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Matteo Salvini all’uscita delle consultazioni con il presidente incaricato Draghi

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Ora che che il perimetro della maggioranza s’è dilatato a dismisura fino a comprendere i leghisti è lecito chiedersi: che fine farà “la vertenza Mezzogiorno”? Scomparirà dall’orizzonte governativo? E il presidente incaricato Mario Draghi riuscirà a “normalizzare” il Carroccio? Il baco corrosivo della perequazione territoriale, la sanità privatizzata e regionalizzata, lo sviluppo infrastrutturale delle aree svantaggiate, lo scippo perpetrato ai danni del Sud. I temi divisivi non mancano. Si parlerà ancora dei Lep, di riforma del Titolo V, di coesione o verrà tutto accantonato in nome delle larghe intese? E i super governatori del federalismo esasperato rialzeranno la cresta?

«NON SIAMO UNA MINACCIA»

La Lega al governo per il Sud è poco meno di una provocazione. «Non credo proprio, anzi – è la risposta di Raffaele Volpi, 60 anni, deputato del Carroccio e sottosegretario alla Difesa nel Conte1 – del resto se il Mezzogiorno è in queste condizioni non è certo per colpa della Lega. E ora con la messa a terra del Recovery fund, sono previsti importanti investimenti per il Sud. Non mi riferisco al Ponte sullo Stretto, che può piacere o meno, penso a progetti vitali per lo sviluppo, alla pianificazione, alla concretezza, una parola che a noi piace molto».

SEGRETARIO ALLA DIFESA NEL CONTE 1

Per oltre 4 anni, Volpi, salviniano doc, primo leghista ad aver messo le mani nei cassetti segreti del Copasir di cui è stato presidente, ha cercato di trapiantare nel Mezzogiorno il dogma padano mimetizzandolo nel motto “Noi con Salvini”. «Conosco meglio il Sud del Nord», ama spesso dire Volpi, che vive però all’emisfero opposto, nel cuore della Lombardia, nella Franciacorta. «Il Sud ha un enorme potenziale ed è interesse di tutto il Paese svilupparlo. Se si fa, noi ci stiamo. Parlare di pianificazione vuol dire però fare le cose per davvero. Stabilire i vari passaggi: vocazione del territorio, filiera, piattaforme essenziali, tipo servizi, rifiuti acqua elettricità, e poi la parte infrastrutturale, logistica, elettronica trasmissione dei dati. L’esatto contrario delle opere pubbliche realizzate finora per far comodo agli amici. Per stare nelle parole di Draghi: realizzare queste opere al Sud vuol dire fare debito buono e non cattivo».

PIÙ SOLDI AL SUD? UN VANTAGGIO PER IL PAESE

All’atto pratico bisognerà accettare che la maggior parte dei 209 miliardi stanziati della Ue vengano utilizzati per il Sud. Che per una volta il Mezzogiorno sia la priorità. «E sarà un vantaggio per tutto il Paese e anche per il Nord – riprende l’ex sottosegretario alla Difesa – Non so se questo governo si farà o no. Posso dire però che del presidente della Repubblica non sono mai banali e in particolare non lo sono state in questo momento. Noi abbiamo al Sud un potenziale enorme. E lo dico con cognizione di causa. Il Nord ha una sua storia, una sua impostazione. Si potrà recuperare qualche area dismessa ma non cambiare la storia e la vocazione del territorio. Al Sud abbiamo un terreno fertile. Nella sfortuna del non sviluppo c’è la fortuna di poter individuare quelle filiere che sono proprie del Recovery fund e senza che le decisioni arrivino da Roma. Lo decidano i calabresi se puntare sulla fabbrica o sul turismo, se fare agricoltura selettiva di eccellenza o industria cantieristica. E continuo a chiedermi come sia possibile che il nostro Meridione non sia ancora diventato l’hub portuale del Mediterraneo».

SÌ AL COORDINAMENTO DEI GOVERNATORI DEL SUD, “NI” AL MINISTERO DEDICATO

È cambiata la fisionomia del malaffare, gli stereotipi riconducibili alla doppietta a canne mozze e alla coppola. Restano però molti interrogativi. Che ne sarà, ad esempio del ministero del Sud? Verrà riconfermato o cancellato? «Con tutto il rispetto per l’ottimo Provenzano, credo sia nell’interesse del Mezzogiorno uscire da questa particolarità. Perché auto-ghettizzarsi? Il Sud ha tutte le capacità di lavoro e di crescita senza avere qualcosa di dedicato. Le regioni devono avere una loro forza di interlocuzione. Detto questo, se poi ci deve essere un ministro per il Sud facciamolo pure ma, secondo il mio modo di pensare, dovrebbe essere il Sud il primo a dire: non lo voglio. Mi sembra una cosa molto interessante invece quel coordinamento dei governatori del Sud. Può fare da contrappeso». Corsi e ricorsi storici. Il piano Marshall che stanziò per l’Italia 13,3 miliardi di dollari, che contribuì tramite i prestiti alle grandi aziende a rafforzare il perimetro ristretto del Triangolo industriale Milano-Torino-Genova. Quel flusso si sarebbe però arrestato se alle elezioni del 1948 avesse vinto il Fronte popolare e non la Democrazia cristiana. Mutatis mutandis la situazione oggi è la stessa. Chi ci dice che la Ue confermerà i finanziamenti a un’Italia governata da sovranisti anti-europeisti?


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