La ministra del Sud, Mara Carfagna
4 minuti per la letturaLe risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinate al Mezzogiorno, 82 miliardi, verranno impiegate tutte nel Mezzogiorno. Non ci saranno «fondi residui», che altre realtà territoriali possono candidarsi a spendere: «Il vincolo del 40% dei fondi Pnrr al Sud è stato congegnato in modo che sia “impossibile” non spendere quei soldi nei tempi stabiliti e nei luoghi stabiliti». Poteri di affiancamento o sostitutivi affidati alla Cabina di Regia di Palazzo Chigi verranno attivati in caso di criticità nella gestione della spesa e nell’attuazione degli interventi, per «garantire che, anche in caso di inadempienze o lungaggini delle singole amministrazioni locali, il Mezzogiorno resti titolare della quota ad esso assegnata».
Se non è “un giù le mani”, quello che la ministra del Sud, Mara Carfagna ha rivolto al sindaco di Milano, Giuseppe Sala, suona comunque come un consiglio a non illudersi che la “tradizionale” prassi del trasferimento al Nord dei fondi non utilizzati dal Mezzogiorno possa ripetersi con il piano cui la Commissione europea e il governo hanno affidato il compito di colmare il divario territoriale che frena la crescita dei territori meridionali e del Paese.
Sala, nel corso della tappa meneghina di “Italia Domani – Dialoghi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza”, l’iniziativa promossa dal governo, ha candidato Milano, «qualora ci siano realtà locali non in grado di garantire la possibilità di investire nei tempi corretti, a utilizzare i residui che ci saranno».
«È chiaro che il Paese deve risolvere il tema del Sud – ha sostenuto – Questa è una grande opportunità. Io non contesto per niente l’idea che il 40% dei fondi vada al Sud, ma noi siamo pronti a fare la nostra parte, qualora ci sia capienza».
La risposta della ministra è arrivata a stretto giro, accompagnata dall’invito agli imprenditori, investitori e aziende di Milano «ad approfondire le opportunità che stanno aprendosi al Sud col Pnrr»: «Non c’è luogo in Italia dove, nei prossimi cinque anni, sarà più conveniente investire e creare occupazione», ha affermato.
Bisogna guardare al Mezzogiorno «con occhi nuovi» e «uscire dalla narrazione disfattista del Mezzogiorno che “non cambierà mai”», ha sostenuto Carfagna intervenendo all’evento streaming “Ricucire l’Italia. Il Ruolo delle città”, organizzato da Il Sole 24 Ore in occasione della presentazione dell’indagine sulla Qualità della vita sul benessere delle province, con le sue classifiche che ancora una volta fotografano il divario tra il Nord e il Sud del Paese.
Quell’ultimo posto di Crotone in classifica – che vede nelle ultime 24 posizioni altrettante province del Mezzogiorno (LEGGI) – grazie al Pnrr, ha affermato Carfagna, può trasformarsi nel punto di partenza per la “costruzione”, nell’arco di cinque anni, di un Sud «più connesso, in grado di attrarre investimenti, più moderno e “amico” delle famiglie, dei giovani e delle donne». E più funzionale alla crescita del Paese.
«Il divario interno – ha sottolineato Carfagna – è la vera “palla al piede” del potenziale sviluppo italiano. Immaginiamo un Sud dove la Calabria o la Sicilia producano lo stesso Pil della Lombardia o del Veneto. Dove Crotone offra gli stessi servizi di Bergamo o Padova e abbia tassi di occupazione simili. L’Italia diventerebbe un campione imbattibile sulla scena europea e mondiale».
Il governo ha messo in campo quattro «assi strategici» su cui costruire il “nuovo Mezzogiorno”: dagli interventi sulla connettività, fisica e digitale, a quelli per garantire i diritti e i servizi pubblici, che intanto segna «il traguardo storico» dell’introduzione dei Lep per gli asili nido; dalle Zes che – ha assicurato Carfagna intervenendo all’evento “Top 500 Campania”, organizzato da Pwc Italia e da Il Mattino – apriranno i cantieri entro due anni, alle riforme su cui si misurerà la capacità della politica Italia di «saper rispettare il “patto per la crescita” sottoscritto con la Ue e con gli italiani».
Intanto la «macchina del Pnrr è partita», ha detto Carfagna, evidenziando che gli interventi di competenza del ministero del Sud da soli «hanno già messo in moto quasi sette miliardi di euro di finanziamenti su tutto il territorio nazionale, con una particolare focalizzazione su Sud e aree interne». Tra questi il bando da 350 milioni per gli Ecosistemi dell’innovazione al Sud, che ha raccolto oltre 300 manifestazioni d’interesse, quello per la ristrutturazione dei beni confiscati alla mafia. É stato aperto anche il bando dei fondi React-Eu per sistemare gli acquedotti-colabrodo, con 313 milioni di finanziamenti solo per il Mezzogiorno. Sono stati ripartiti i 5,2 miliardi per l’edilizia scolastica e a breve partiranno i bandi che su alcune voci riservano al Sud ben oltre il 50%.
Un terzo degli interventi previsti nel Recovery plan è affidato agli enti territoriali di cui, soprattutto al Sud, sono note le difficoltà di progettazione e attuazione e la carenza di risorse umane su cui è tornato a mettere l’accento il presidente dell’Anci, Antonio Decaro. Per questo, ha ricordato la ministra, il governo ha “tessuto” una rete di sostegno attraverso le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni affidate ai bandi di concorsi, la task force dei 1000 professionisti incaricati di sbrogliare le procedure più complesse, cui si affiancherà anche una nuova task force reclutata dall’Agenzia per la coesione territoriale composta da 500-700 tra tecnici, progettisti e architetti, e le convenzioni stipulate con Cdp e Invitalia. E se si presenteranno nuove criticità, ha ribadito, è governo è pronto a intervenire. Intanto, ha sostenuto la ministra, uno sforzo in più il governo dovrà farlo anche sul fronte della comunicazione, per far conoscere alle imprese «le grandi opportunità che hanno a disposizione».
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