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NON sarà il nuovo governo di Mario Draghi uno di quegli esecutivi che nasconderà sotto il tappeto le problematiche più difficili e divisive. Possiamo scommettere che proverà a superare gli ostacoli piuttosto che evitarli.
Il primo tema, oggetto di una contrapposizione nella sua possibile maggioranza, tra Italia Viva e Cinque Stelle ma anche Lega, sarà l’utilizzazione dei fondi messi a disposizione dall’Europa con il MES. «Quella del Mes è una riforma peggiorativa– ha affermato recentemente Di Maio – l’Italia non userà il Meccanismo salva Stati, per quanto attiene alla problematiche sanitarie, finché al Governo ci sarà il Movimento 5 Stelle. Stiamo parlando di nuovo debito da caricare sulle spalle degli italiani, con un accordo peraltro preso al buio, senza alcuna garanzia».
La linea di finanziamento speciale denominata “Supporto alla crisi pandemica”, creata all’interno del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), è immediatamente disponibile avendo la Commissione Europea già stabilito l’accessibilità al finanziamento per l’Italia, così come per gli altri Stati membri.
Probabilmente Super Mario il problema del Mes lo risolverà solo con l’esserci. Sì, perché la diminuzione dello spread ha fatto sì che la convenienza a ricorrervi -sempre risorse a debito sono – sia diventata minore, e quindi probabilmente il tema si risolverà “per cessata materia del contendere”.
Cosa diversa é il provvedimento quota 100 che non è stato rinnovato dopo la caduta dell’esecutivo gialloverde, e per questo sarà in vigore solo fino al 31 dicembre 2021. Durante il Conte bis era stato annunciato che, nonostante la mancata proroga della misura sperimentale, ci sarebbero state nuove soluzioni di uscita graduale a partire dal 1° gennaio 2022 per dare continuità alla riforma delle pensioni.
Proprio l’insensatezza di tale intervento demagogico, in una realtà in cui l’età media continua ad aumentare per cui l’approccio corretto sarebbe quello di progressivamente far crescere il momento in cui si va in pensione per rendere sostenibile il sistema, ne determinerà l’accantonamento. Sono convinto infatti che con la scadenza naturale tale normativa sarà abolita, ma se esigenze politiche facessero propendere per il rinnovo, che questo avvenga sulla base del sistema contributivo. Perché é chiaro che se invece chi godrà del beneficio di quota 100 dovrà farlo avendo una pensione più alta di quanto gli toccherebbe, rispetto a quello che ha versato, sarà evidente che quello che sarà pagato con la fiscalità generale comporterà un trasferimento di risorse dal Nord al Sud. Perché é ovvio che la maggior parte di coloro che usufruiranno di tale possibilità saranno al Nord come accade che siano gli occupati.
Il terzo elemento divisivo è il reddito di cittadinanza. Molti si sono stupiti del numero di coloro che hanno diritto a tale sussidio. In verità non mi pare che c’era da stupirsi, ma era da attendersi questo numero consistente. Si pensi che nel Mezzogiorno con 21 milioni di abitanti ci sono 6 milioni e 100.000 occupati, compresi i sommersi, dati pre-covid. L’esigenza di posti di lavoro è di circa 3 milioni per arrivare al rapporto occupati popolazione delle realtà a sviluppo compiuto, come ci ricorda anche Svimez. Era evidente che buona parte di coloro che non hanno un lavoro si attivassero per avere il reddito di cittadinanza. Ed in Sicilia sono nell’ordine dei 550.000, qualcosa in più in Campania. Ci saranno molti altri che non hanno un lavoro ma che non hanno le condizioni per accedere a tale aiuto, perché magari hanno una casa e degli altri redditi o sono nella dichiarazione dei redditi dei genitori.
Non credo che si potrà tornare indietro rispetto a tale provvedimento ma certamente dovrà essere separato dalle politiche attive del lavoro, presentandolo per quello che è: un sistema di aiuto momentaneo a chi è in difficoltà. I navigator saranno un ulteriore problema perché il tema non è quello di fare incontrare domanda ed offerta di lavoro, quanto di crearli i posti di lavoro.
Un altro elemento divisivo è certamente quello che riguarda il ponte sullo stretto. Probabilmente la riflessione va fatta piuttosto che sull’attraversamento stabile sull’alta velocità che dovrebbe collegare Salerno ad Augusta/Palermo. Quel completamento del corridoio 1, Berlino Palermo, tanto voluto dall’Unione e sempre accantonato dal nostro Paese. Si tratta di una dorsale importante che potrebbe mettere a regime il porto che è dirimpettaio di Suez, quello di Augusta/Pozzallo di cui ci ricordiamo solo quando qualcuno chiede un porto sicuro. Attraendo molti traffici che oggi vanno a Tangeri piuttosto che a Rotterdam. E che potrà convivere anche con questi scali, perché il il commercio nel Mediterraneo aumenterà a ritmi elevati nei prossimi anni. Ma anche bonificare quell’Amazzonia che oggi è la Calabria.
Bene il costo dell’alta velocità se dovesse essere fatta da zero è di 50 milioni a km per cui gli 800 km da Salerno ad Augusta/Palermo dovrebbero costare circa 40 miliardi. Se aggiungiamo il costo dell’attraversamento stabile arriviamo a qualcosa come 50 miliardi. E chiaro che questa è una cifra importante e che sarà difficile che possa essere destinata a questa grande infrastruttura dalle risorse del Recovery plan. Peraltro il tema del ponte è estremamente divisivo e vede contrari Leu, i Cinque Stelle, parte del Pd e favorevoli tutti gli altri fino alla Lega, e sarà un tema di quelli che probabilmente il presidente Draghi, al di là della sua volontà dovrà trovare un modo per risolvere con qualche via di fuga diversa e più credibile di quella adottata dal governo giallo rosso, tunnel o ponte sospeso, commissione per l’esame che doveva dare i suoi risultati entro dicembre e di cui non si è saputo più nulla.
C’è un ultimo elemento di conflitto ma questa volta è tra quasi tutta la struttura della politica che appoggia il governo e Draghi e riguarda il blocco dei licenziamenti. E’ chiaro che la serra nella quale abbiamo messo le aziende in questo momento dovrà essere aperta, perché il rischio che altrimenti quando si aprirà la realtà sottovuoto, improvvisamente spalancata, ci sia uno tsunami sarà molto elevato. E allora siccome bisogna preservare solo il lavoro che ha possibilità di sopravvivere è necessario che ci siano strumenti diversi per garantire coloro che saranno licenziati, dando all’azienda la possibilità di riorganizzarsi, anche licenziando. Non sarà una passeggiata mister President.
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