Il ministro per la Salute, Roberto Speranza
5 minuti per la letturaIL PAESE idealmente diviso in tre aree, corrispondenti a tre diversi scenari di rischio, con misure via via più restrittive fino al lockdown, modulate in base alle diverse soglie di criticità riscontrate in ogni regione. E questo in una cornice nazionale che prevede una pacchetto di misure omogenee per l’intero territorio: didattica a distanza al 100% per le scuole superiori, centri commerciali chiusi nel weekend – ad eccezione delle farmacie parafarmacie, nei negozi di generi alimentari, tabacchi ed edicole – chiusi i corner per le scommesse e videogiochi ovunque si trovino.
Chiusi i musei e le mostre. Capienza dei mezzi di trasporto pubblico locale ridotta al 50%. Limiti agli spostamenti da e verso le regioni con coefficienti di rischio elevati, eccezion fatta per ragioni di lavoro, studio e salute. E limiti alla circolazione delle persone nella fascia serale: il coprifuoco nazionale dovrebbe scattare intorno alle 21, ma c’è chi lo vorrebbe far partire alle 22. Sarà un’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, a determinare l’inserimento di una regione all’interno di una delle tre fasce – e l’automatica applicazione delle misure previste – sulla base dei coefficienti di rischio. Sempre un’ordinanza di Speranza decreterà l’eventuale passaggio da una fascia a un’altra.
Intanto, Calabria, Piemonte e Lombardia, secondo i dati dell’ultimo monitoraggio dell’Iss, potrebbero essere le prime regioni a dover adottare le misure più restrittive, fino a lockdown locali. La situazione è in evoluzione, i dati aggiornati attesi per oggi potrebbero registrare un nuovo trend. Alla Camera prima e al Senato poi, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha illustrato le misure del nuovo Dpcm da varare con urgenza, «anche prima di mercoledì», data inizialmente fissata per le sue comunicazioni in Parlamento. La curva dei contagi continua inarrestabile la sua scalata: il quadro epidemiologico che emerge dal rapporto redatto da Iss e ministero della Salute, e condiviso in sede di Conferenza delle Regioni, «è in via di transizione verso lo scenario 4» per alcune regioni che «già accusano il rischio di tenuta dei servizi sanitari»: «11 Regioni e Province autonome sono classificate a rischio elevato di una trasmissione non controllata di Sars-CoV-2; altre 8 Regioni e Province autonome sono classificate a rischio moderato, con una probabilità elevata di progredire a rischio alto nel prossimo mese», ha sottolineato il premier aggiungendo che «esiste un’alta probabilità che 15 Regioni superino le soglie critiche di terapia intensiva e di aree mediche nel prossimo mese».
Ieri il bollettino del ministero della Salute registrava 22.253 nuovi casi positivi e 233 morti. Eppure la fretta del premier deve fare i conti con le resistenze delle Regioni che, come è emerso anche dalla Conferenza Stato Regione – cui hanno preso parte anche i ministri Boccia e Speranza e il commissario Arcuri – avrebbero voluto una completa ed esclusiva assunzione di responsabilità sulle chiusure da parte del governo – che valuta, invece, misure diverse secondo il livello di criticità -, con una norma omogenea su tutto il territorio nazionale. Il braccio di ferro rischia di allungare i tempi per il Dpcm che il premier vorrebbe varare oggi, in modo che possa entrare in vigore già domani. Regioni permettendo.
Ancora una volta il capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha sentito la necessità di intervenire, “incontrando” in video conferenza il presidente della Conferenza Stato Regioni e della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e il governatore della Liguria, Giovanni Toti, di fronte ai quali ha ribadito il ruolo decisivo delle Regioni nel fronteggiare la pandemia, auspicando la più stretta collaborazione tra tutte le istituzioni dello Stato. In particolare, al tavolo degli enti locali, il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha chiesto «misure di prevenzione e contenimento del contagio semplici e di carattere nazionale». Sulla stessa linea quello della Lombardia, Attilio Fontana. Dai governatori è arrivata poi la richiesta al governo di garanzie sul congedo parentale e sui ristori per le categorie interessate dalle nuove restrizioni. Il premier, nel suo discorso alle Camere, ha assicurato che «il governo non intende indietreggiare di un millimetro rispetto al proposito di garantire la più ampia protezione economica possibile ai lavoratori, alle imprese e alle famiglie italiane», impegnandosi a «fornire tutto il sostegno necessario, per tutto il tempo necessario e nella misura in cui sarà necessario».
Nuove misure – su cui il presidente del Consiglio, ha affermato di star già lavorando con i ministri dell’Economia, Roberto Gualtieri, e dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli – potrebbero essere inserite nella legge di bilancio per sostenere le categorie colpite dalle nuove restrizioni ma anche quelle escluse dal decreto Ristori che copriva solo le partite Iva. Si lavora sui potenziali ulteriori risparmi dalle spese già autorizzate per il 2020, mentre un nuovo scostamento di bilancio non sarebbe all’ordine del giorno per ora, anche se ad evocarlo nella aule parlamentare sono stati ieri due esponenti della maggioranza, il deputato di Leu Stefano Fassina, e il sottosegretario al Mef, Mattia Villarosa dei Cinque stelle.
Al Senato, intanto, il premier ha annunciato che «il ministero della Salute, sta già elaborando un piano di distribuzione dei vaccini così che quando arriveranno le prime dosi potremo procedere in modo organizzato, secondo un piano ordinato». Priorità «agli operatori più esposti al pericolo» e alle «fasce della popolazione più fragili e vulnerabili» tra cui, ha sottolineato Conte, «il governo considera anche le persone più anziane, sono i nostri cari, i nostri genitori, i nostri nonni che hanno consentito di vivere al nostro Paese il miracolo economico». Con buona pace del governatore Toti e del suo infelice tweet.
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