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CLAUDIO SIGNORILE

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9 minuti per la lettura

Il 9 maggio 2021 l’Assemblea Costituente del Movimento Mezzogiorno Federato ha approvato lo Statuto; eletto gli organi sociali; votato il documento programmatico sul quale orientare la sua attività.
In questi 10 mesi, il Movimento ha messo radici organizzative nel territorio; ha definito i suoi obiettivi e avviato le sue alleanze; ha prodotto puntuali critiche e concreta progettualità. È quindi vitale: ma proprio questa vitalità lo porta a misurarsi con i grandi cambiamenti che hanno modificato profondamente il quadro di riferimento nel quale ha preso corpo e si è sviluppata questa iniziativa.

LE ESIGENZE PRIMARIE

La Pandemia; la guerra in Europa; la crisi energetica; la crisi economica; la crisi finanziaria; la crisi umanitaria; la crisi strategica.

Sono tutti avvenimenti sconvolgenti nel loro impatto immediato: ma sopratutto nelle conseguenze di breve e medio periodo, che costringono a riesaminare la validità delle scelte compiute, la sostenibilità degli obiettivi, la compatibilità con gli scenari interni e internazionali, la disponibilità delle risorse e degli strumenti operativi pubblici e privati.

Se il Mezzogiorno Federato era una esigenza, oggi è diventata una necessità. Se l’Europa politica unita era una richiesta, oggi è un obbligo e una convenienza. Se la globalizzazione consentiva scelte nazionali, la sua trasformazione e il suo declino spingono ad alleanze di blocco. Un nuovo ordine mondiale si va delineando, ed i suoi protagonisti non ne sono ancora interamente consapevoli.

Il Mezzogiorno federato è diventato una necessità per l’Italia, per l’Europa, per il blocco occidentale, perché rappresenta il nodo strategico essenziale per il controllo del Mediterraneo; la piattaforma economica e logistica per la gestione delle rotte commerciali e della energia; la rete militare di protezione e difesa di tutto il Sud-est della alleanza atlantica.

Pensare di affrontare questo appuntamento con la storia divisi in sette regioni deboli e litigiose, autarchiche ed incapaci di progettualità condivisa, e un errore che può diventare irreparabile danno. Se fino a pochi mesi or sono era possibile denunciare una condizione di emarginazione e di inadeguatezza del mezzogiorno, contestando ritardi e debolezze dello Stato ed incapacità della classe dirigente, sollecitando una reazione di riscatto e rinascita, oggi non è più così.

Il Mezzogiorno deve federarsi in un unico soggetto che sia protagonista degli adempimenti che le nuove condizioni di vita associata impongono. Non c’è più soltanto una Italia capovolta: è l’intero continente euromediterraneo che si è spostato ad Est, inglobando nei suoi confini strategici, nuovi territori e nuovi popoli, e ponendoci nuovi problemi.
La pace non è una condizione naturale: è piuttosto il risultato di costanti e consapevoli interventi per determinare condizioni di equilibrio, collaborazione e confronto. La pace fra i popoli e gli Stati va riconquistata e difesa.

Anche la guerra, fredda o combattuta, non è una condizione naturale, e va modificata con la politica. E quanto sta avvenendo in queste settimane, mentre prendono corpo alleanze di blocco e si definiscono nuove identità e nuovi interessi nazionali e continentali.

L’Europa politicamente unita e riformata è il nuovo soggetto politico Euro Mediterraneo fondato su città e territori e con la mediazione leggera degli Stati nazionali. Il Mezzogiorno Federato è l’Italia Mediterranea come attore, insieme alle altre Macroregioni, di un diverso sistema di governo delle pianificazioni e delle strategie.

La nuova unificazione e coesione del Paese, nella alleanza di blocco occidentale ,è la ricostruzione di una Italia fondata sul civismo federativo, pragmatico, insieme con un assetto istituzionale adatto alle funzioni globali e locali del terzo millennio. Ma ciascuno di questi grandi temi di riforma, si intreccia con le vicende politiche ed istituzionali delle crisi in corso; con le adesioni valoriali necessarie; con il conflitto degli interessi; con le trasformazioni dell’economia; con le scelte strategiche inevitabili.

Un sistema politico efficiente va ricostruito da subito, anche attraverso le identità programmatiche e le responsabilità di Governo. Per formare una nuova coscienza di popolo, si deve ripartire dalle comunità e dal territorio, dai suoi interessi, dalle sue identità. Il nuovo sistema politico si ricostruisce con il civismo federativo.

IL CIVISMO FEDERATIVO

Civismo, perché nei valori civici la comunità trova il senso concreto della democrazia governante, definisce i suoi interessi, non li fa condizionare da scelte ideologizzate e da convenienze di parte. Federativo, perché più comunità si uniscono per comuni interessi, funzioni, identità, bisogni, ed attraverso le istituzioni riformate, esprimono nel foedus quella strategia di Governo e quelle funzioni amministrative che rispondono alle esigenze locali e globali di una entità storicamente compiuta e definita.

Le ideologie del Novecento, le lotte sociali, le trasformazioni economiche, gli equilibri internazionali, furono la materia del sistema politico della Repubblica, fino alla fine del secolo.

Dopo il ventennio della grande confusione, il civismo federativo deve essere la base del nuovo sistema politico in formazione, in una condizione di guerra.

Gli schieramenti verranno; le diversità valoriali emergeranno; le contrapposizioni di interessi si manifesteranno; ma la materia della politica come vita della democrazia sarà nuova è rinnovata in continuazione.
La proposta di Mezzogiorno Federato, resa più urgente e necessaria dalla crisi che stiamo attraversando, parte dalla constatazione del fallimento del Regionalismo a 20. Ma questo non comporta il fallimento della scelta regionalista affermata dalla Costituzione.

Si è consumato, nella esperienza ultracinquantennale, un modello organizzativo e strutturale definito in una fase profondamente diversa e non accompagnato, nel corso degli anni da una consapevole ed adeguata azione di riforma.

Le funzioni e l’efficienza delle Istituzioni Regionali hanno perso credibilità ed efficacia di fronte alla domanda, cambiata nel tempo, di governabilità e rappresentanza da parte del popolo amministrato.

L’affermazione del territorio come risorsa da utilizzare pienamente, in una strategia complessa di sviluppo; la crescita della comunità come soggetto identitario attivo nel cambiamento della qualità e quantità dei servizi utilizzati; la dimensione nuova dei problemi e delle opportunità di una società pluralista ed esigente; la diversità degli interlocutori istituzionali, come lo Stato, troppe volte sentito lontano ed antagonista; e l’Ue, burocratico interlocutore o bancomat dispensatore di risorse. Sono tutte questioni che non possono restare senza risposta.

La verità è che l’anima della Regione è venuta meno perché le sue dimensioni, funzioni, obiettivi, sono al di sotto dei problemi e delle opportunità di sua competenza.

Lo sviluppo della competizione territoriale in tutta la dimensione europea e mediterranea, che è passaggio decisivo nelle opportunità di crescita economica e civile dei nostri territori, rende la scrittura attuale delle dimensioni e caratteristiche delle Regioni, con poche eccezioni, una realtà incapace di quelle responsabilità di governo e di proiezione strategica, assolutamente necessarie nella fase di crisi che la Ue sta attraversando, e l’Italia subendo, senza visibili reazioni e cambi di prospettiva.

Il Regionalismo a 20 è finito, non per la richiesta delle autonomie differenziate di alcune regioni del Nord, ma perché non risponde più alle esigenze del Paese e delle sue trasformazioni; presentando una realtà frantumata, costosa, inefficiente ed impotente. Ma non è finita l’esigenza costituzionale della struttura regionalista dello Stato italiano, soprattutto nella fase di riforma e ristrutturazione di una Ue, euro mediterranea, che si avvia ad essere nuova protagonista nello scenario mondiale.

REGIONALISMO DA RISCRIVERE

uesta nuova struttura regionalista va riscritta nelle dimensioni, nei poteri, nelle competenze; puntando a costruire soggetti forti che accompagnino il governo nazionale nelle scelte di governabilità interne e nelle costruzioni sistemiche comunitarie. Ma questi soggetti devono essere anche contenitori consapevoli della governabilità civica delle città metropolitane e dei sistemi urbani diffusi, senza sovrapposizioni e antagonismi.

Le finalità di queste nuove e antiche regioni, che abbiano la necessaria massa critica, devono essere la competitività territoriale, nella dimensione euromediterranea; la governabilità delle comunità, delle risorse, delle opportunità, nella dimensione nazionale.

Non si tratta di una pur utile operazione di ingegneria costituzionale ed istituzionale, né un esercizio di governo. La crisi del regionalismo a 20, è stata insieme con altre, causa ed effetto di uno scollamento del popolo dalle Istituzioni del territorio che avrebbero dovuto rafforzare la partecipazione democratica. Il paese è realmente diviso, anche profondamente su interessi territoriali forti e su identità antagoniste esasperate strumentalmente.

La ricomposizione dell’unità del Paese; la costruzione del nuovo sistema delle autonomie; la competitività e l’efficienza nel governo delle risorse umane e del territorio; la lotta alle diseguaglianze come priorità qualificante; tutto questo deve essere la materia di un movimento di popolo che sia protagonista della rinascita della Nazione nelle sue autonomie e nella sua identità: italiana, europea, mediterranea.
Questo movimento deve nascere nella trasversalità delle convenienze politiche, nella diversità degli insediamenti territoriali e degli interessi; nella pluralità delle esperienze culturali e sociali. Deve nascere ora e subito, dando al risveglio in atto nella coscienza popolare, valori ed obiettivi per i quali mobilitare energie e volontà.

Mezzogiorno Federato ha indicato nel Civismo Federativo la sintesi sistemica di questo Movimento, la sua cifra programmatica e progettuale, il suo collegamento con l’Alleanza Civica.

Confermando gli obiettivi programmatici espressi nel Manifesto fondativo, l’obiettivo politico, che viene assunto come priorità riguarda le Regioni del Mezzogiorno e la loro riunificazione federativa.

L’immediata iniziativa si manifesta nel rifiutare il confronto sulle autonomie differenziate e le polemiche conseguenti, chiedendo al Governo di dar vita alla costituzione federativa di una unica Regione del Mezzogiorno supportando la richiesta con un adeguato progetto organizzativo che segua e rispetti la procedura Costituzionale.

Nella fase di attuazione del percorso costituzionale, si possono utilizzare le opportunità sancite dagli articoli 116 e 117 della Costituzione e dai referendum regionali per realizzare strutture gestionali di rapida operatività, che garantiscano la gestione federata di poteri, competenze, risorse.

LE PRIORITÀ

  • Rendere cogente il tavolo operativo de Pnrr per le Regioni del Mezzogiorno Federato, gestendo la riformulazione progettuale in modo compatibile alla reale disponibilità di risorse, agli obiettivi della transizione ecologica e tecnologica e alle prevedibili conseguenze delle scelte legate alla politica di difesa della Alleanza.
  • Far gestire i Fondi comunitari di queste Regioni da un’unica Banca (Cdp o Bei) secondo le indicazioni operative dell’organo di controllo istituito dalle Regioni federate e dalle Città metropolitane;
  • Rappresentare i Pon e i Por in un unico programma costruito e gestito dalle Regioni federate e dalle Città metropolitane insieme alla Presidenza del Consiglio (non dai singoli Dicasteri);
  • Deve essere realizzato dalle Regioni federate e dalle Città metropolitane un unico quadro degli interventi infrastrutturali prioritari da avviare e completare nei 5 anni;
  • Definire e valutare le funzioni economiche e gestionali connesse al piano delle infrastrutture;
  • Unificare tutte le delegazioni ministeriali presenti nelle singole realtà regionali;
  • Costruire nelle Regioni federate un unico distretto logistico;
  • Costituire nelle Regioni federate una unica gestione dell’offerta portuale;

In realtà, ogni materia di pubblico interesse deve essere ricondotta a questa scelta di obiettivi, di contenuti secondo un metodo di lavoro che consente una concreta sinergia fra Movimento ed Istituzioni, progettualità civica e governabilità federativa. La condizione di eccezionalità politica richiede questo coraggio riformatore e questa lungimiranza strategica. Quindi una nuova classe dirigente consapevole che la partita decisiva riguarda tutto il Paese.


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