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Non occorrono molte parole per dimostrare quanto appare ormai a tutti chiaro da quando si è aperta fra le forze politiche la campagna quirinalizia e in primo luogo dopo le prime giornate elettorali: si tratta della profonda frattura esistente fra il paese reale e il paese legale rappresentato dai partiti.

Il paese reale/Italia è quello che nell’era della pandemia e di tutte le difficoltà legate a questa emergenza sanitaria-economico-sociale è riuscito a dare grande prova di sé fino ad essere additato come esempio lo scorso anno in Europa e non solo. La responsabilità manifestata dai cittadini (che ha un primo immediato riscontro nella massiccia adesione alla campagna vaccinale) sembrava del resto trovare corrispondenza anche nelle sfere della politica che, nel segno Mattarella-Draghi, avevano saputo dar vita a una larga e inedita coalizione di governo proprio per affrontare le più gravi emergenze del paese e che ha poi effettivamente conseguito una serie importante di riconosciuti successi in tal senso.

In vista dell’appuntamento della elezione del nuovo Presidente della Repubblica il livello di responsabilità e responsabilizzazione dei partiti è sembrato invece andare man mano precipitando fino a raggiungere una specie di esplosione degna di una supernova fra gli specifici interessi di ciascuno di essi e dei loro leader, tutti preoccupati di figurare come titolari delle varie regie di volta in volta in causa (all’interno e all’esterno degli schieramenti di parte) e di riuscire poi ad ascriversi il nome di chi ce la farà a diventare Presidente.

Così davanti ad una esterrefatta opinione pubblica e a media antichi e nuovi che da giorni seguono la partita elettorale e le quotazioni dei vari candidati alla massima carica dello Stato nel tentativo di “illuminarla” in qualche modo, (preoccupandosi innanzitutto di palesare agli ignari cittadini quali coalizioni di interessi i diversi nomi in causa potrebbero rappresentare), si consuma un rito che ben poco ha a che fare con l’idea della politica come bene comune.

Esperti “quirinalisti” da varie sponde si sforzano ogni giorno di riassicurare che no, non c’è proprio nulla di che preoccuparsi dato che nella storia della Repubblica ci sono stati Presidenti che sono stati eletti dopo più di venti votazioni e che ciò che si sta svolgendo ora è in assoluta linea di continuità con un passato più o meno recente. Ogni considerazione di questo tipo lascia il tempo che trova, dato che a nessuno ma proprio a nessuno può sfuggire quanto le coordinate all’interno delle quali la politica contemporanea si ritrova oggi ad operare e i suoi stessi soggetti primari, i partiti, sono assai diversi rispetto al passato e per di più questi ultimi sono da anni in una fortissima crisi di legittimazione. Inoltre, piccolo particolare, siamo nel bel mezzo della temperie covid 19… forse che nell’epoca della pandemia in cui siamo tutti precipitati da due anni a questa parte i cittadini italiani dovrebbero sentirsi rassicurati dal fatto che i partiti hanno sempre fatto i soliti giochi e schermaglie quirinalizi e continuano in questa direzione?

Di fronte alla «crisi di sistema» in atto (vera e propria «crisi entropica» a livello planetario, come alcuni attenti osservatori sottolineano), innescata da un virus capace di investire tutte le sfere della convivenza umana, è forse questa la risposta da dare anche simbolicamente ai cittadini? Dove sta di casa per i partiti italiani la tanto conclamata “resilienza”, invocata anche nei più importanti documenti della politica italiana ed europea? Quale ripartenza resiliente per l’Italia che tutti i partiti spergiurano di aver tanto a cuore, quando poi si danno da fare per mettere allegramente nel tritacarne i nomi più illustri e credibili che effettivamente darebbero seria garanzia in tal senso dal Colle più alto sul piano interno e internazionale?

Per ora (28 gennaio) non resta agli sconcertati cittadini che farsi venire in mente ancora una volta e con grande tristezza la “Povera patria” di Battiato e non più gli ultimi versi che accennano a possibili segni di speranza, ma proprio quelli iniziali, declinandoli per lo spettacolo fin qui offerto dai partiti:
«Povera patria / schiacciata dagli abusi del potere… Si credono potenti e gli va bene quello che fanno / E tutto gli appartiene.»

(*) Professoressa dell’Alma Mater Università di Bologna


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