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Beppe Grillo

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Si è rotto l’incantesimo e sulla griglia questa volta è finito lui, Beppe Grillo, il fondatore, l’Elevato che vuole allearsi con il “diavolo” Draghi (tra due ieri una telefonata) e ha fatto slittare il voto sulla piattaforma Rousseau, previsto per questa mattina. Frecciate, insulti persino scomuniche. Quell’invito diffuso sul web dall’ex comico “ad accogliere nei Meet-up” il presidente incaricato Draghi, non ha fatto ridere nessuno. Anzi. Men che mai quel “Mario è un grillino come noi..”, frase suonata come “vagamente provocatoria”.

L’ironia dell’istrione, la verve da showman, il clima da sit-comedy è sembrato fuori luogo. È come se ad uno dei suoi spettacoli, dopo una delle sue battute, al posto dell’applauso fosse seguito un silenzio tombale.

I gruppi parlamentari sono sul piede di guerra. C’è chi parla apertamente di scissione. “Non è da escludere – esce allo scoperto il deputato Pino Cabras – dire sì a Draghi significa dismettere le nostre battaglie storiche. Sulla piattaforma Zoom si è celebrato il V-Day dei ribelli. I più ostili – Barbara Lezzi, Bianca Granato, Andrea Colletti, Mattia Crucioli – si sono spinti già troppo avanti per tornare indietro. L’audio dell’intervento del senatore Elio Lannutti è diventato virale.

“Abbiamo scoperto che Mario Draghi, secondo Beppe, è un grillino a sua insaputa…lo conosco dal ’94 e di questa sua simpatia per i diritti, per la legalità e la Costituzione”, E ancora, rivolto agli attivisti: “il Movimento fu fondato da Beppe e da Roberto Casaleggio che forse da lassù starà scomunicando non solo noi ma anche Beppe Grillo”.

Terminate le consultazioni, si fa in tempo anche a fare un primo bilancio. “Il Recovery fund è nato per colmare il gap infrastrutturale tra Nord e Sud – osserva il senatore M5S Vincenzo Presutto – ma il tema del Mezzogiorno non mi sembra sia stato sollevato da nessuno ed è scomparso dalle consultazioni. È appena il caso di ricordare che se il nostro Paese avrà a disposizione il budget più alto è proprio per colmare queste disparità e queste finalità devono tornare al centro dell’agenda politica del nuovo governo”.

Quello che fino a qualche tempo fa era un esercito, dieci milioni di voti alle ultime elezioni, si è disperso. Chi è rimasto sta per uscire con le mani in alto perché la guerra è persa, il populismo è finito, l’apriscatole si è rotto. Ma c’è uno zoccolo duro del popolo grillino che non vuole deporre le armi. Per incontrarlo basta inoltrarsi nella giungla di post e tweet suscitati dall’appello del leader. Rabbia, stupore per quelle parole. “Mi spiace Beppe, purtroppo si diventa ciò che si odia”, è il commento più tenero. Tanto meno è piaciuta la decisione di spostare di qualche giorno il voto online, decisione dettata, a quanto pare, da una serie di sondaggi che davano vincente il No.

Grillo per troppo tempo si è chiamato fuori. Poi è tornato sulla scena perché mentre infuriava la crisi non poteva starsene al calduccio nella sua villa di Bibbona ma i suoi seguaci lo hanno disconosciuto. Lo guardano come si guarda un avatar, un sosia di Grillo planato dall’iperuranio. La sua uscita a piede libero, l’endorsement per Draghi ha minato granitiche certezze. Poco più di un discorso di un disilluso affabulatore.

Dietro le quinte c’è chi manovra per tornare in prima fila. Uno su tutti: Luigi Di Maio, che mal sopporta il ruolo di comprimario. L’ex ministro degli Esteri spinge per restare alla Farnesina ed è questa una pre-condizioni non scritte che Draghi dovrà valutare. Si muove con cautela anche il presidente della Camera Roberto Fico. Salvaguardare l’alleanza con il Pd gli spianerebbe la strada per la sua candidatura a sindaco di Napoli, la sua città. E tornare all’ombra del Vesuvio è sempre stato il suo sogno.

Una mano a Grillo la tendono i deputati delle Commissioni Ambiente e Attività che hanno diffuso un comunicato per dare il loro sostegno al fondatore. “Quando il nostro garante chiede che il nuovo governo abbia un ministero della transizione ecologica dice una cosa fondamentale, è arrivato il momento che il Paese riparta da nuove basi valorizzando il lavoro fatto fin qui su energia, trasporti, ambiente e infrastrutture, potenziandolo, mettendo in connessione i diversi aspetti e le potenzialità di politiche e progetti coordinati”. Un enunciato che equivale ad un endorsement, “saprà il presidente Draghi quali sono le forme e i modi migliori per ottenere il risultato di una visione sistemica e un’azione coordinata sotto i diversi profili, mettendo insieme competenze oggi troppo parcellizzate per poter agire con tempestività ed efficacia”. Si danno per scontato cose che forse ancora non lo sono. Ad esempio che sia il nuovo Super Ministero a gestire il Superbonus al 110% e gli incentivi per la mobilità elettrica prerogative oggi di altri dicasteri.

Il fermento agita la base e le insofferenze galleggiano sul web come sugheri. Il commento di Andrea Iuliano, così si firma un simpatizzante sul Blog del Movimento è uno tra i tanti. Critico ma civile a differenza di altri molto più offensivi. In una lettera aperta a Mario Draghi, Andrea dice che “fare un governo con tutti potrebbe apparire una missione di pace ma è una operazione politica già ben delineata e visibile agli occhi di tutti per incatenare i 5Stelle ad un governo che non lo vedrà protagonista ma succube”. Non potevano mancare i complottisti per i quali “tutto è stato studiato a tavolino da tanto tempo complice Mattarella per fare fuori il grande Giuseppe Conte. Mi fa sperare il suo silenzio. Non mi fido dei lupi”.


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