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Militari italiani in Afghanistan

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Diciamolo, si prova una grandissima rabbia per quello che sta accadendo in Afghanistan, per quello che ha appena detto il presidente Joe Biden e per le testimonianze in perfetto italiano di tanti afgani che vivono nel nostro paese e che raccontano l’orrore che travolge le loro famiglie, specialmente le donne. I talebani al potere fanno conferenze stampa molto astute sapendo bene che noi poveri occidentali ci contentiamo facilmente di quattro parole generiche, come per esempio che le donne potranno far parte della vita pubblica, sempre si intende nell’ambito della sharia che sarebbe la legge islamica che vieta alle donne di fare qualsiasi cosa.

Ora viene da chiedersi che senso abbia avuto per noi italiani perdere 54 vite dei nostri giovani militari, riportare indietro più di 300 feriti e mutilati, aver speso più di 8 miliardi di euro nel corso di 20 anni di impegno.

È una domanda che ne genera di conseguenza un’altra: sapendo com’è poi andata a finire, ciò che certamente non sarebbe stato immaginabile quando l’intervento in Afghanistan cominciò, non avremmo forse potuto spendere diversamente lo stesso capitale umano e di bene, a favore dei nostri interessi interrogativo vale la pena ricordare che noi siamo andati in Afghanistan insieme a tanti paesi della coalizione fondamentalmente per un motivo: esprimere una solidarietà attiva agli Stati Uniti d’America che erano stati ferocemente colpiti dagli attentati dell’11 settembre a New York.

Fu allora che il mondo imparerà che esiste una terra, l’Afghanistan in cui una setta di estremisti sunniti si era installata per organizzare da lì continui attacchi terroristici contro i paesi occidentali. La coalizione aveva lo scopo di sloggiare i talebani, restituire al popolo afghano la sua libertà, al tempo stesso ricostruire l’esercito afghano in modo tale che potesse difendersi da solo.

Nessuno di questi obiettivi è stato raggiunto perché i talebani sono ancora lì, l’esercito afgano che pure ha perduto 70.000 uomini sul campo non riesce da solo a combinare granché, e l’unico obiettivo parziale fin qui raggiunto euro aver restituito la dignità alle donne afghane che finalmente andavano a scuola, all’università, a lavorare. Da oggi non potranno più far nulla.

E allora Gli Stati Uniti con la mossa sgraziata di Joe Biden se ne sono andati sbattendo la porta sostenendo che gli afghani sono dei vigliacchi, che loro americani hanno speso fin troppo per quel paese, che ognuno vada per sé e Dio per tutti. Gli afgani sono disperati e corrono dietro gli aerei tentando di farsi imbarcare senza riuscirci. Ma la ferita dell’Afghanistan si rimarginerà almeno sui nostri giornali perché le notizie durano poco specialmente se sono tragiche negative, ma resta la questione di cui dicevamo: la Libia, una ex colonia che soltanto dopo la fine della guerra e l’indipendenza è diventata così importante per l’Italia grazie alle sue risorse petrolifere, è stata in questi anni invasa da tutti impunemente.

Quando i francesi di Giscard decisero di eliminare Gheddafi facendosi aiutare da Obama per coprire un losco scandalo di contributi elettorali illegali, sono rimasti sul territorio libico in quantità significativa. Poi sono arrivati sia i russi sotto forma di “legione Wagner”, un corpo di mercenari pagati dallo stato e infine i turchi di Erdogan alla ricerca dell’impero ottomano perduto.

Noi non siamo belli così, ripudiamo la guerra eccetera eccetera ma di fatto ci hanno portato via un tesoro che non è soltanto costituito dai beni petroliferi ma da una quantità di aziende e interessi economici più che legittimi italiani in una terra con cui il nostro paese ha rapporti profondi da più di 120 anni. E allora, visto che stiamo facendo un discorso puramente ipotetico è che nella storia e nella politica i discorsi ipotetici non valgono nulla, permettiamoci almeno il lusso di considerare un uso migliore dei nostri mezzi in futuro.

L’Italia ha bisogno di proteggere i suoi affari, così come fa la Grecia quando chiama la Francia al suo soccorso perché i turchi si impossessano dei giacimenti di petrolio sottomarini nella zona contestata fra i due paesi. Francesi, inglesi, americani, australiani, tedeschi, giapponesi sono nel mare del Sud della Cina per difendere una via d’acqua fondamentale attraverso cui passa il 90% del commercio del mondo e lo fanno sfidando la Cina che si è illegalmente impossessata di atolli e di bracci di mare, condannata per questo dal tribunale dell’Aja.

L’Italia manca per ora all’appello e noi non facciamo il tifo perché l’Italia si imbarchi in avventure con le cannoniere. Tuttavia, è un fatto che i francesi difendono i loro interessi, i tedeschi anche, per non dire degli inglesi che sono presenti con la più potente portaerei del mondo che porta il nome della loro stessa regina Elisabetta seconda. L’Italia adesso si trova in uno stato di incertezza strategica. Finché comandavano i Di Maio si seguiva la via della seta che poi abbiamo fortunatamente abbandonato grazie a Draghi e all’atlantismo nel cui seno è tornato il nostro paese. Ma la nostra politica estera e incerta e sembra poco rilevante la presenza delle nostre forze armate benché si siano sparpagliate nel mondo a mietere medaglie per l’eccellente servizio che restano sul campo i nostri carabinieri e gli altri militari che difendono i valori delle Nazioni unite.

Quindi abbiamo i mezzi, i nostri uomini sono di primissima qualità, una politica estera per esser tale deve avere anche i denti. Diceva Bismarck che l’Italia ha un grandissimo stomaco ma pochi denti. Noi non abbiamo nessuna vocazione a politiche muscolari, ma allo stesso tempo vediamo come tutti gli altri si comportino in maniera adeguatamente energica quando si tratta di difendere i propri interessi.

Questa sembra purtroppo l’unica lezione da trarre per il momento dalla disfatta dell’occidente in Afghanistan dovuta al pedaggio che un presidente apparentemente molto debole come Joe Biden ha dichiarato di dover pagare all’estrema sinistra dei suoi elettori cui aveva promesso un fulmineo sganciamento dall’Afghanistan non importa quante vite esso sarebbe costato. È stata una brutta figura dell’occidente intero ma la storia e la politica non conoscono non hanno memoria e raramente morale.

Dunque ci permetteremmo di dire che un ministro degli Esteri non dovrebbe limitarsi a dire delle genericità, che quando c’è una crisi internazionale gravissima dovrebbe abbandonare le spiagge e stare seduto dietro un grande tavolo a far nulla ma dando l’immagine di rappresentanza del governo sulla sullo scenario internazionale e crediamo che il presidente Draghi dovrà pur affrontare la questione non soltanto dal inevitabile e giusto profilo umanitario ma anche sotto quello della energia che occorre affinché una politica estera dimostri di essere tale e non soltanto una politica al servizio di chi è più forte.


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