Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
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IN ATTESA di vedere come finirà lo show down fra Conte e Renzi, la politica ha vissuto un’altra giornata che non ci sentiamo di definire gloriosa. Apparentemente avrebbe potuto esserlo con la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo arbitrariamente detenuti in Libia, ma tutto è avvenuto in un modo che suscita troppi interrogativi e perplessità.
IL RICATTO
Innanzitutto i due equipaggi erano stati sequestrati e trattenuti in spregio a qualsiasi legge e convenzione internazionale. Anche prendendo per buona l’accusa dei libici che avessero violato le loro acque territoriali (stabilite con arbitrio, ma lasciamo perdere), c’era materia per una multa con sequestro delle due imbarcazioni, non certo per la detenzione degli equipaggi. In più chiaramente era stato detto che questo atto serviva per ottenere uno “scambio” con quattro scafisti libici, arbitrariamente definiti “calciatori”, che erano detenuti in Italia con l’imputazione di un reato molto pesante e definito dal codice italiano e da quelli internazionali.
Aggiungiamoci che tutto poi avveniva non ad opera di uno “stato” membro della comunità internazionale, ma di una incerta entità autoproclamatasi stato senza però alcun riconoscimento formale in tale senso. Peggio ancora: questa autoproclamata autorità non era neppure in grado di comportarsi in maniera degna di quello stato che ambirebbe ad essere, ma operava come le bande di varia natura che si occupano di sequestri. Ebbene, in questo contesto si sono mossi per andare a “riprendere” i sequestrati il presidente del Consiglio e il ministro degli esteri, cioè i vertici dello stato italiano? E questo succede negli stessi giorni in cui i due ingoiano senza poter reagire che il sistema dittatoriale egiziano rifiuti di riconoscere la colpevolezza di suoi aguzzini che hanno torturato e assassinato un nostro connazionale, che non era neppure colpevole di alcuna delle accuse su cui questi incapaci andavano investigando. Non è davvero un bel vedere.
LE REAZIONI NEL MONDO
Che le opposizioni abbiano approfittato dell’occasione per denunciare la sceneggiata di un governo troppo spudoratamente a caccia di servizi incensanti sui media era il minimo che ci si potesse attendere. Più pacatamente ci sarebbe da interrogarsi su come sarà giudicata questa passerella nelle cancellerie dei vari paesi e nei loro gruppi dirigenti. Sono ricadute che contano non meno del comprensibilissimo sollievo delle famiglie dei sequestrati, che avrebbero dovuto essere liberati anche molto prima mostrando che il nostro non è un paese che si fa tenere in scacco da forze irregolari che fingono di essere uno stato.
Il fatto è che ormai siamo sempre più in presenza di un contesto in cui non c’è più nessuno in grado di decidere qualcosa in maniera tempestiva e comprensibile. Prendete la vicenda non ancora conclusa delle misure anti epidemia da prendere per il periodo natalizio. In Gran Bretagna e Germania hanno già deciso da tre giorni, da noi si è incapaci di scegliere mentre si litiga, ci si rimpalla, si negozia non si sa su cosa. Il re di Svezia ha chiesto scusa perché si è sottovalutata la gravità del problema e non si sono fatte le scelte giuste. Da noi nessuno si prende la responsabilità di nulla. Eppure non sono passati mesi da quando ci è stato spiegato che tutto era chiarissimo, perché il governo, basandosi sui “tecnici”, aveva elaborato i famosi 21 parametri in base ai quali era possibile decidere in automatico zona per zona.
Quello strumento di misura è stato messo in un cassetto. Perché? Non funzionava? E allora se ne assumano la responsabilità i tecnici e quelli che li hanno avvallati. Oppure continuano ad avere una loro validità: e allora si applichino subito. Francamente a noi sembra che si viva in un eterno talk show in cui ciascuno specula su come intestarsi un ipotetico successo su cui scommette. Se chiudiamo tutto e la curva dei contagi avrà un andamento benevolo ci diranno bravi, perché sosterremo che è grazie alle chiusure che è andata così, anche se potrebbe benissimo darsi che risultati non molto diversi siano ottenibili anche con meno inclinazioni alle soluzioni draconiane.
IL MIRACOLISMO
Se facciamo meno i Dracone di cartapesta, e ci andrà bene, perché i contagi non si impenneranno, saremo glorificati come quelli che ci hanno liberato dalla dittatura pseudo sanitaria. Intanto tiriamo alla lunga sulle decisioni, senza tenere in conto che la gente si esaspera perché non le è dato modo di organizzarsi e di adeguarsi mentalmente alla nuova situazione, quale che sia. Il tutto peraltro mischiando miracolismo e inedia. Il miracolismo è puntare tutto sulla campagna vaccinale, come se dopo la prima iniezione iniziasse una rapida uscita dall’incubo del virus (naturalmente tutti dicono di no, ma strizzando l’occhietto).
IL LOGO DEL VACCINO
In compenso non ci siamo risparmiati la sceneggiata: oltre alla somministrazione dei vaccini, che stanno già facendo o faranno in tutto il mondo, noi avremo un logo apposito e degli appositi contenitori da sistemare in piazza per fare le vaccinazioni. Progettazione gratis, per carità, e tutto realizzato in materiale riciclabile, ci mancherebbe! Poi qualcuno ci spiegherà che bisogno c’era comunque di spendere dei soldi per realizzare i contenitori e per montarli e smontarli. Non abbiamo notizia che negli altri paesi stiano facendo cose simili, ma può darsi che non siamo informati, e soprattutto che sottovalutiamo che noi italiani quanto a sceneggiare tutto abbiamo un certo talento naturale.
Può sembrare che ci stiamo occupando di quisquiglie, mentre c’è una situazione economico-sociale preoccupante ed una politica in piena nevrosi. Ma magari anche l’inedia verso queste è spia di un malessere su cui sarebbe opportuno riflettere.
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