Vincenzo Presutto, primo firmatario dell'interrogazione sull'operazione verità
5 minuti per la letturaNEL PAESE dei bugiardi i cani miagolano e i gatti abbaiano. Poi arriva qualcuno che, come il Gelsomino del racconto di Gianni Rodari, inizia a dire pane al pane e vino e al vino e la verità viene a galla. Una favola? No. La storia della ripartizione delle risorse pubbliche tra il Nord ed il Sud e del modo in cui per anni è stato perpetrato lo “scippo”. Una battaglia che questo giornale porta avanti da sempre e che ora verrà affidata a livello istituzionale ad una sorta di “sottocommissione” formata da Banca d’Italia, Istat e Upb (Ufficio parlamentare di bilancio). Poi succede che grazie ad un articolo («Quei privilegi differenziati che come la bussola indicano sempre il Nord», a firma del professor Adriano Giannola, presidente della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), la questione finisca in Parlamento.
E che un’interrogazione firmata dal senatore pentastellato Vincenzo Presutto e da altri 23 senatori M5S e la senatrice di Forza Italia Gabriella Giammarco, finisca sul tavolo del ministro dell’Economia chiamato a rispondere circa l’esistenza di una forte sperequazione tra Nord e Sud nell’allocazione della spesa pubblica a tutto vantaggio del primo: “il ministro Roberto Gualtieri chiarisca…”. Arriva in Parlamento. O meglio torna. La commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario guidata dalla deputata Carla Ruocco aveva infatti già avviato una indagine conoscitiva durata 6 mesi sui sistemi tributari delle regioni convocando in audizione tra l’ altro anche il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia. Il primo passo dell’ operazione verità per smascherare le storture che l’attuazione del federalismo fiscale nella prospettiva dell’autonomia differenziata si trascina dietro.
LA CAMPAGNA PREVENTIVA CONTRO IL SUD: “EVITIAMO SPRECHI”
Il Nord riceve annualmente 60 miliardi di euro più del Sud in termini di risorse complessive. Il costo delle erogazioni pensionistiche non coperto dai versamenti contributivi che va incluso nella valutazione della spesa pubblica attribuibile ai diversi territori e non spalmato sulla fiscalità generale. «Il Nord – si legge nell’interrogazione – riceve maggiori erogazioni per pensioni anticipate (metodo contributivo) grazie ad una platea di individui che, essendo entrati prima nel mondo del lavoro, godono della pensione per un numero maggiore di anni e che in genere hanno pensioni di importo superiore rispetto alle pensioni di vecchiaia». Va calcolato il complesso della spesa pubblica attivata da un aggregato pubblico ampio, insieme delle amministrazioni centrali, delle amministrazioni locali, degli enti previdenziali e delle società partecipate. Le quali, di norma, attivano spese per importi maggiori al Nord rispetto al Sud. Sarà un caso da qualche mese a questa parte – fatalmente in vista del Recovery fund – è partita una campagna in direzione opposta e contraria.
Prima il professor Andrea Giovanardi su Il Foglio, poi Giampaolo Galli e Giulio Gottardo (Osservatorio sui conti pubblici italiani) su Repubblica, hanno sostenuto che l’operatore pubblico non può decidere come allocare a livello territoriale. Né la spesa pensionistica (che dipende dai contributi versati), né le imprese pubbliche (che dipendono dalle regole del mercato. Con il paradosso che, essendo al Sud il costo della vita notevolmente inferiore rispetto al Nord, il Mezzogiorno risulterebbe addirittura favorito (sig..). Fin qui il dibattito sulla diversa allocazione delle risorse tra Nord e Sud. Con l’aggiunta di qualche ulteriore intervento finalizzato a scoraggiare l’utilizzo dei fondi del programma Next Generation Eu nel Mezzogiorno. Sud. in quanto – hanno sostenuto di recente Francesco Drago e Lorenza Reichlin – nel Mezzogiorno non ci sarebbero gli interlocutori adatti, i soggetti che «possano dare le gambe». Per cui meglio, la conclusione meglio «evitare sprechi».
PRESUTTO: RISPETTARE ALMENO LA CLAUSOLA DEL 34%
Quanto tutto questo chiacchiericcio scomposto si ricolleghi al tema dell’autonomia differenziata, alla capacità fiscale di una regione e ai meccanismi perequativi è di tutta evidenza. Vincenzo Presutto è il vicepresidente della Commissione parlamentare bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Fa parte del gruppo dirigente pentastellato con la qualifica di “facilitatore” in ambito economico. Ma va da sé che l’interrogazione presentata ieri richiede una risposta tutta politica. Chiede in che modo si vogliano utilizzare i 209 i miliardi di euro che l’Unione europea ha concesso all’Italia. La quota più alta in assoluto, di cui una parte consistente per rilanciare lo sviluppo delle aree più arretrate.
E chi è più arretrato del nostro Meridione, dove l’ultima serie di grandi interventi risale agli anni ’50, gli anni in cui operava la Cassa del Mezzogiorno? «L’Italia – ricorda Presutto – sarebbe chiamata per lo meno a rispettare la clausola del 34 per cento, il che darebbe al Mezzogiorno la disponibilità di 71 miliardi di euro, percentuale che allo stato dei fatti risulta inadeguata a colmare il divario tra Nord e Sud. Per la prima volta nascerà una sorta di sottocommissione. Un gruppo composto da un rappresentante di Banca d’Italia, Istat e l’Ufficio parlamentare di bilancio per stabilire i criteri e chiarire la discordanza tra le valutazioni della Svimez e quelle dell’Osservatorio dei conti pubblici italiani e i dati di spese fonte CPT (conti pubblici territoriali elaborati dall’Agenzia della coesione)».
Da qui l’opportunità di un confronto anche sul piano metodologico per un corretto utilizzo dell’informazione statistica nella valutazione dei flussi territoriali delle spese e delle entrate pubbliche. Si chiede di fare chiarezza sulla ripartizione della spesa pubblica, fornire voci di spesa, valutare l’intervento pubblico per far luce sul reale gap esistente, superando qualsiasi contrapposizione di carattere accademico, e togliendo qualsiasi dubbio interpretativo. Quello che noi abbiamo “operazione verità”.
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Citazione:
No, il delta riguarda le pensioni calcolate col metodo retributivo, parte delle quali non è coperta dai contributi pensionistici versati, per cui deve supplire la fiscalità generale (in realtà, supplisce la stessa gestione INPS, che, al netto delle imposte e dell’assistenza, è in attivo).
Tale considerazione rileva anche ai fini dell’operazione verità, perché (come ho già segnalato in calce all’articolo del prof. Adriano Giannola (https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/le-due-italie/2020/09/18/quei-privilegi-differenziati-che-come-la-bussola-indicano-sempre-il-nord/ ) dalla spesa pensionistica lorda vanno detratte le imposte, che per lo Stato sono una partita di giro, dal momento che tutti i pensionati, inclusi quelli del Nord, incassano la pensione al netto delle imposte, che, peraltro, sono le più alte sia in ambito UE che in ambito OCSE (oltre 50 mld, 2,9% del PIL).