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Beppe Grillo

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ENIGMI a Cinque Stelle, ecco quello che sta nel nostro futuro il giorno in cui Ursula von der Leyen ci consegna una eccellente pagella per il nostro PNRR e si prospetta l’arrivo di un anticipo dei fondi (il 13%) più o meno entro i primi di agosto. Siamo nelle condizioni di partire per l’avventura della nostra seconda Ricostruzione, si è dimostrato quanto sia stato e sia importante avere un governo di livello guidato da Mario Draghi, ma ci troviamo a fare i conti con un quadro politico ancora condizionato dalla situazione di M5S.

E’ un aspetto molto delicato, perché stiamo parlando del partito con il più alto numero di parlamentari già solo per questo in grado di creare seri problemi in un Camere la cui guida non è molto facile di questi tempi. Basterebbe pensare a qualche pasticcetto che si è combinato per correre dietro alle mode del momento: si va dall’introduzione di una qualche protezione per l’agricoltura “biodinamica”, che non ha nulla a che fare con quella biologica (roba seria), essendo invece un cumulo di fantasie stregonesche, per arrivare allo scontro con il vaticano sul ddl Zan.

Nel primo caso la faccenda, relatore un grillino (manco a dirlo), è passata al Senato con la sola opposizione della sen. Cattaneo, che, essendo una scienziata, non poteva sottoscrivere quelle scemenze come è stato denunciato da Paolo Mieli sul “Corriere”.

Nel secondo caso si è avviato un contenzioso con la Santa Sede solo per cedere agli integralismi di alcuni ambienti, quando il ragionevole e condivisibile obiettivo di rafforzare la lotta alle discriminazioni a sfondo sessuale si poteva tranquillamente condurre in altro modo. Si potrebbe dire che sono questioni tutto sommato marginali (soprattutto la prima), ma temiamo siano indicative di un clima.

Lo vediamo riproporsi sul tema della riforma della giustizia dove il ministro Patuanelli, persona che per altro passava come un politico ragionevole, si è sporto a dire che i Cinque Stelle non avrebbero accettato “mediazioni al ribasso”, dove con quella locuzione si intendeva dire che volevano imporre le stupidaggini fatte passare da Bonafede e dai suoi consiglieri.

Più in generale c’è un clima di grande incertezza che circonda i Cinque Stelle alla ricerca di una fisionomia definita “nuova”, sebbene non si capisca se ciò significa semplicemente affidata nelle mani di Conte (Grillo permettendo, e sembra non voglia farlo) o davvero orientata a fare dei passi avanti sostanziali rispetto agli integralismi ereditati dalle origini.

Non si tratta di aspetti secondari, perché se davvero l’attuale ultima fibrillazione in seno a M5S preludesse ad una messa in discussione dell’equilibrio che regge il governo Draghi rischieremmo di vedere involarsi dalla finestra quello che è appena entrato dalla porta, cioè il sostegno finanziario dell’Europa al nostro PNRR. I fondi europei non si possono usare secondo la logica del “prendi i soldi e scappa”, come si è fatto a volte in passato (in altri i casi li si è presi e li si son lasciati lì a marcire). Adesso bisogna attivare una complessa macchina che coinvolgerà non solo il governo centrale e le sue articolazioni, ma le regioni e in molti casi i comuni. Questo richiede che il sistema “tenga”, altrimenti tutto si inceppa.

Ora chi pensa che una componente della maggioranza non possa da sola mettere tutto a repentaglio, per di più ormai alle viste del semestre bianco, non tiene conto che lo scarto di lato anche di un solo elemento è in grado di ripercuotersi su tutti gli altri. Infatti che farebbero gli altri partiti se i Cinque Stelle si spingessero a ritirare il loro appoggio a Draghi? L’ipotesi al momento è di scuola, ma va comunque presa in considerazione. Si aprirebbe una lotta fra Lega e PD per intestarsi il sostegno a Draghi con riverberi sugli altri partiti, perché tutti saprebbero che quella sarebbe la premessa per votare subito dopo la nomina del successore di Mattarella.

Si obietta che non accadrà, perché sia Conte, sia Grillo, sia i Cinque Stelle sanno che sotto le macerie del sistema che fanno saltare resterebbero seppelliti loro per primi. Ci si deve però spiegare come si può andare avanti con il maggior partito parlamentare che passa il tempo a fare le bizze, mentre Salvini dovendo tenere testa alla Meloni non potrà mollare il suo lato demagogico e il PD di Letta alle prese con la speranza di un buon successo alle comunali nelle grandi città correrà come una farfalla impazzita a posarsi ora su questo ora su quell’interlocutore nella speranza di conquistarseli tutti. Il fatto è che mancano il tempo e lo spazio per un intervallo in cui darsi a queste pantomime di battaglie politiche. Il PNRR va messo subito sui binari e fatto partire.

Non solo per non disperdere la grande occasione che offre al paese, ma per farne la premessa di un futuro ruolo da protagonista che l’Italia può giocare nella ripresa europea complessiva. Il commissario Gentiloni ha detto di recente in occasione di un incontro di studio che a Bruxelles si lavora per valutare se la politica dei “bond” europei non sia da rendere stabile nell’ottica di finanziare grandi progetti trasversali all’intera Unione. Se ci si riuscisse sarebbe un’ulteriore svolta e per il nostro paese esservi inclusi, possibilmente con ruoli di rilievo, sarebbe essenziale.

Difficile che possiamo farlo se, per inseguire i tatticismi di politici senza visione, ripiombassimo nella parte dell’Italia paese di intrighi, fantasie, corporativismi e corto respiro.


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