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I banchi del governo Conte bis in Senato

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Scaduti. Persi nel nulla della giungla legislativa italiana. È il destino del 29% dei decreti attuativi previsti dal governo Conte. Diventare obsoleti, inutili, andare a male come una bottiglia di latte lasciata fuori dal frigo. Siamo specialisti del settore. Scegliamo la strada più breve per decretare d’urgenza ma poi al momento di definire le norme che dovrebbero far funzionare le leggi ci blocchiamo come Stendhal dinanzi al capolavoro della nostra inconcludenza.

125 DECRETI SCADUTI

Ma vediamo nel dettaglio. Con una premessa: i numeri che d’ora in poi citeremo sono aggiornati dall’Ufficio per il programma di governo. Una costola della presidenza del Consiglio. Smentirci vorrebbe dire smentire sé stessi. Nel corso dell’attuale XVIII legislatura sono stati presi in esame 30 provvedimenti legislativi adottati dal Conte II. Ebbene, al 6 luglio scorso, l’ultima verifica, sono scaduti ben 125 decreti attuativi dei 431 previsti, Ovvero il 29%. Quasi uno su tre. La parte del leone la fa il DL 34/20, il Decreto rilancio. Uno dei più attesi, prevede misure per contrastare la crisi del Codiv 19, con un eccezionale carattere di urgenza, specie in ambito sanitario. Ebbene, degli 87 decreti attuativi previsti 20 sono da cestinare. Siamo fuori tempo massimo, il decreto indicava una data entro la quale adottare il provvedimento avrebbe avuto un senso. Ma quella data ormai è superata. Gli effetti, i benefici ipotizzati dal legislatore non sarebbero gli stessi. Che la macchina burocratica ci faccia perdere colpi lo sappiamo da tempo. Danni per che al tempo del coronavirus diventano incalcolabili.

In materia fiscale siamo riusciti a far scadere 10 provvedimenti attuativi su 37 (DL 124/2019). Tre del decreto Sisma (Dl 123/2019); 8 del decreto Clima (DL111/2019), 3 del decreto Sicurezza cibernetica (dl 105/2019); 1 del Decreto Riorganizzazione dei ministeri; 15 del decreto Milleproroghe (dl 162/2019) e 52 della legge di Bilancio (L.160/2019) e 2 del Decreto liquidità (dl23/2020).

L’ufficio di programmazione effettua un monitoraggio continuo, controlla giorno per giorno, ha il polso della situazione, controlla i battiti dell’attività legislativa. Il punto dolente è sempre lo stesso e non rassicura: le performance dell’amministrazione centrale dello Stato. I provvedimenti attuativi vengono presentati per ogni singola disposizione legislativa. La ricognizione dello stato dell’arte è il risultato di un incrocio di dati tra singole amministrazioni e la conferenza dei capi di gabinetto. Dei 431 provvedimenti previsti – si legge sul sito istituzionale – il 61% circa, pari a 263 provvedimenti, è previsto da decreti-legge e leggi di conversione di decreti-legge, il 29% (124 provvedimenti). Circa un quarto, per l’esattezza 97 provvedimenti, pari al 22,5%, deve essere adottato dal ministero per l’Economia e la finanza; il 9% (39 provvedimenti) dal ministero dell’Interno; l’8,4% da ministero dello Sviluppo economico; il 7,9% dal ministero (34 provvedimenti) dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. E così per tutte le altre amministrazioni. A prevedere un termine, una scadenza entro la quale il decreto va, per così dire, adottato sono 198 provvedimenti, pari al 46% del totale. Al momento però il bilancio è disarmante: i provvedimenti che hanno visto scadere il loro termine di adozione sono 125 contro i 73 adottati.

ITER CONCLUSO: 2 SU 20

Insomma, si gira freneticamente ma restando sempre nello stesso posto. Come una trottola. Un voyage autour de ma chambre, dicono i francesi. Un meccanismo farraginoso che rischia di vanificare l’attività del governo. Non solo del Conte II ma di qualsiasi altro governo. Dal 30 maggio al 6 luglio scorso, l’esecutivo guidato dall’avvocato di Volturara ha deliberato 2 decreti-legge per fronteggiare l’emergenza e 3 disegni di legge. In totale, il 72%, ovvero 29 su 21 decreti-legge, è stato convertito in legge, 4 sono stati abrogati e altri 4 sono confluiti in altri provvedimenti in attesa di conversione. E se la decretazione d’urgenza, varata in condizioni eccezionali come quelle create dalla diffusione del virus, è andata in al rilento, peggio ancora hanno fatto i disegni di legge: solo 2 dei 20 deliberati hanno concluso l’iter ordinario.

MINISTERO SEMPRE IN RITARDO

Se i nostri governi non sono, per restare nella metafora, a lunga conservazione, forse dipende anche da questo. Hanno la data di scadenza segnata in partenza. All’ipertrofia tipica del nostro apparato legislativo fa riscontro inoltre la tortuosità delle procedure. La geometria dei provvedimenti HE si disperde in linee oblique e parallele, linee che si intrecciano e sovrappongono fino a creare un groviglio. L’esempio del decreto Rilancio è lampante: il 27% dei provvedimenti attuativi scaduti. Sei erano di competenza del ministero dell’Economia; 3 del ministero della Cultura; 4 del ministero delle Infrastrutture; 1 del ministero del Lavoro e 1 di Palazzo Chigi; 3 del ministero dell’Interno e due dell’Agricoltura. Tutti da abrogare o da riproporre. Da rilanciare, appunto. Inutile dire che non era questo il senso del decreto.


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