Mario Draghi
5 minuti per la letturaAVVISI ai naviganti. Numero uno: il capitano non abbandona la nave, alla ciurma tocca l’obbligo della disciplina. Numero due: la nave va, anzi accelera, siamo all’“avanti tutta” anche in virtù di un equipaggio che fila d’amore e d’accordo. Numero tre: se qualcuno non se la sente e vuole scendere, o mandare in avaria i motori o la nave a scogli, si accomodi, “non mi preoccupo per me stesso” ed è “offensivo” persino immaginare che il comandante pensi ad altro o sogni di diventare ammiraglio.
Casomai ci fosse bisogno di un ripasso, dopo tanta politica “a distanza”, con il rientro in presenza di Mario Draghi dalle ferie si è tornati a fare sul serio: mai come con la conferenza stampa tenuta ieri pomeriggio l’immagine del pugno d’acciaio in guanto di velluto è stata più appropriata. Sereno, elegantemente distaccato dalle volgarità di una politichetta che ci riprova sempre, consapevole di avere il coltello dalla parte del manico perché, come ricorderà solo in un passaggio finale, con “nonchalance” che rende il messaggio ancora più autorevole, “il governo sta in piedi perché è il Parlamento che lo vuole, il governo non fa il mestiere dei partiti”.
Ma purtroppo, ci sarebbe da dire, la classe con cui ha a che fare il professor Draghi non è proprio di “fenomeni”, inciampa in continue distrazioni, spesso sembra persino restia a mandare a memoria un paio di regolette fondamentali; come una volta ebbe a spiegare Berlusconi ai suoi candidati, riferendosi però agli elettori, “gente che in maggioranza ha fatto la scuola dell’obbligo, e non dai primi banchi”. Ed è per questo che, alle domande dei cronisti che battevano per lo più sul solito tasto, dopo un voto anti-green pass in commissione alla Camera, la cui portata era in verità già stata ridimensionata dalla Lega, il presidente del Consiglio ha spiegato, in più riprese, e ogni volta con una laconicità che aggiungeva peso alle parole che “i chiarimenti li devono fare i partiti, non il governo. Non faccio distinzioni all’interno dei partiti: ognuno di essi ha sei-sette componenti, ci mancherebbe che debba sentirle tutte prima di una decisione. E’ pure capitato, non è piacevole. La Lega è una, il suo capo è Salvini, e basta. Non vedo nessun disastro all’orizzonte né la fine del governo, la coalizione come si sa è nata con le sue divergenze, e ci sono anche nel governo. Ma i ministri vanno molto d’accordo e anche il Parlamento sta facendo un lavoro straordinario. Non mi preoccupo per me stesso, anzi è offensivo anche pensare che io punti al Quirinale, sia per me che nei riguardi del presidente Mattarella”.
L’indirizzo delle missive è scritto in chiaro: al leghista Salvini si raccomanda di tenere a bada i suoi, se ne è capace, e di non inseguire i miraggi della sua agguerrita competitrice Meloni. Al segretario pidino Letta di non evocare l’uscita della Lega dal governo sulla base di quella che si è dimostrata una scaramuccia parlamentare: il voto su due emendamenti in commissione, da parte di due suoi esponenti, perseguito e ottenuto da Claudio Borghi, che al momento rappresenta il nulla sotto vuoto spinto, come le strombazzatissime “manifestazioni dei no-vax” in tutte le stazioni italiane, andate totalmente deserte, hanno dimostrato.
E qui ci sarebbe, ancora una volta, un discorso a parte da fare sui Media, sempre pigramente calamitati dalle frasi a effetto dei politici e a caccia dell’ultimo bofonchio dell’ultimo contrario a qualcosa, da rilanciare e ingigantire senza discernimento. Sul tema degli sparuti contestatori del vaccino, l’attenzione del premier si è però concentrata solo a esprimere solidarietà nei confronti di chi, giornalisti e personale sanitario, nei giorni scorsi è stato vittima di una “violenza odiosa e vigliacca”. Spenta qualsiasi illazione sul futuro della navigazione, è sulla concretezza dei prossimi passi che si è manifestata l’accelerazione impressa dal premier. Anzitutto, green-pass e vaccini: per entrambi Draghi ha confermato che si va verso l’obbligatorietà. Per le certificazioni “stiamo già discutendo con il ministro Speranza”, mentre la “cabina di regia” chiesta dal leghista Salvini – nelle cui intenzioni sarebbe servita ad avere più voce in capitolo -, sarà insediata a breve proprio (e soltanto) per stabilire modalità, tempi e categorie di progressiva applicazione. Obbligatorietà anche per i vaccini, appena arriverà il via libera da parte di Ema e Aifa, anche per l’eventuale somministrazione di una terza dose.
Sul dramma dell’Afghanistan, Draghi, che in serata ha visto il presidente francese Macron a Marsiglia, ha ribadito la sua determinazione a tenere un G20 anticipato (subito dopo l’Assemblea Onu) e gli sforzi per riorganizzare la Ue, che ancora una volta si è dimostrata “assente” dal punto di vista politico. Per questo, ha continuato, l’unica cosa da fare è concentrarsi su chi è rimasto in Afghanistan e sull’accoglienza ai profughi. I cinquemila in Italia hanno avuto un percorso “speciale” in virtù della riconoscenza per l’aiuto che hanno dato alla missione militare: portati subito in strutture diverse da quelle ordinarie, hanno immediatamente ricevuto la condizione di “rifugiati” e sono stati tutti vaccinati (così come ogni altro migrante, da qualsiasi parte provenga); per essi c’è l’impegno preciso a un processo di integrazione. Il premier ha chiarito che il medesimo trattamento verrà riservato a coloro che non siamo riusciti a portare in Italia con il ponte aereo, e che dovessero fuggire per altre vie.
Su questo capitolo il premier è sembrato particolarmente coinvolto, stigmatizzando quei partner europei che “di fronte a quel disastro hanno subito messo le mani avanti dicendo di non voler ricevere profughi”. Richiamo che colpisce il leader sloveno, e di rimbalzo Salvini. La cui insistenza critica verso il ministro Lamorgese è stata bacchettata in termini perentori: “La Lamorgese lavora molto bene, non credo che qualcuno abbia mai avuto la bacchetta magica. Se facessimo paragoni con i numeri del passato non troveremmo quelli attuali così spaventosi”.
Infine il vertice a tre, preteso da Salvini: in questo caso il tono di Draghi s’è fatto salottiero e vago, tra l’annoiato e il condiscendente. “Ah, potrebbe essere interessante… Se la Lamorgese vuole. Ma magari non in tv o streaming, mi raccomando”.
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