4 minuti per la lettura
Ci stiamo sempre più convincendo che è davvero cambiato l’intero assetto vitale in cui ci eravamo abituati a vivere o a sopravvivere; non ci stiamo ancora rendendo conto se questo repentino cambiamento sia dovuto alla pandemia, oppure alla guerra in Ucraina o, addirittura, sia stato l’approccio con cui abbiamo tentato di capire la dimensione del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza; affrontando tale Piano, infatti, ci siamo accorti di quanto fossimo distanti dai livelli di efficienza necessari per consentire al nostro Paese di reggere alla concorrenza ed alla crescita degli altri Paesi interni ed esterni alla Unione Europea.
In realtà, forse, non ce ne siamo ancora resi conto, ma quando ci sveglieremo da questo lungo torpore che ha caratterizzato la gestione politico-istituzionale del Paese, allora non solo capiremo che non sono stati fatti esogeni a rivoluzionare il nostro sistema di vita ma era quasi naturale, quasi obbligato, mettere la parola fine ad una serie di fattori che pian piano abbiamo capito, pian piano stiamo capendo:
1. La presa d’atto ed il pieno convincimento del fallimento di uno schieramento politico che dopo aver raggiunto una soglia di consensi davvero inimmaginabile pari al 33% si è poi rivelato incapace e pericoloso nella conduzione governativa del Paese
2. La illusione della capacità politico-istituzionale di uno schieramento ideologico, quello della Lega, in grado di trasformarsi da rappresentante e difensore delle autonomie locali del Nord in schieramento sostenitore degli interessi dell’intero Paese
3. L’abbandono di una politica mirata alla attuazione di scelte programmatiche definite organicamente ed il passaggio ad una politica di pura sopravvivenza, attraverso il ricorso a Leggi capaci di erogare risorse in conto esercizio (aumento dei salari minimi, reddito di cittadinanza e quota 100) e non in conto capitale
4. L’assenza di un confronto organico e sistematico con le Regioni e crescita ulteriore del gap tra distinte realtà regionali, non solo tra il Nord ed il Sud, ma tra Regioni del Nord come ad esempio tra una crisi della Regione Piemonte ed una crescita della Regione Veneto
5. L’assenza totale di una coscienza mirata al reale rilancio del Mezzogiorno, producendo solo impegni di un trasferimento percentuale delle risorse elevatissimo ma privo di concretezza, ricorrendo a strumenti completamenti inutili o, peggio ancora, clientelari come le Zone Economicamente Speciali
6. Stasi totale, ripeto totale, nel processo di realizzazione di una offerta infrastrutturale organica quale quella disegnata dalla Legge 443/2001 (Legge Obiettivo); una stasi che ormai dura da otto anni e che negli ultimi due anni ha raggiunto livelli paradossali: dal giugno 2020, data di approvazione del PNRR da parte della Unione Europea, non si è stati in grado, finora, di aprire cantieri di opere inserite in tale Piano
7. La stasi e la illusione di un Piano Energetico Nazionale, o meglio il convincimento che inseguendo il comparto delle energie rinnovabili e dei rigassificatori al di fuori di un Piano Energetico Nazionale saremmo stati in grado di limitare la nostra sudditanza energetica a scala mondiale
8. La sottovalutazione nella rilettura della nostra offerta logistica: nessuno mette in dubbio la nostra visione programmatica miope nella gestione dei nostri porti privi di un’autonomia gestionale vera ed una visione ormai vecchia nell’assetto dei nostri HUB interportuali completamente slegati dalle attività produttive di vasti hinterland del Paese
Poi sono arrivate le crisi globali quali la prolungata recessione del 2008, una recessione durata oltre dieci anni, poi è arrivata la pandemia durata più di due anni, poi è arrivata la uscita della Gran Bretagna dalla Unione Europea, poi è arrivata la guerra in Ucraina.
Cioè, solo dopo la crisi consolidata del nostro tragico assetto socio economico, sono arrivate le crisi esogene; quelle crisi, cioè, che hanno solo amplificato le negatività che, nell’arco di quasi un decennio, avevano prodotto le condizioni, oggi forse irreversibili, di una decrescita.
Nascerà spontanea una forte critica a questa mia banale analisi: e molti mi ricorderanno che nel 2021 il nostro Paese ha avuto una crescita del PIL quasi cinese, cioè pari al 6%; questa giusta osservazione, a mio avviso, è piuttosto puerile perché dimentica del crollo, per oltre due anni precedenti, del PIL e dimentica di una grande capacità del nostro sistema manifatturiero a superare proprio le criticità più pesanti.
Gli otto punti, quindi, dovrebbero solo portarci verso una attenta lettura delle motivazioni reali della stasi del nostro sistema economico e non tranquillizzarci che tali criticità siano legate a due fenomeni quello della pandemia e quello della guerra perché un simile autoconvincimento ci porta lontani dalle soluzioni che, invece, vanno prese subito. Dobbiamo in realtà evitare di pensare che finita la pandemia e finita la guerra si ritorni ad una normalità automatica, una normalità garante della crescita del PIL.
Dovremmo, tra l’altro, convincerci, una volta per tutte, che non “spendere” le risorse assegnate a fondo perduto ed in prestito dalla Unione Europea (sia quelle del PNRR che del Fondo di Sviluppo e Coesione) penalizza, nel prossimo triennio, di almeno il 2-2,5% la crescita del PIL e tale soglia percentuale scende addirittura allo 0,5% se, come sono oggi le previsioni più difendibili, si dovesse essere in grado di attivare concretamente la spesa entro i prossimi quattro anni per una valore globale non superiore agli 80 miliardi di euro. Come ormai è mia abitudine concludo queste mie considerazioni con una solita conclusione: spero di essere smentito dai fatti.
La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA