Alessandro Zan
4 minuti per la letturaParlare di Vietnam parlamentare è senz’altro eccessivo (almeno per ora), ma certo sull’avvio della discussione in Aula del DDL Zan c’è una bella bagarre. E un po’ sconfortante vedere che i partiti cercano visibilità esasperando una questione importante, ma non esattamente formulata in modo epocale, incapaci di comprendere che il momento è molto delicato.
Certo non saranno contenti di vedere che il paese si affeziona sempre di più al premier Draghi e al presidente Mattarella che sanno mettersi sulla stessa lunghezza d’onda della gente come hanno mostrato gestendo il ritorno a Roma della squadra di calcio campione d’Europa. Forse qualcuno dovrebbe fare un pensierino al fatto che la comunicazione si fa col cuore capace di coinvolgersi nel sentire del paese, non con i presunti professionisti della comunicazione con l’occhio a social ed influenzer.
Le argomentazioni che i partiti hanno messo in campo per spiegare le loro posizioni sulla legge che dovrebbe impedire i reati d’odio legati all’omotransfobia (e che invece non riesce a liberarsi dalla volontà di dare una rivincita di protagonismo sociale a quelle comunità) sono più che modeste.
Salvini tira in ballo il Santo Padre che avrebbe chiesto modifiche alla legge, mentre Bergoglio si è tenuto fuori dalle polemiche, e ci aggiunge il richiamo ai bambini e alla difesa di mamme e papà. Letta e i suoi si arroccano nel voler portare a casa una bandierina, senza mostrare una volontà di confronto su alcuni punti equivoci del testo la cui modifica si potrebbe fare senza indebolire la lotta contro i reati d’odio legati ai pregiudizi sulla sessualità. Renzi si ricava la posizione del saggio che vuole salvare la legge consapevole che in politica si vince meglio con le intese che con le cornate. Verità lapalissiana, ma con scarsa capacità di farsi ascoltare.
In un contesto del genere sarà difficile valorizzare il parlamento come camera di compensazione delle tensioni fra i diversi modi di interpretare la realtà. Del resto la democrazia, che si basa proprio sul governo attraverso il confronto delle proposte piuttosto che attraverso la conta dei voti, non gode di un grande momento.
E’ abbastanza curioso che mentre ci si lamenta della scarsa rilevanza del dibattito nelle Aule parlamentari, si assista alla presentazione di uno statuto di partito che, per quel che se ne sa, contiene proprio la negazione di qualsiasi democrazia reale.
Gli storici sanno che i partiti moderni si sono sviluppati nell’Ottocento proprio per costruire luoghi dove si potessero esercitare davvero quei riti democratici che si faticavano a realizzare nei parlamenti di allora. Bene, guardate lo statuto messo faticosamente a punto per i Cinque Stelle dopo mesi di lavoro di Conte e uno scontro intenso fra lui e Grillo. La pace si raggiunge sul fatto che ciascuno dei due gode di poteri assoluti (almeno a parole), l’uno sulla linea politica, l’altro sui valori. Ma quel che è interessante notare che ambedue hanno un potere assoluto di nomina delle rispettive “corti” (difficile considerarle istituzioni con qualche potere sovrano): Conte nello scegliersi la sua segreteria, Grillo nel decidere chi siederà negli organi destinati a giudicare dell’ortodossia.
Con questo, cosa ci si può aspettare da un dibattito in Senato su una legge oggetto di tanti rilievi come è quella firmata dall’on. Zan? Intanto varrebbe la pensa di ricordare che nel passaggio alla Camera qualche disponibilità a rivedere certe impostazioni c’era stata, mentre oggi si glissa sul punto, perché non si capisce per quali ragioni allora si poteva ragionare almeno un poco e adesso non più. Poi naturalmente non si può dimenticare che il presidente della Commissione che la ha esaminata non ha agito sino a poco tempo fa con spirito costruttivo, abbandonandosi ai più veti giochetti ostruzionistici (centinaia di inutili audizioni e via dicendo). E da ultimo non si può tacere che oramai nessuno ha più il controllo delle rispettive truppe parlamentari, per cui qualsiasi accordo che si raggiunga in una Camera può venire travolto nell’altra.
Eppure proprio questa situazione caotica dovrebbe essere usata per mostrare che si è capaci di voltare pagina. Certo occorrerebbe coraggio, materia fondamentale per fare davvero politica, ma materia al momento piuttosto scarsa. Alla vigilia di prove parlamentari che non saranno semplici, a cominciare dall’approvazione della riforma Cartabia, sarebbe opportuno predisporre un terreno favorevole all’incontro su quanto si può condividere (che non andrebbe etichettato come compromesso, parola che sa di cedimento se non svendita delle proprie ragioni). Questa fu la strada seguita dai padri costituenti sui grandi principi: non “compromessi” con scambi di reciproche concessioni, ma convergenze su punti e obiettivi che tutti condividevano.
Altri tempi? Non c’è ragione per non recuperare le nostre migliori tradizioni, proprio ora che ci avviamo verso l’avventura di quella che potrebbe essere appropriato definire come la seconda Ricostruzione. Quando fra poco si andrà al confronto parlamentare sulle varie azioni che sono richieste per avviare in modo vantaggioso il PNRR, sarebbe bene non avere delle Aule intrappolate in guerre ideologiche e in giochetti di potere fra le varie fazioni. Se il dibattito in Senato sul DDL Zan si concluderà in una prova muscolare per testare la potenza di fuoco delle diverse forze politiche si preparerà un terreno minato da far attraversare a progetti di intervento che sono molto delicati. E come spesso accade sui campi minati, alla fine ci cadono tutti e non solo, come ci si illude, i propri “nemici”.
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