Gli azzurri campioni d’Europa con il presidente del consiglio, Mario Draghi
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NOI europei ce ne siamo accorti tardi. Gli inglesi l’hanno capito subito nella notte stessa. La vera Brexit era arrivata con uno speciale convoglio partito da Roma dove furono firmati i trattati di Roma da cui nacque la stessa Europa da cui il Regno Unito ha deciso di uscire dopo uno scontro interno traumatico che ha lasciato più orfani che vincitori.
ISOLA IN MARE APERTO
Una partita di calcio. Chi poteva immaginarlo? Non Boris Johnson, non Nigel Farage e gli altri campioni della Brexit che hanno riportato in mare aperto un’isola il cui cuore ha sempre condiviso con l’Europa. L’Inghilterra ha creato e donato quel sistema di regole ciniche ma equilibrate che funziona come tutte le cose inglesi sulla base di un protocollo che rende ogni gioco “fair”, giusto ed equo. Così ha fatto con la Costituzione (che peraltro l’Inghilterra non ha come carta unica), così il tennis, il cricket, il football, il basketball il bridge, il poker, ogni gioco di combattimento e di aggregazione ha avuto il suo passaggio cruciale nell’isola che ha deciso di lasciarci.
Ma che non era ancora convinta di averci lasciato e pensava, o almeno una parte degli inglesi pensava di dover agire con una colpo di scena sportivo, una vittoria schiacciante e schiaffeggiante come tutti i giornali si aspettavano, come la gente davanti alle telecamere e che avrebbe dovuto servire nell’immaginario collettivo di cui persino gli inglesi dispongono, a castigare la madre matrigna che sarebbe l’Europa e decapitarla come Enrico Ottavo decapitava le mogli per far dispetto al Papa.
Tra i tifosi della nazionale inglese abbiamo visto anche qualcuno travestito da vescovo di Roma per ricordare l’altra grande Brexit con cui l’isola che porta il nome di un generale romano si separò dal continente creandosi una propria Chiesa.
C’era questa voglia, del tutto fondata, che fa parte del DNA di quel meraviglioso paese che personalmente amo perché come riconosceva Carlo Marx, soltanto l’Impero romano e l’impero inglese hanno tracciato le strade della storia e creato leggi e tribunali e scuole anche dove nessuno avrebbe voluto averle.
UMILIATA DAL TORNEO
Insomma, il rito del torneo si è trasformato in un matricidio mancato. L’Inghilterra aveva bisogno di uccidere la madre Europa uccidendo sportivamente la squadra che era venuta a contenderle il trofeo uscendone umiliata. Il rigore di quei calci di rigore ha trasformato il gioco di una partita di pallone in una esecuzione rinascimentale recitata dagli ufficiali di una immaginaria giustizia. I simboli stavano fiorendo prima ancora che qualcuno li cogliesse e li restituisce al significato.
L’Europa adesso è l’Italia. L’Italia è vissuta dall’Europa nel suo complesso come la sua nazione leader. La Francia di Macron è in sofferenza perché il giovane presidente non sembra rappresentare molto più che se stesso come del resto i sovranisti della Le Pen.
DECLINO DI ANGELA
La Merkel è ancora un’anziana imperatrice che si incontra con Biden per discutere di oleodotti e di cyber-pirateria ma è in uscita. Le altre nazioni dell’Unione sono in questo momento affascinate da un’Italia che è la vera Fenice perché sembrava ridotta in cenere e ora vola. L’Italia sembra ora al comando di una classifica non solo calcistica, mentre il Regno Unito spaventato dal suo isolamento sta perdendo gli ultimi pezzi non più dell’antico impero ma della stessa Unione.
La Scozia e l’Irlanda e persino il Galles guardano all’Italia. E l’Italia significa euro. Il che suona strano perché l’Italia sembrava così refrattaria all’euro così pronta a farsi le monete padane, a giocare un ruolo da ribelle psichiatrico, ed ora quello stesso Paese si rimetta in piedi scopre di avere un sentimento comune che lo unisce, porta i suoi eroi in tour per le strade della capitale e nei templi della democrazia e dell’unità nazionale, e lo fa festosamente , senza retoriche dannunziane o nazionaliste, concedendosi alla libertà del pianto e del riso e della gioia e della consapevolezza. Questo è un prodotto italiano.
L’EURO SPECCHIO
Questo piace agli altri oltre che a noi: scopriamo con sorpresa di essere diventati lo specchio in cui l’Europa si riconosce in cui il regno disunito si dispera di aver disperso alla propria unità e di aver mancato un’occasione tanto amata e ancora tanto rimpianta da molti inglesi. Io personalmente ho sempre fatto il tifo per un’Europa fondata sull’Inghilterra che guarda all’oceano Atlantico e alla Fifth Avenue di New York, piuttosto che un’Europa delle patate della birra e della vodka, dall’Atlantico agli Urali come piaceva al generale de Gaulle.
Il fatto incontestabile oggi è che l’Europa ha una capitale su sette colli ai bordi di un vecchio fiume. Ed è lì che l’Europa ha un cuore che batte all’unisono con quello del nostro Paese stravagante e scoordinato ma capace di di ritrovare se stesso.
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