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Luigi Di Maio subito dopo essere stato colpito dal gavettone

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IL GAVETTONE: non era certamente questo il “bagno di folla” al quale aveva pensato il ministro degli esteri, Luigi Di Maio, andando in piazza a San Giorgio a Cremano, nella natia Campania per la natia campagna a favore del sì per il prossimo referendum e per la pretendente grillina al trono di Napoli, città che conobbe altri troni e altri monarchi, prima che da lassù arrivassero i piemontesi.

E per la verità Giggino, come è affettuosamente spesso e talvolta denigratoriamente chiamato, il ministro (‘O ministro), aveva potuto tuffarsi, mascherinato perché lui non è un Matteo qualunque, in una folla di questuanti di selfie, qualcuno ma solo qualcuno a viso scoperto e tutti armati di cellulare dì ordinanza a registrare la visita dell’autorità al gazebo. Tutto andava per il meglio per il ministro e i suoi sostenitori, quando da mezza altezza fra la bella terra di Campania e le stelle (più di cinque) su nel cielo, invisibili in quel momento, è piovuta, da una terrazza, l’acqua gelata del gavettone. Una specie di involontario sequel del celebre “ice bucket challenge”, sfida che un lustro fa ha entusiasmato celebrities e followers, un secchio d’acqua gelata e una donazione per combattere la Sla, iniziativa alla quale aderirono tra i tantissimi Bill Gates e campioni dello sport, come Federica Pellegrini, sempre pronti a partecipare non solo alle competizioni ma anche alle buone cause ed a quelle civili.

Giggino non ha fatto una piega: del resto un vero diplomatico non si scompone di fronte a niente ed il ministro degli Esteri è il numero uno della diplomazia, quell’arte politica che fu magistralmente svelata dal poeta romano e romanesco Trilussa che concludeva un suo sonetto su quest’arte con le seguenti terzine: “Presempio, s’io te dico chiaramente/ ch’ho incontrato tù moje con un tale/ sarà sincero sì, ma so imprudente./ S’invece dico – Abbada co chi pratica -/ tu resti cò le corna tale e quale/ ma te l’ho detto in forma dipromatica”.

Chi, invece, ha avuto una reazione spesso scomposta nei confronti di quella riedizione anche di un vecchio scherzo di caserma ai tempi della leva obbligatoria, è stato l’esercito del web. Qualche solito idiota, neppure utile, ha chiesto l’analisi di laboratorio del liquido precipitato, augurandosi che non si trattasse d’acqua semplice; qualche altro ha tirato fuori la cantilena sui fascisti di rimbalzo. Bello quel cinguettio che, riportandoci a San Giorgio a Cremano come luogo natale di un genio quale fu Massimo Troisi, ha semplicemente scritto: “Pensavo fosse amore, invece era un gavettone”. Con Troisi era un calesse. Non ci resta che ridere. Anche il ministro avrà sorriso: è la terra di Eduardo, del pernacchio, di Totò, dello sberleffo, di Massimo Troisi, della smorfia. Canta Napoli. Tra le tante secchiate d’altro che i politici si gettano l’un l’altro a generale disdoro, manco fossero i ruffiani e gli adulatori dell’Inferno dantesco, una boccata d’acqua pulita, in mancanza d’aria altrettale con l’inquinamento che tira, ci sta. Che non sia preso per istigazione al gavettone…


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