Giorgia Meloni
3 minuti per la letturaStrada spianata in Italia per Meloni, ma in Europa si addensano le nubi
È vero che dicembre sarà il mese da bollino rosso per Giorgia Meloni. L’incontro con i sindacati, le manifestazioni di piazza, la manovra di finanziaria nel pieno delle ferie natalizie, con il rischio, va da sé, dell’esercizio provvisorio. Ed è altrettanto vero che in Parlamento si iniziano a sentire i primi mugugni da parte degli “amici”, si fa per dire, di Forza Italia. «Faremo emendamenti migliorativi» avverte il capogruppo Alessandro Cattaneo. Che poi aggiunge: «Ci voleva Berlusconi, ci voleva Forza Italia al governo per aumentare le pensioni minime, in vent’anni non le aveva aumentate nessuno. Noi abbiamo fatto la scelta politica, in un momento difficile, di fare un adeguamento all’inflazione: abbiamo aumentato le pensioni minime, e congelato quelle medie o medio-alte. In un momento come questo non si poteva fare altro».
Insomma, gli alleati di Meloni piantano le cosiddette bandierine, un modo per far sapere al proprio elettorato che Forza Italia è viva ed è protagonista di un esecutivo a trazione destra. Tutto questo, però, non stravolge il cammino di Meloni, che in Italia sembra avere la strada spianata perché l’opposizione oggi è divisa in tre tronconi. Cinquestelle ad occupare il campo della sinistra, il Pd tormentato dal congresso, mentre il centro di Calenda e Renzi gioca il ruolo del guastafeste. Meloni lascia poi sfogare il vicepremier Matteo Salvini, che continua a perdere consensi nei territori del Nord e a rilanciare risultati del suo ministero: «All’interno della manovra un pacchetto di investimento da 16 miliardi».
Sia come sia, l’inquilina di Palazzo Chigi ha detto al Corriere della Sera che «questo esecutivo durerà» cinque anni. Meloni non ha la bacchetta magica, ma è consapevole che il contesto sia favorevole. Di sicuro non teme oggi un ribaltone. Forse può accadere più in là, ma non prima delle elezioni europee. D’altro canto, sussurrano da Fratelli d’Italia, «per quale ragione Berlusconi dovrebbe uscire da questo esecutivo? Il Cavaliere è il fondatore del centrodestra, vorrebbe solo essere coinvolto maggiormente…». «Berlusconi lo sento spesso, su tutte le questioni fondamentali…» assicura Meloni, quasi a voler sottolineare che il problema non è certamente il leader di Forza Italia. Semmai le nubi si addensano a Bruxelles e Strasburgo, dove ci sono la sede della Commissione europea e del Parlamento Ue. Da quelle parti non hanno fatto il salti di gioia quando il 25 settembre scorso Meloni ha vinto la tornata elettorale. «Il governo italiano è l’osservato speciale, perché l’Italia è uno dei paesi fondatori». In particolare, la Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen monitora l’iter dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Non aiutano le prese di posizioni dei ministri Salvini e Pichetto Fratin, convinti che si debbano rivedere tempi e costi previsti per la realizzazione del Pnrr. Salvini dice che il Piano di ripresa e resilienza «continua a essere qualcosa che non va cambiato, ma ritoccato: rivisti i tempi, perché chiudere tutte le opere e rendicontarle entro il 2026 mi sembra assolutamente ambizioso; vanno rivisti i prezzi, molto banalmente come fa qualunque impresa a fine anno». Per Nello Musumeci, ministro della Protezione civile, «se la scadenza del 2026 non dovesse essere compatibile con le lentezze attuali, sarà necessario chiedere una proroga di almeno due anni». E così arrivare fino al 2028. Una preoccupazione condivisa da Raffaele Fitto: «Tutti ci impegniamo a raggiungere gli obiettivi al 31 dicembre ma dobbiamo avere la capacità di guardare oltre questa scadenza». Tutte affermazioni che a Bruxelles non avrebbero voluto sentire.
Non fa gioco all’esecutivo di Meloni che alcuni ministri si lamentino del ritardo del Pnrr, accusando il precedente governo. Come, del resto, non sfuggono certi passaggi della manovra finanziaria: l’innalzamento a 60 euro della soglia per i pagamenti con carta e l’aumento del contante a 5000. Due misure che non sono piaciute ai tecnici della commissione Ue in queste ore a Roma. Per non parlare della mozione sulla non ratifica del Mes. Insomma, non basta scrivere la legge finanziaria seguendo la traccia lasciata da Mario Draghi. La luna di miele con l’Europa potrebbe finire presto.
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