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Sono i giovani e le donne del Sud a soffrire maggiormente i colpi che il Covid ha inferto al mondo del lavoro che registra “un calo dell’occupazione senza precedenti”.

Se, infatti, il crollo ha interessato in maniera quasi omogenea tanto il Centro Nord (- 1,9%) quanto il Mezzogiorno (- 2%), sono queste due fasce della popolazione meridionale ad aver subito l’impatto maggiore della crisi pandemica: -3% a fronte del -2,4% del Centro-Nord per le donne; -6,9% contro -4,4% per gli under 35.

E i numeri potrebbero aumentare dal momento che i dati non tengono conto dei disoccupati “virtuali”, in quanto molti posti di lavoro sono al momento “congelati” dalla cassa integrazione e dal blocco dei licenziamenti.

Svimez ed Enbic hanno “misurato” gli effetti dello shock pandemico su un mercato già debole nel rapporto “Il lavoro nella pandemia. Impatto per persone, settori, territori”, presentato durante un webinar cui hanno preso parte, oltre al direttore di Svimez, Luca Bianchi, e il presidente dei Enbic, Fulvio De Gregorio, tra gli altri l’ex ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, i senatori Roberta Toffanin (FI), Tommaso Nannicini (Pd), l’ex ministro e presidente dell’Associazione Lavoro e Welfare, Cesare Damiano.

Per effetto della pandemia gli occupati nel Paese sono scesi sotto i 23 milioni (22.904 mila unità) e sotto i livelli del 2008. Ma c’è da considerare una «quota di rilevante di lavoratori che gravitano in una zona grigia – ha rilevato Luca Bianchi – Circa 450mila persone, tra i 350 mila in Cig con meno del 25% e 100mila autonomi, di cui 70mila nel Mezzogiorno, con l’attività non chiusa ma sospesa.

I dati ci dicono che l’impatto della crisi è simile nelle due aree del Paese, ma questa area di incertezza è più rilevante nei territori meridionali che tra l’altro non avevano recuperato i livelli pre crisi del 2008. Senza contare il fatto che al Sud il rischio di chiusura delle imprese è quattro volte superiore rispetto al Centro Nord: molte aziende soprattutto quelle piccole e micro erano già sofferenza e ora rischiano di non riuscire a superala».

«Le prospettive di ripresa sono buone in tutto il Paese, ma i tempi contano: se non sarà molto ravvicinata – ha avvertito – si potrebbero creare il rischio di tensioni sociali in tutto il Paese, specie nelle grandi periferie urbane e soprattutto nel Mezzogiorno».

Intanto, se nel Mezzogiorno la flessione ha interessato più il lavoro dipendente (- 2,3%), rispetto a quello autonomo (-1,3%), al Centro Nord è avvenuto il contrario (segnando, rispettivamente, -1,5% e -3,6%). I lavoratori a termine sono diminuiti dell’11,6% al Sud e del 13,3% nel resto della Penisola, mentre quelli a tempo indeterminato sono cresciuti dello 0,4% e dello 0,7%.

Turismo, cultura, ristorazione, accoglienza, piccolo commercio e trasporti: il settore dei servizi – che, evidenzia Svimez, aveva in parte compensato le perdite occupazionali della “lunga crisi” e che impiega più degli altri il part-time o il lavoro stagionale – mostra le maggiori ferite.

La battuta d’arresto per il turismo è stata pesante: 233,2 milioni di presenza in meno nelle strutture ricettive rispetto al 2019 (-53%), disertate da stranieri (-70%) e italiani (-36%).

Il turismo e la cultura hanno perso rispettivamente 187mila (-11,3%) e 33mila (-5,2%) occupati, che insieme rappresentano circa la metà dei 456mila posti “soppressi” dal Covid tra il 2019 e il 2020. E nel Mezzogiorno la flessione del comparto turistico è stata più accentuata: – 12,7% contro il -10,7% del Centro Nord.

Puntando l’obiettivo sull’universo under 35, il report Svimez-Enbic registra l’aumento del numero dei Neet, i giovani che né studiano né lavorano, che al Sud passano dal 35,8% al 36,1%, dal 16,6% al 18,6% al Centro Nord. “Se, oltre ai disoccupati ufficiali, si tiene conto di coloro che cercano lavoro ma non attivamente, e delle unità virtuali in cassa integrazione guadagni a zero ore – si rileva nel rapporto – il tasso di disoccupazione “corretto” nel 2020 sale a livello nazionale al 17,3% dal 13,8% del 2019; dal 24,1% al 25,4% nel Mezzogiorno, dall’8,8% al 13,4% nel Centro-Nord.

La crisi prima e la ripresa ora mettono in primo piano il tema della riqualificazione professionale: «Il mercato ha espulso le persone con i contratti e gli skill formativi più deboli, per le quali sarà più difficile rientrare – ha affermato Bianchi – C’è un forte disallineamento tra le professionalità uscite e quelle medio-alte richieste dalle imprese».

Il rapporto ha poi messo a fuoco le dinamiche regionali “maturate” tra il 2008 e il 2020, mostrando un Sud in sofferenza, con l’occupazione in flessione in tutte le regioni, con picchi elevati in Calabria (-10,4%) e Sicilia (-8.9%) e relativamente bassi intorno al 3% in Campania e Basilicata. Mentre dinamiche positive caratterizzano Toscana (+1,4%), Emilia Romagna (+2,1%), Lombardia (+3,1%) e, soprattutto, Trentino Alto Adige (+6,8%) e Lazio (+7,2%).


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