Enrico Letta
3 minuti per la letturaLa bocciatura di Berlusconi è completa: Pd, Movimento 5 stelle e Leu la pensano alla stessa maniera e dicono: “Per il Quirinale ora serve un candidato alternativo”. E’ quasi un appello carico di rabbia che Enrico Letta fa di fronte alla direzione del partito. Evoca le figuracce dell’Italia al G7 di Cannes, come fossimo vicini a quel rischio, “Non c’è nessun diritto di precedenza che il centrodestra può vantare nell’indicare il presidente della Repubblica, perché si è confuso un atteggiamento rispettoso da parte nostra con un diritto che non c’è”. Il fatto che quest’anno “il centrodestra candidi Berlusconi rende la notizia importante per tutto il mondo. Lo dico – prosegue Letta – perchè è bene sapere che il passaggio di ieri non è un piccolo passaggio formale che rimane dentro la dinamica domestica, ma riguarda tutto il mondo”.
Ma invita pure a “salvaguardare la figura di Mario Draghi”. “Non vorrei che alla fine ci giocassimo la carta fondamentale nel rapporto con i mercati, la forza” del presidente del Consiglio attuale.
Enrico Letta segue un filo piuttosto logico nel pensiero. “E’ sbagliata la logica dello scoiattolo cercare voti in una dinamica che non è quella del tempo”. Anche perché “in Parlamento nessuno ha la maggioranza, ognuno deve considerare l’essere minoranza con responsabilità, che è l’atteggiamento con cui ci muoviamo”. Viene al punto. Bisogna puntare a un leader non divisivo. E Berlusconi lo è, forse è il più divisivo che ci sia. “Vogliamo eleggere un presidente o una presidente che domani, una volta svolte le elezioni del 2023, possa dare l’incarico di governo a qualunque leader di partito abbia vinto le politiche. Una condizione di normalità che parte da una scelta istituzionale e super partes, non un capo partito, ma una figura di unità che possa rappresentare tutti. Ed è questo un filo che parte dalle parole di Sergio Mattarella, e si conclude alla vigilia delle elezioni per il Colle. “Una figura di unità in continuità con Mattarella, modello straordinario”.
Ma poi Letta fa i conti del pallottoliere. Le ipotesi sono diverse. Anche le parole hanno un valore relativo. “Se si dovesse andare alle prime tre votazioni senza un accordo, dovremo scegliere se votare scheda bianca in quelle tre votazioni o se votare un nome scelto con i nostri alleati. Poi dovremmo decidere come comportarci davanti alle scelte del centrodestra di candidare un capo politico, il più divisivo che possa esserci”. Chiosa: “Ogni capo politico è divisivo, ma è difficile pensare a un capo politico più divisivo di lui”.
Alla fine arriva al nocciolo della questione. Propone un patto di legislatura “rivolto a tutti, per eleggere un presidente della Repubblica super partes, rafforzare l’esecutivo per i prossimi 14 mesi e fare delle riforme “per una buona politica”. Che dia “garanzia a tutti”. Ma c’è una piccola coda. Dalla Lega fanno sapere che aspettano un cenno da Marta Cartabia. “Il prossimo Capo dello Stato dovrà avere ben chiara la necessità di una riorganizzazione della Giustizia a partire da una profonda e radicale riforma del Csm. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo scandali inaccettabili”. Ed il prossimo presidente – dicono fonti di via Arenula – dovrà mettere ordine al Csm, “aspettiamo da troppo tempo”, fanno sapere. Parole da sorbire con cura. Perché il nome di Cartabia è girato in questi tempi per il vertice del Quirinale.
Secondo gli osservatori negli ultimi anni mai era successo che il centrosinistra per il Quirinale partisse da condizioni di debolezza, come quest’anno. C’è chi all’orizzonte vede manovre per fare cadere il governo. C’è chi vede un flirt di Matteo Renzi con il centrodestra. Ma per uscire dallo stallo, prevedibile e drammatico al tempo stesso, si lascia filtrare che Matteo Salvini e Giorgia Meloni possano sperare che il Cavaliere al termine getti la spugna. Ipotesi per nulla condivisa dall’entourage berlusconiano dove si fa strada l’ipotesi che mai e poi mai, soprattutto se è in corsa, Berlusconi sia disposto a rinunciare. In ogni caso, tutti concordano in una cosa: è la partita più complicata per Berlusconi. Come è possibile che possa dare le carte non avendo più un partito egemone in Parlamento e nel Paese?.
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