Giuseppe Conte insieme a Beppe Grillo e a Luigi Di Maio
5 minuti per la letturaMA CHE cosa sta ancora cercando Beppe Grillo? Non gli basta di avere ammannito a questo disgraziato paese due anni di governo gestiti da un signore da lui imposto al presidente della Repubblica come primo ministro per caso, come prestanome e faccia dei due dioscuri Salvini e Di Maio, i quali in quel delizioso momento della nostra storia, non potevano permettere, ciascuno che l’altro diventasse premier. Grillo allora bollò col suo certificato l’avvocato Conte, spalmò il gel sopra un po di stellette avanzate nel suo magazzino e ce lo rifilò come il non plus ultra dei primi ministri.
Adesso, cioè l’altro ieri, vedendosi minacciato nel narcisismo infinito che lo gonfia come un pupazzo Michelin, lo stesso Grillo di prima ma in versione scafandrato, degrada Giuseppe Conte alla maniera usata col capitano Dreyfus in Francia alla fine dell’Ottocento: strappate le spalline della competenza, spezzata la spada della capacità organizzativa, calpestate a terra le medaglie delle battaglie vinte. Così, l’anziano clown getta una delle sue maschere usa-e-getta per gridare che il re è nudo, che Giuseppe Conte è nudo e che lui stesso si sente a corto di biancheria.
Che scherzo è questo? Come può un leader sebbene non votato e non votabile come lui, imporre un capo di governo ad una nazione maltrattata dalle sue follie narcisistiche e condotta sull’orlo dell’abisso della rivolta anti costituzionale e antiparlamentare, capovolgere così spudoratamente la frittata facendo apparire da un momento all’altro la parte bruciata della sua stessa ricetta.
Ovviamente Giuseppe Conte diventato un mostro di incompetenza e di analfabeta, analfabetismo politico soltanto da quando quello gli si è messo di traverso agendo come agisce il cuculo, un uccello famoso per depositare le proprie uova nei nidi altrui e campare a sbafo della comunità volatile. Sicuramente Conte ha tentato il colpo gobbo per non dire lo scippo del partito di Grillo, metterselo in tasca e farne una sua colonia personale, e questo spiega in maniera decentemente logica l’ira di Grillo che teme di essere derubato di ogni suo avere. E per questo e comprensibile che muova guerra al rivale come si faceva nel più tardo Impero, durante le sanguinose zuffe tra capi del pretorio e generali in carriera.
Ma invece il grande buffone ligure sceglie la strada più disonesta per raggiungere il suo risultato. Non dice cioè quest’uomo mi sta derubando e io non voglio lasciarmi spogliare, ma dice invece: quest’uomo è da sempre un cialtrone incompetente, ignorante analfabeta, incapace privo di visione e arrogante, e lo è dal primo giorno, non l’ho scoperto adesso ma l’ho sempre saputo. E qui che casca l’asino con sopra il pagliaccio. Grillo non accusa Conte di essere peggiorato nel tempo o di aver perso le qualità che all’inizio aveva. No: lo degrada di ogni sua qualità, affermando che quell’uomo è oggi ciò che è sempre stato; e dunque confessa al paese intero e non soltanto agli ectoplasmi delle piattaforme, che quella specie di Bertoldo da lui spedito prima al Quirinale e poi a Palazzo Chigi non valeva un fico secco prima e non vale un fico secco oggi. Motivo per cui, gli spara uno dei suoi missili terra-terra detti vaffa di cui si sente orgogliosamente detentore di brevetto. In questo sta il suo gesto di alto tradimento nei confronti del paese, della democrazia italiana, della calpestata Costituzione, del Parlamento da scoperchiare come Capitol Hill, o come una scatola di tonno.
Un paese al quale ha promesso torme di forconisti che avrebbero impalato con entusiasmo ogni politico italiano. Se l’Italia fosse un Paese con un minimo di identità unificante, non caleidoscopizzata fra destra e sinistre tutte un po di qua un po’ di là, ma fosse invece un Paese con una spina dorsale, allora accadrebbe che un bravo procuratore della Repubblica troverebbe la voglia e la necessità di cercare nelle sue parole tutti gli estremi per aprire una indagine relativa agli articoli del codice penale e della Costituzione repubblicana che riguardano l’integrità dello Stato, l’integrità delle istituzioni, l’integrità della democrazia parlamentare, non per mandarlo in galera, Dio ci scampi, ma almeno per ricordare sia al clown che al Paese, che esiste una linea di demarcazione oltre alla quale non si può andare: to cross the line dicono gli inglesi.
Che poi sarebbe il concetto del Rubicone. Quando Giulio Cesare varcò in armi il ruscello che segnava il confine della Repubblica governata dal Senato, era ben consapevole di ciò che stava facendo e delle conseguenze che probabilmente lo avrebbero portato ad una esecuzione in nome della difesa dello Stato. Cesare disse: alea iacta est, il dado è tratto, la giocata è fatta e non si può tornare indietro. Infatti, non poté tornare indietro e alle Idi di marzo fu giustiziato. Ora non diciamo che Beppe Grillo possa essere in qualsiasi modo messo a paragone con Giulio Cesare, ma questo individuo è consapevole di ciò che fa. Lo ha detto e dichiarato in mille comizi e anche in pregevoli spettacoli teatrali farciti di idiozie alternate con ricette di buon senso, battute da osteria mescolate con tracce di digestione filosofica.
Ma quest’uomo sapeva e sa quel che fa. E quel che ha fatto è stato metastatizzare la già spiegazzata democrazia parlamentare che aveva dovuto superare prima la crisi della fine dell’impero sovietico e poi la messinscena dell’inchiesta Mani pulite, finita con alcune morti mai spiegate e vendicate, ma senza alcun nessun risultato giudiziario o morale, in un clima libellismo di profittatori che si sono fatti gradassi dileggiando la democrazia parlamentare, alimentando l’idea del latrocinio globale e nel discredito delle istituzioni. Di quella pastura si è nutrito lo squalo che ha addentato le istituzioni e che ancora le tiene in ostaggio con i suoi capricci, ricatti, diffamazioni e piccinerie.
Ora il Paese ha appreso dalla sua bocca sgangherata di essere stato governato da un cretino per di più incapace, grazie alla patente che gli aveva concesso lo stesso suo datore di lavoro che adesso, in preda della tempesta neuronale scatenagli dalla gelosia e dal narcisismo ha pensato fosse arrivato il momento di farlo fuori.
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