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In tempi “straordinari”, dominati dalla guerra in Ucraina e dalla crisi Covid le cui tracce sono ancora sul terreno, il governo prova a mantenere il passo con gli impegni “ordinari” e misura i risultati dell’opera di attuazione delle misure messe in campo, inaugurata all’indomani del suo insediamento e via via rafforzata con nuovi criteri e metodi operativi. Mentre si lavora per garantire una “navigazione” più fluida alle riforme e agli interventi del Pnrr, e a questo mira il decreto Recovery 2 approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri.
In poco più di un anno la “macchina” messa in moto da Palazzo Chigi ha “smaltito” 955 provvedimenti attuativi (tra adottati e abrogati) previsti dalle disposizioni legislative varate dai governi della legislatura in corso e quella precedente. In particolare, 291 fanno capo all’esecutivo Draghi, 461 complessivamente al Conte I e II, mentre 203 riguardano norme e misure adottate dai governi Letta, Renzi e Gentiloni. I numeri sono messi nero su bianco nella relazione sul “Monitoraggio dei provvedimenti attuativi”, presentata in Consiglio dei ministri dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, delegato all’attuazione.
L’impegno del governo nell’operazione “smaltimento” emerge dal raffronto dei risultati, evidenziato nella relazione, con quelli della legislatura precedente, la XVII, quando nello stesso arco temporale l’esecutivo Gentiloni produsse 404 provvedimenti, 751 quello guidato da Renzi.
Finora tra Covid – con l’emergenza economica oltre che sanitaria – e le riforme e gli interventi legati all’attuazione del Pnrr il governo ha affrontato uno sforzo legislativo enorme. Così di fronte ai 291 provvedimenti adottati, ne restano ancora 315 da “scrivere” (dati Ufficio per il programma di governo), mentre rispettivamente 54 e 163 costituiscono l’ “eredità” del primo e secondo governo Conte. In tutto, quindi, lo stock ancora da aggredire conta 532 decreti.
In particolare, tra gennaio e marzo le amministrazioni hanno adottato complessivamente 227 provvedimenti, di cui 62 nel mese di gennaio, 80 nel mese di febbraio e 85 nel mese di marzo. Rispetto ai 295 “assegnati” per il trimestre in questione alle amministrazioni, il tasso di adozione si è fermato quindi al 77% (62% per il mese di gennaio, 80% per il mese di febbraio e 89,5% per il mese di marzo). Circa un terzo dei ministeri, 7, ha fatto tutti i compiti, e tra questi qualcuno si è anche portato avanti.
Dodici hanno raggiunto questi risultati in almeno uno dei mesi considerati. Tre si sono fermati tra il 55% e il 65% del target assegnato. Per il mese di aprile la tabella con gli impegni dei singoli ministeri ne segna in totale 95.
Guardando alla mole dei 955 decreti abbattuti, il primato spetta al ministero dell’Economia e delle Finanze che ha posto la targhetta “adottati” su 150 decreti: il 16% di quelli complessivamente smaltiti. Secondo classificato il ministero per le Infrastrutture e la mobilità sostenibile, con 101; terzo quello dell’Interno con 76.
Nel piano stabilito per i prossimi mesi, massima priorità è stata assegnata alla legge di Bilancio del 2022. L’obiettivo di Palazzo Chigi è far sì che, come si legge nella relazione, sia la prima manovra “in cui tutti i provvedimenti vengano adottati entro l’emanazione della successiva legge di Bilancio, vale a dire entro dicembre 2022 e in cui tutti i provvedimenti vengano adottati entro i termini previsti”.
Obiettivo che impone l’adozione di una tabella di marcia serratissima dal momento che la legge in questione rinvia a ben 153 provvedimenti attuativi: il numero più altro tra tutte le leggi di Bilancio. Finora – fino alla fine di marzo, per la precisione – se sono stati adottati 49 che hanno consentito di “liberare” risorse per 1,3 miliardi. Quelli in scadenza in questi mesi rimasti pagina bianca sono stati “caricati” sui target assegnati ai ministeri per il mese di aprile. A partire da questo mese sono 101 i provvedimenti che dovranno essere smaltiti entro la fine dell’anno, mentre per 3 la scadenza è fissata nel 2023.
Nonostante i risultati positivi raggiunti, “i provvedimenti che restano da adottare sono ancora numerosi e il governo deve continuare a lavorare per dare celermente attuazione a tali norme anche per evitare che le politiche governative restino parzialmente inattuate”, si sottolinea nella relazione. Per questo se da un lato si spinge sull’acceleratore, dall’altro si pone un freno ai “flussi d’entrata”: una direttiva indirizzata a tutte le amministrazioni centrali conterrà regole precise per tipizzare e limitare il ricorso alla previsione nelle norme primarie di provvedimenti attuativi.
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