Piazza del Plebiscito, Napoli
3 minuti per la letturaAnche le indicazioni della Ue sulle priorità per il Sud, accompagnate da una importante disponibilità di risorse, sono state silenziosamente disattese e ridotte
La lettura critica dei programmi elettorali di tutte le coalizioni che si presentano al voto politico del 25 settembre, porta a una considerazione oggettiva. Il Mezzogiorno non ha interlocutori politici, strategici, progettuali, socialmente attivi; insomma non è presente nelle prospettive del paese. Non soltanto nella pianificazione degli obiettivi, ma anche nella gestione del quotidiano: dalle emergenze energetiche e ambientali, a quelle sanitarie e assistenziali; dal lavoro povero all’esodo giovanile; dalle mancanze infrastrutturali alla crisi dei servizi. Il Mezzogiorno semplicemente non c’è.
Anche le indicazioni della UE sulle priorità per il Sud, accompagnate da una importante disponibilità di risorse, sono state silenziosamente disattese e ridotte. Il Pnrr è la testimonianza in essere di un fallimento annunciato, almeno per il Sud. Nel vuoto sono cadute le proteste, le denunce, le analisi, pure molto efficaci; nei cassetti sono restate le documentazioni che hanno dimostrato le omissioni, i rinvii e l’indifferenza degli attori politici e istituzionali che si coprono oggi con promesse propagandistiche. Non è possibile accettare questo stato di cose senza reagire.
Le azioni da compiere devono essere di grande spessore politico e di forte impatto. Senza il Mezzogiorno non possiamo sentirci nazione. Ma in questo momento storico il Mezzogiorno deve essere opposizione; opposizione consapevole e costruttiva, ma severa e determinata. Noi siamo nazione e il nostro spazio vitale è l’Italia, europea e mediterranea che proprio nel Sud è in grado di trovare le energie e le risorse per proporsi come ponte ai traffici internazionali, agli scambi internazionali e culturali, rifiutando vecchie autarchie e nuovi sovranismi.
La discussione sui contenuti e i metodi si questo essere all’opposizione vanno discussi senza retorica e senza cedere a comportamenti irrazionali, nella lucida consapevolezza che il primo atto di immediato significato e di pur parziale efficacia è il voto del 25 settembre. Il Mezzogiorno non può e non deve votare programmi e classe dirigente che si presenta come protagonista dell’emarginazione e rovina di un territorio e di una comunità che rappresenta il 40% del Paese. Riteniamo che il giudizio negativo dei cittadini meridionali non consenta di ridare fiducia e credito né al centrodestra né al centrosinistra, pur con diversi livelli di responsabilità e partecipazione.
Più complesso il giudizio sul nascente terzo polo (che preferiamo vedere come Polo riformista) che rappresenta una proposta politica nuova anche se ancora piena d’incognite, con la quale il Mezzogiorno può misurarsi politicamente e progettualmente.
Questo primo atto politico di un Mezzogiorno all’opposizione potrebbe essere, esclusa la astensione dal voto, che è una scelta non democratica, votare scheda bianca (che rappresenta il rifiuto collettivo verso una classe dirigente); o votare per il nascente Polo Riformista, come apertura di credito provvisoria verso una nuova politica.
Siamo consapevoli della complessità del momento politico e delle scelte da fare: ma devono essere fatte con l’impegno di tutti.
Il Mezzogiorno alla opposizione è una esperienza nuova nella democrazia italiana. Piuttosto ha sperimentato la presenza nel governo di forze politiche e figure di governo a forte trazione meridionale. Non è stata una esperienza positiva. Ma perché non c’èra una politica meridionalistica audace ed ambiziosa per il Paese. Oggi c’è.
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