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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte

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CINQUANTACINQUE linee progettuali, tre in più rispetto alle 52 previste finora. Più investimenti e meno bonus e sussidi. Salvo il Superbonus 110% – e i “suoi” 22,4 miliardi – ma la sua estensione al 2023 viene limitata ai soli interventi per gli immobili Iacp, le case popolari. Una percentuale più alta di fondi aggiuntivi rispetto a quelli sostitutivi. Maggiori risorse per la sanità – che raddoppia la sua dote da 9 a 18 miliardi – e per il Sud cui sono destinati 14 dei 26 miliardi del capitole ferrovie. Ma anche più fondi per i giovani e la ricerca.

Questo il “perimetro” della nuova bozza del Recovery plan illustrato ieri al presidente del Consiglio dal Consiglio, Giuseppe Conte, dal ministro dell’Economica, Roberto Gualtieri, che si è recato a Palazzo Chigi accompagnato dai titolari del dicastero del Sud, Giuseppe Provenzano, e degli Affari economici, Vincenzo Amendola che con lui e gli uffici del Mef hanno lavorato negli ultimi giorni alla rielaborazione del documento. La bozza, come ha anticipato lo stesso Conte, sarà ora sottoposta alle forze di maggioranza «per operare una sintesi complessiva, che valga a selezionare gli investimenti e le riforme più utili a modernizzare il Paese».

Poi il nuovo progetto di ripresa finanziato con i fondi del Next Generation Eu verrà portato in Consiglio dei ministri per l’approvazione, e quindi in Parlamento per il confronto con tutte le forze politiche e poi con le parti sociali. Il documento presentato dal Mef a Palazzo Chigi propone una revisione dei saldi che tiene contro delle indicazioni dei partiti, ma anche un ampliamento di visione, si sottolinea, che tiene conto di tutte le risorse disponibili, dal Recovery Fund ai fondi di sviluppo e coesione. Anche su iniziativa del ministro Provenzano, infatti, il progetto illustrato al premier, considera l’impiego di parte dei fondi di coesione, circa 20 miliardi, per gli investimenti da realizzare nel Mezzogiorno: risorse da destinare a opere nuove, non per finanziare progetti già programmati.

La bozza prevede anche un aumento della quota di investimenti pubblici che rispetto alla precedente versione dovrebbe arrivare al 70%, mentre di conseguenza le somme destinate agli incentivi si attesterebbero al 30%. I fondi aggiuntivi, poi, salirebbero da 105 a 118,8 miliardi, mentre quelli sostitutivi dovrebbero essere pari a 66,6 miliardi. La trasversalità “conquistata” dal Mezzogiorno – su indicazione del Mef, in sintonia con Conte – dovrebbe, quindi, assicurargli una quota maggiore di investimenti nella sanità, per le infrastrutture, con una spinta sull’alta velocità e le reti di connessione tradizionali, per gli asili nido (cui la nuova bozza destina 3,6 miliardi e uno per le scuole materne), per la banda ultra larga, i porti. Occorrerà vedere come verrà declinata una volta definiti i progetti e messi a terra.

«La nuova versione del Pnrr – ha affermato Conte in un lungo post pubblicato si Facebook – punterà con ancora maggior decisione sugli investimenti, soprattutto quelli ad alto impatto sulla crescita, sulla trasformazione dei settori e sulle filiere innovative. Maggiori risorse saranno destinate, in particolare, alla salute, ai giovani, al terzo settore, agli asili nido e alle persone con disabilità.

Per mirare al superiore interesse dei cittadini dovremo condurre il confronto e selezionare le proposte finali in base alla loro intrinseca bontà, alla loro coerenza di sistema, e alla loro sostenibilità sociale e ambientale. La piena disponibilità al dialogo predispone anche ad accogliere le buone idee degli altri». Il premier ha voluto dar merito ai partiti di maggioranza per il contributo che ha portato alla stesura della nuova bozza. «Le proposte e le osservazioni sin qui indicate dalle forze politiche si sono rivelate contributi utili ad arricchire e a migliorare il piano», ha sottolineato.

Ma soprattutto è sembrato intenzionato a “costruire” una tregua al braccio di ferro con Italia Viva – e non solo – che che da giorni tiene il governo in bilico. Ha parlato delle sfide impegnative che il governo ha davanti, dalla crisi sanitaria a quella economica all’imponente campagna di vaccinazione. «Per raggiungere questi obiettivi occorrono piena dedizione, lucida determinazione, intelligente lungimiranza Una premessa imprescindibile – ha detto – è rafforzare la coesione della maggioranza e, quindi, la solidità alla squadra di governo».

Parole che paiono indicare una rassegnazione al rimpasto. «Se percorreremo questo cammino con senso di responsabilità, avremo la più salda garanzia di andare nella direzione giusta, perseguendo l’interesse generale. Qualsiasi altra iniziativa o intervento che si ponga al di fuori di questo tracciato non mi appartiene e non mi riguarda – ha aggiunto – Questo è il limite che mi sono sempre imposto, dall’inizio del mio mandato. Non è mai venuta e mai verrà meno, da parte mia, l’apertura al confronto e all’ascolto delle forze che sostengono il governo. Ho sempre lavorato per raccogliere tutte le proposte migliorative su ogni tema o provvedimento sin qui adottato e così sarà anche in futuro, perché è questo che ci chiedono i cittadini».

Parole che sono state registrate come un’apertura da Italia Viva: «Da quello che si legge il governo sembra aver cambiato idea, segno che forse le idee di Italia viva non erano così male», ha affermato, infatti, Matteo Renzi. Per poi però tornare a lanciare il guanto di sfida. «Il presidente Conte ha detto verrò in Senato, quasi sfidandoci, lo aspettiamo lì».


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