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Roberto Calderoli

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L’incontro con il presidente della Regione Molise, Donato Toma si è appena concluso quando il ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli, detta il suo comunicato alle agenzie di stampa: «È stato un confronto franco, cordiale e costruttivo: sul tema dell’autonomia c’è vivo interesse da parte del governatore che nel 2019 ha ricevuto il mandato dal Consiglio regionale molisano per intraprendere una discussione con il governo».

MOLISE IN CAMPO

Tutto come da protocollo. Il ministro leghista va avanti per la sua strada. E la bocciatura a tutto campo della bozza del ddl Spacca-Italia? Non pervenuta. Stesso dicasi per le parole pronunciate dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, martedì scorso all’assemblea dell’Anci. L’inquilino del Colle è sceso in campo in modo persino inusuale per spiegare che dare applicazione all’articolo 116 della Costituzione non significa affatto dividere in due il Paese.

«Ho detto al ministro – racconta al Quotidiano del Sud il presidente della Regione Molise a conclusione dell’incontro con Calderoli – che non sono contrario al dettame costituzionale, ma considero sempre fondamentale l’esigenza di stabilire sia i Livelli essenziali delle prestazioni che i fabbisogni standard. Se si mettono in Finanziaria i Lep si possono realizzare anche entro un anno e poi passare dal Comitato paritetico. Per quanto ci riguarda – continua Toma – ho rappresentato al ministro le esigenze della mia regione».

Per quali materie chiederete l’autonomia? «Prima ancora di parlare di questo, vorremmo che ci venissero dati i fondi per la Sanità, noi siamo una regione che riesce a vivere grazie ai 77 milioni che ci arrivano dal fondo perequativo: se queste risorse non ci sono qualcuno dovrà pure metterle».

Lo ha detto ai suoi colleghi del Veneto e della Lombardia? «Veneto e Lombardia si possono mettere intorno a un tavolo e poi tutti insieme facciamo i conti» risponde il presidente molisano, esponente di Forza Italia e dunque vicino al governo di centrodestra, abituato a fare i salti mortali per far quadrare i conti della sua regione. Fin qui Toma, dunque.

Dinanzi all’iperattivismo di Calderoli, la premier Giorgia Meloni ha tirato il freno a mano. La bozza presentata dal ministro leghista, che non prevedeva sin dall’inizio i Lep e lasciava intatto il criterio della ripartizione in base alla spesa storica è stata considerata «irricevibile» sia dai sindacati che dalle opposizioni.

CALDEROLI A CACCIA DI VOCI AMICHE

Cosicché, in cerca di qualche sponda e per uscire dall’isolamento, Calderoli ha pensato bene di incontrare ieri anche la delegazione del Partito autonomista trentino tirolese, composta dal segretario Simone Marchiori, dalla vice Roberta Bergamo, dal presidente Franco Panizza, accompagnati dal vice presidente Lorenzo Conci, dall’assessore regionale Lorenzo Ossanna e dal segretario organizzativo Davide Gamberoni. In fatto di autonomia, un coro di voci amiche.

Nel programma di governo l’autonomia differenziata deve procedere insieme al presidenzialismo, che prevede però tempi molto più lunghi. Non basta una legge ordinaria. E il muro contro muro non paga. Per quanto riguarda i presidenti delle Regioni, ognuno rema per portare più acqua possibile al proprio mulino. Il malcontento è generale.

Sulla ripartizione dei fondi della sanità lo scontro è totale. «Di fronte alla lezione del Covid siamo punto e capo – è sbottato il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, a margine della Conferenza delle Regioni che si è tenuta ieri a Roma – Quando il bilancio non quadra, è il diritto alla salute dei cittadini che viene pregiudicato. Si stanno creando delle contrapposizioni tra la quasi totalità delle Regioni che hanno raggiunto un accordo e la più importante, la Lombardia, che su questo accordo ha un pregiudizio di dimensioni importanti».

L’ATTACCO DI EMILIANO

Nessuna intesa, insomma. Sul riparto dei fondi per il Ssn siamo in alto mare. «Di fronte al progetto di autonomia differenziata bisogna riequilibrare tra le Regioni il personale, le prestazioni e, soprattutto, i fondi e I finanziamenti e poi eventualmente passare all’autonomia – ha continuato Emiliano – La Lombardia, con questo atteggiamento piuttosto chiuso, rischia di rafforzare la sfiducia di tutte le altre regioni che non si fidano del processo di autonomia. Se non riescono a rinunciare a qualche decina di milioni di euro su un budget di decine di miliardi è evidente che c’è qualcosa che insospettisce».

Senza un accordo, in assenza di una decisione sulla ripartizione del fondo si rischia di mandare in esercizio provvisorio alcuni sistemi sanitari. «E queste somme che vanno avanti e indietro tra Regioni – ha concluso il governatore pugliese – rischiano di consumarsi nel gioco degli interessi passivi di cui, in caso di anticipazione di cassa, le Regioni dovranno farsi carico qualora non si riuscisse a trovare l’accordo».


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