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SERENAMENTE e pacatamente, adesso che dati alla mano nessuno può negare la virulenza della variante Delta, si può chiedere a chi di dovere di smetterla con le pantomime sul Green Pass e dire qualcosa di chiaro ai cittadini? Senza alcuna enfasi e allontanando i rigurgiti retorici o peggio di sapore qualunquista, si può reclamare alle istituzioni in gioco – Comitato tecnico-scientifico, ministri, presidenti di regione, sindaci, assessori eccetera eccetera – di smetterla con i giochini di potere, lo stalking mediatico, le esercitazioni muscolari e lavorare tutti per l’interesse generale?
Adesso che lo spettro di nuove potenziali restrizioni dal cielo della aleatorietà precipita sul terreno della vita reale di tutti, è troppo pretendere che dopo poco meno di venti mesi di pandemia con riflessi in tutto il mondo, emerga una linea di condotta definita e condivisa che tuteli il diritto alla salute di tutti e il rispetto dei diritti nonché dei doveri per ciascuno? Davvero, davanti all’ennesimo balletto su chi deve decidere e su chi deve obbedire, è il momento di dire: adesso basta, per favore siamo seri.
Benché ci sia purtroppo una fetta non indifferente di popolazione – giovani e meno giovani, in salute e con affezioni, vaccinati e no – che continua a voler sfuggire la realtà, il dato che dobbiamo assumere è che con il Covid dovremo convivere numerosi altri mesi, forse anni. Matteo Salvini è arrivato a dire dieci: speriamo sia stato pessimista. Ma che la pandemia sia destinata a diventare un imbarazzante e inquietante compagna di vita, questo nessuno può ormai negarlo. E perciò non è possibile assistere di qui a chissà quando alla replica stucchevole dell’infinito copione di intreccio di poteri, concorrenzialità di interventi, scoordinamento territoriale, conflitto di attribuzioni e giù pe li rami dell’ inesauribile battibecco tra chi dovrebbe intervenire e non interviene, tra chi dovrebbe astenersi e invece deborda.
Gli italiani hanno tanti difetti e chi li rappresenta li riflette tutti. Ma questo non giustifica il deprimente caleidoscopio di interviste, interventi, post, video dove si gioca il gioco del tutto contro tutti, dove specchiati virologi si comportano come se la scienza fosse un tiro di dadi e magniloquenti rappresentanti dei cittadini esprimono una conoscenza scientifica appresa sui bignami di Internet. Dove leader nazionali difendono interessi di bottega, e gestori di rappresentanze locali si ergono a statisti battagliando con il potere centrale. Non è un copione da Paese civile. Soprattutto non è un copione che possiamo permetterci. Perché il virus è un nemico subdolo e tremendo, che non concede tregua e non conosce festività o pause di qualunque genere. Anche per questo non dobbiamo concedergli tregua vaccinandoci a più non posso perché è l’unica strada per evitare guai peggiori.
Ma c’è anche il livello di socialità, di convivenza necessaria che va salvaguardato. Com’è noto, in Francia di fronte alla vampata di contagi, il presidente Emmanuel Macron ha imposto l’obbligo di vaccinazione per alcune categorie e l’obbligo di certificazione specifica per recarsi in situazioni di affollamento. Un misura obbligata, di saggezza e di salvaguardia della salute. Milioni di francesi si sono prenotati per vaccinarsi e ottenere la documentazione necessaria per, diciamo così, usare i servizi pubblici, spostarsi in vacanza, stare in compagnia.
Replicare anche da noi quel copione è scelta non solo saggia ma soprattutto inevitabile. Occhieggiare ai no vax è legittimo ma, va detto con forza, irresponsabile in particolare da chi detiene cariche pubbliche. Chi non vuole vaccinarsi dev’essere lasciato libero di farlo senza gridare all’untore. Tuttavia al tempo stesso a nessuno può essere concesso di mettere a repentaglio la sanità altrui. È assurdo rivestire la questione di connotati ideologici o di categoria. Porre in sicurezza vaccinale e sanitaria il Paese è prioritario perché se non si raggiunge un livello adeguato di vaccinazioni e non si attuano misure tali da rallentare al massimo i contagi, non c’è possibilità di salvezza economica e sociale per nessuno, saremo solo un vascello che affonda. Non può essere.
I nostri ragazzi sono consapevoli dei rischi e se chiamati a prendersi le loro responsabilità lo faranno. E questo vale o anche per il prossimo ritorno a scuola in presenza. Spendersi a favore di interventi come il green pass che possono aiutare a contenere le varianti impedendo la trasmissione virale non può diventare oggetto di polemica politica. Si deve lasciare la possibilità di dissentire, ma un governo che vuole essere all’altezza dei problemi e determinato a sconfiggere la pandemia non può che esercitare il suo potere/dovere di proteggere il più alto numero di cittadini. È ciò che si accinge a fare il premier Mario Draghi nei prossimi giorni. Assumendosene il peso politico e istituzionale. Ma sperabilmente mettendo fine agli sconcertanti saltellamenti di chi dovrebbe dare l’esempio per tranquillizzare e rassicurare l’opinione pubblica e invece gioca con le sue paure vellicandone la pancia.
È un esercizio comodo per l’oggi, ma prepara solo le difficoltà per il domani. Che peraltro è adesso.
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