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In molti hanno affermato che il mancato sviluppo del Sud dipende dalla mancanza di una classe dirigente nel Mezzogiorno. Questo il motivo dominante di alcune delle tesi della difficoltà di tali aree riportate da molti studiosi. E anche Giampaolo Galli e Giulio Gottardo, nella replica all’alzata di scudi conseguente alla prima uscita di contestazione del cosiddetto scippo di 60 miliardi annui, ricca di grafici ed elaborazioni, hanno fatto riferimento a tale carenza. Che forse erano anche eccessivi per dimostrare l’indimostrabile e cioè che il Mezzogiorno è stato inondato di risorse, contro ogni evidenza derivante dai dati forniti dai Conti pubblici territoriali, voluti da Azeglio Ciampi, che, pur facendo parte del sistema statistico nazionale, vengono messi in discussione. Ma le conclusioni confliggono con la realtà che ogni giorno ci si presenta davanti.
IL BUCO MIGRAZIONI
Infatti nel secondo intervento si parla meno dello scippo e vi è un riferimento, che un’ampia letteratura sul Mezzogiorno e più in generale sui temi dello sviluppo ha sottolineato, sull’importanza cruciale della qualità/efficienza delle pubbliche amministrazioni, nonché del capitale umano e sociale disponile in un’area. Carenza di capitale sociale, sulla quale concordano in molti, che è poi il vero problema delle realtà a sviluppo ritardato e alla quale si collega anche, in parte, la carenza di efficienza della pubblica amministrazione.
Il tema di fondo è capire qual è la soluzione, perché è facile dire che se lo zoppo non fosse zoppo vincerebbe le Olimpiadi. Bisogna forse fornirgli delle protesi per farlo correre. Come intervenire per aumentare la dote di capitale umano formato esistente nelle realtà meridionali che ha portato al prevalere al Sud di una classe dominante estrattiva, che fa spesso il bello e il cattivo tempo, utilizzando in modo improprio, spesso ricorrendo al cosiddetto voto di scambio, gli strumenti della democrazia? Certamente la scuola è uno strumento fondamentale, ma ha due problemi: il primo è che dà risultati a lungo termine e il secondo è che potrebbe anche non darli, se vi è un forte processo emigratorio che fa perdere il miglior capitale umano formato.
È evidente che se in una pentola c’è un buco bisogna cercare di chiuderlo, altrimenti non basterà mai l’acqua che vi si verserà. Il buco delle migrazioni si potrà chiudere solo creando posti di lavoro, cosa alquanto complicata. Nel frattempo che scuola e nuova occupazione creata aiutino il processo di formazione e selezione della classe dirigente, qualcosa si può fare. Per esempio, localizzare le agenzie europee al Sud perché portino persone con un maggior senso civico già formato, che possano influenzare, come lievito, il contesto complessivo. E poi trasferire alcuni grandi enti pubblici con occupazione numerosa nelle realtà come Napoli, Palermo o Bari. Penso all’Istat o all’Inps o all’Agenzia delle entrate centrale.
L’INTERESSE COMUNE
Ormai con gli strumenti a disposizione non è più un problema essere distanti da Roma. L’Inegi, l’istituto centrale di statistica del Messico, non è localizzato nella capitale ma ad Aguascalientes. Mi rendo conto che è un’operazione complicatissima, che creerebbe moltissime resistenze, ma che avrebbe un effetto rigenerante per alcuni grandi centri. Tutto questo, ovviamente, se si vuole affrontare il problema Sud non solo a parole ma con azioni serie e importanti. In questo caso certamente non sappiamo quale sarà la reazione dei ricercatori che parlano di capitale umano quando dovremo dire che l’agenzia dell’innovazione invece che a Torino va a Palermo o che il tribunale dei brevetti non va più a Milano ma a Bari o che la Rai sposta da Milano a Napoli il suo secondo centro di produzione. Allora si presenteranno elaborazioni complesse per dimostrare che al Paese non conviene. È più facile, ovviamente, fare dichiarazioni in libertà che azioni concrete che tocchino il portafoglio del bulimico Nord.
Questa previsione sarà valida fin quando non ci si renderà conto da parte di tutti che lo sviluppo di più di un terzo del Paese non interessa solo ai “cialtroni” meridionali, ma anche agli altri. Per evitare che fra poco non ci invitino più, come paese Italia, nel G7 né nel G8, perché perderemo ulteriori posizioni nella graduatorio per produzione di Pil nel mondo, cosa già avvenuta negli ultimi anni con il distanziamento della Francia e l’avvenuto scavalco effettuato dalla Gran Bretagna. La lezione della Germania non ci è servita per imparare che uniti si va più avanti? Dobbiamo imparare dalla Cecoslovacchia che separati si sta meglio, sempre però nell’Unione europea? Credo che ormai il tempo sia maturo per cambiare registro. Purtroppo gli interventi per il Mezzogiorno sono stati sempre parziali, mai sistemici. Tranne poi lamentarsi, come fanno i due ricercatori dell’osservatorio di Carlo Cottarelli, che l’enorme afflusso di risorse non ha dato i risultati sperati e che quindi sono risultate risorse sprecate.
IL VERGOGNOSO MANTRA
Il riferimento alle tante risorse sprecate diventa più pesante in presenza di finanziarie da definire o in generale quando vi sono risorse da distribuire o investire. In questo caso il dibattito si è acceso perché vi sono da investire le risorse del Recover Plan. Che vengono date in quantità maggiore al nostro Paese, considerato che anche l’Europa si è accorta che da noi i Paesi sono due e non uno. Ma il tentativo, maldestro, per dimostrare che il Sud ha usufruito di grandi investimenti da una certa intellighenzia nordica parte immediatamente, con l’aiuto del quasi monopolio dei media, che alcune volte, la maggior parte per interesse, altre per insipienza dei commentatori, sono pronti a dare contro alla parte più debole, incapace di reazione, e diventano più realisti del re, cavalcando il mantra del Sud assistito, sprecone, mafioso, pozzo senza fondo, dove le risorse finiscono per essere dissipate e consentono una qualità della vita migliore di quella dei poveri nordici, costretti a lavorare notte e giorno per mantenere questi nullafacenti.
Pronti a disconoscere anche che i diritti di cittadinanza debbano essere uguali nelle varie parti del Paese, ma anche a giocarsi la dimensione nazionale di un Paese di 60 milioni di abitanti, quando questo serve, per diventare sede di Expo, a Milano ovviamente, o delle Olimpiadi invernali, a Milano e Cortina ovviamente. O sede del tribunale dei brevetti, meglio non dire dove. Ovviamente nelle dichiarazioni senza un euro proveniente dalla fiscalità generale, nei fatti a carico quasi completo di essa. Ma forse il treno ha fischiato e le reazioni alla vulgata sono diventate più forti.
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Energia dalle onde del mare, nasce il laboratorio a Torino;
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Non vado oltre.
Lei cita le olimpiadi invernali Milano – Cortina. Dopo che hanno fatto fuori Torino, che ha rifiutato per non non creare debiti ai cittadini. Ingenua la sindaca! Doveva fare come hanno fatto Zaia-Fontana e Sala che hanno strombazzato che le spese le avrebbero sostenute i privati senza oneri per lo stato (non so qualcuno ricorda) ed ora chiedono continuamente soldi per poter far svolgere al meglio le stesse olimpiadi. La solita storia!
Forse è il caso di separarsi come ha fatto la ex Cecoslovacchia.