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La caduta delle stelle (dalla Vignetta.it)

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SE CI SI interroga sul futuro dei Cinque Stelle, è necessario cominciare dal distinguere tre componenti che oramai da qualche tempo non formano più un tutt’uno. Parliamo dei parlamentari, dei militanti e degli elettori. Ciascuno di questi gruppi ha caratteristiche e problemi peculiari e ciascuno è ricco di frazionamenti al proprio interno.

Partiamo da quello più misterioso che è dato dagli elettori che nel 2018 regalarono al MoVimento quasi il 33% dei voti, ma che oggi, almeno a stare ai sondaggi, si è dimezzato e a guardare i risultati delle prove elettorali europee e amministrative è andata anche peggio. Qui la prima domanda da fare è banale: dove finiranno la metà dei voti persa dai Cinque Stelle? Le analisi che circolano inclinano a descrivere una ampia diaspora: un po’ verso la destra (Lega e FdI), un po’ verso l’estrema sinistra, molti nell’astensione (che in tutte le rilevazioni demoscopiche rimane ben oltre il 30%).

Ma oggi il problema riguarda anche la metà dei consensi che si stima siano rimasti. Che fine faranno se la spaccatura fra Grillo e Conte si traduce nella formazione di due partiti che, inevitabilmente, passeranno il tempo a lanciarsi reciproche pesanti scomuniche? Rispondere a questa domanda significa sparare nel mucchio, perché lo scenario non solo è cambiato, ma continua a cambiare.

Se davvero si è esaurito quel clima che ha favorito demagogia e populismo, che ha spinto molti a votare M5S per disillusione verso la politica nella speranza che rovesciare il tavolo significasse uscire da una stagnazione, molti dei voti al vecchio grillismo potrebbero anche ritrovare la strada verso formazioni più dotate di senso della realtà. Questo può favorire il vaticinato partito di Conte? Non in modo automatico, perché l’ex leader è un navigatore a vista e non ha mai dato vera prova di avere un progetto per il paese, né si è mostrato capace di organizzare qualcosa: Grillo con intuizione l’ha colpito in quel suo ventre molle. Molto dipenderà da come procede l’avventura di Draghi e del suo PNRR. Se va avanti bene prosciuga l’acqua in cui potrà nuotare Conte.

Per converso il nuovo clima non può risultare favorevole al rilancio del tradizionale M5S come sembrerebbe piacere a Grillo, se non per assemblargli intorno un po’ di irriducibili del “vaffa” e dell’utopismo fine a sé stesso. In questa incognita su quel che succederà del tesoro elettorale che faceva capo ai Cinque Stelle, i militanti rappresentano la parte meno significativa. Come si è visto in tutte le votazioni su Rousseau il loro numero rappresenta una percentuale molto esigua rispetto al numero degli elettori. Ad essi mancano i luoghi di raccolta, l’abitudine a confrontarsi se non per accesso a qualche dibattito virtuale via internet. Non sono un corpo capace di una presenza autonoma, se non per quel tanto che in esso agiscono le correnti che fanno capo ai vari leader parlamentari.

La sostanza è che da quest’ambito non verrà fuori niente di decisivo, ma solo un dividersi in fazioni a sostegno di questo o di quello. Se sul medio periodo il momento decisivo sarà quello degli elettori, nell’immediato ad essere centrali sono i parlamentari. Impossibile dimenticare che sono di gran lunga il partito più numeroso nelle due Camere e che da loro passano gioco forza molte decisioni che hanno bisogno del vaglio parlamentare. Ora qui la situazione si fa molto complicata. Innanzitutto ormai deputati e senatori ragionano più che altro in termini di resistenza nel ruolo (e nello stipendio) e anche di possibilità o meno di essere rieletti.

Per entrambi questi obiettivi la situazione è ricca di incertezze. Siamo quasi al semestre bianco, dunque la legislatura non verrà sciolta fino all’elezione del nuovo inquilino del Quirinale. Ma dopo? Se si lascia campo libero alle pulsioni narcisistiche di Grillo e di Conte (e dei rispetti staff ristretti) non è detto che la situazione non precipiti e la legislatura finisca in anticipo. Quanto poi alle prospettive di rielezione c’è un problema che si pone prima ancora di valutare se possono dare più garanzie Grillo o Conte: i posti a disposizione saranno meno della metà di quelli attuali, per il sommarsi del calo dei consensi con il taglio dei seggi parlamentari. Sia che si immagini una ricomposizione fra i duellanti che oggi sembra impossibile, sia che si prospettino due diversi partiti, la lotta per ottenere posti sicuri in lista sarà in ogni caso una mattanza. Giusto quelli più garantiti per posizioni ricoperte o spoglie politiche distribuite possono mettersi a calcolare se sarebbe più disposto a blindarli Grillo o Conte.

Gli altri per decidere fanno prima a tirare la classica monetina. In mezzo ci sarà il passaggio delle elezioni quirinalizie, buona occasione per i politici più astuti di contrattare i loro voti, ma anche qui ci sarà spazio solo per alcuni, la  maggioranza sarà la classica carne da cannone. E poi c’è un problemino che non sottovaluteremmo: con chiunque dei due un parlamentare decida di schierarsi deve apprestarsi a dargli un bel po’ di soldi, perché le battaglie politiche costano e non poco. Tanto Grillo quanto Conte ne avranno bisogno per sostenere le spese del restailing e delle campagne elettorali.

Se stiamo a quel che è successo negli ultimi mesi non ci pare ci fosse un gran trasporto fra i Cinque Stelle per queste campagne di “oro alla Patria”. Insomma lo scontro fra l’Elevato/Garante e il Figurante/Prestanome sarà una questione più complicata e più potenzialmente devastante che il classico scontro da palcoscenico fra due prime donne.


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