i diritti costituzionali, come quelli ad una buona formazione, alla scuola, agli asili nido, ed invece aiuti le carenti amministrazioni del Mezzogiorno a spendere in fretta e bene le risorse destinate, che già come si è visto sono state abbondantemente decurtate, ma che lo potrebbero essere ulteriormente per la incapacità delle amministrazioni di utilizzare quelle rimaste disponibili, quelle stesse che Sala e Fontana vorrebbero, con un atteggiamento predatorio, utilizzare per i loro territori, che ovviamente non cessano di avere esigenze, anche legittime. I soldi non bastano mai.

Come si vede le Regioni del Mezzogiorno più che di federalismo e autonomia hanno bisogno di un centralismo virtuoso, che consenta in tempi brevi, di perseguire quei tre drivers fondamentali per lo sviluppo che sono l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, l’infrastrutturazione, e la utilizzazione della posizione geografica per la logistica.

È interesse di tutti che questo avvenga, perché non ha capito Calderoli che il passaggio all’autonomia differenziata si potrà avere solo quando sarà superato il concetto di spesa storica e quindi ogni cittadino produrrà e quindi avrà risorse dallo Stato pro capite uguali. A quel punto si potrà chiedere che le risorse, che vengono spese centralmente, possano essere trasferite alle Regioni, perché le utilizzino meglio.

Nella condizione in cui siamo invece, per cui il trasferimento dovrebbe lasciare la spesa storica e quindi statuire come giusta la sottrazione di risorse che ogni anno avviene nei confronti del Sud, anche se sono risorse che vengono prodotte al Nord, diventa impossibile. Questo se si vuole lasciare uno Stato unitario. L’alternativa dell’autonomia oggi è di avere Stati diversi, ma credo che tale soluzione non convenga a nessuno.


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Fabio Grandinetti

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