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Dinanzi alle circa 500 pagine del Decreto Rilancio in molti hanno allargato le braccia. Norme, codicilli, torsioni, rimandi. Il risultato di una lunghissima e travagliatissima mediazione. Ne sa qualcosa Ettore Rosato, vicepresidente della Camera, deputato e coordinatore nazionale di Italia viva, la gamba più traballante del governo Conte
Ha vinto la burocrazia, presidente Rosato?
«Abbiamo creato la burocrazia dell’emergenza, un delitto che noi abbiamo provato a denunciare in più occasioni. Purtroppo, e lo rileviamo con molta preoccupazione, alla gente non arrivano come servirebbe le risposte che il governo comunica».
C’è un colpevole?
«Bisogna comunicare le cose che si fanno, non quelle che si pensano. Noi ci siamo ricavati nella maggioranza un ruolo scomodo, quello di non appagarci di conferenze stampa. In questi due mesi sono stati messi in quarantena i diritti di 60 milioni di italiani a cui è stato impedito giustamente di andare in giro. Si è imposta la chiusura delle attività economica ma non si è riusciti a mettere in quarantena la burocrazia. Questo è inaccettabile. Nell’emergenza si mette in quarantena la burocrazia e si semplificano le procedure».
Lei ha proposto di cancellare le “autocertificazioni per le modalità personali”.
«Assolutamente sì. Già erano una follia prima. Ma arrivati al quinto modulo io dico: basta! Chi si muove conosce le regole e lo fa rispettandole. Non è scrivendole su un pezzo di carta che si rispettano più facilmente. La cultura del sospetto che pervade la Pubblica amministrazione, per cui più adempimenti faccio più il cittadino rispetta le regole, è una cultura sbagliata. Peraltro, nella burocrazia si annida la corruzione. Nella semplicità la corruzione ha meno spazio. Bisogna semplificare la vita agli italiani. Noi di Iv abbiamo lanciato una campagna sul tema della semplificazione e già raccolto circa mille mail. Ci hanno scritto artigiani, commercialisti, impiegati, etc., etc. C’è persino chi ha proposto procedure per semplificare il conseguimento della patente di guida».
C’è una nuova tipologia di italiani. Gli “inadempienti probabili”. Alle banche basta e avanza per bloccare la richiesta di prestiti e finanziamenti. Così però le imprese muoiono.
«Il tema del merito creditizio è un tema gigantesco e bisogna capire come lo Stato lo vuole affrontare. Se chiunque abbia saltato nella sua vita, e questa situazione in questo momento è molto facile, il pagamento di due rate del mutuo o di un leasing o di un prestito diventa non più bancabile, mettiamo milioni di italiani in mano agli usurai o sulla strada del fallimento professionale. Un danno sociale ed economico gigantesco».
Tutti insieme appassionatamente nel registro della Centrale rischi. Mentre il Paese affonda.
«Certo. È lo stesso discorso. Una spada di Damocle che ti condiziona tutta la vita. Un ostacolo che va rimosso assolutamente quando c’è la garanzia del 100 per cento dello Stato. Con la garanzia si prescinde dal merito creditizio. Ovviamente stiamo parlando di imprese che non siano in stato di liquidazione».
Fra l’altro, diciamolo, in questo particolare momento le imprese “sane” non sono molte.
«E sono quelle che probabilmente ne hanno meno bisogno».
Finalmente una cosa buona anche per il Sud. La regolarizzazione degli immigrati.
«Fa uscire dall’ipocrisia un pezzo di Paese. Queste persone vivono e lavorano da anni in Italia con contratti irregolari. Un rischio per loro e per i datori di lavoro. In più in un periodo di emergenza sanitaria avere dei “fantasmi” per le nostre strade è profondamente sbagliato e pericoloso».
In questo Decreto Rilancio c’è molto welfare spalmato a pioggia per non scontentare nessuno e poco sviluppo. C’è il piano, insomma, ma senza lo choc che chiedevate voi renziani.
«Questo Decreto Rilancio è un grande cerotto sulla ferita che il lockdown ha inferto al nostro Paese. Dopo il cerotto ci vuole però una terapia di profonda riabilitazione e ripartenza Questa non è scritta, non è decreto, ma va scritta. Al presidente Conte abbiamo chiesto con forza un decreto per sbloccare i cantieri e semplificare la vita».
Nel dopoguerra l’Italia ripartì grazie a personaggi che hanno fatto la storia di quello che poi sarebbe stato il nostro miracolo economico. Lei crede che il profilo di questo governo, dei vari Zingaretti, Di Maio o dello stesso Conte sia adeguato? Detto più esplicitamente: possiamo permetterci di lasciare in panchina uno come Mario Draghi?
«(Lungo sospiro. n.d.r.) … queste giornate impongono di giocare il campionato con la squadra che hai in campo, Bisogna vincere questa partita».
Il campionato sarà molto lungo, però.
«La nostra preoccupazione in questo momento è la gestione della ripartenza. Chiudere le saracinesche con un Dpcm è molto facile. Per rialzarle, però, servono altri fattori, servono gli imprenditori, quel sistema di fiducia che lo Stato ha costruito. Bisogna che questo governo dimostri di saper dare al Paese questi strumenti e questa fiducia».
Dati Istat, stime provvisorie ma molto probabili: l’incidenza di povertà assoluta nel Sud sfiorerà il 10,2%.
«È una realtà drammatica in tutto il Paese con punte inaccettabili al Sud. Che non è però tutto omogeneo. Al Sud ci sono molta eccellenze che purtroppo spesso non fanno scuola per una scarsa qualità della politica che è in campo».
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