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AVREBBE dovuto rilanciare il mercato del lavoro, il propellente per far ripartire l’occupazione, sollevare dall’inedia il popolo dei rassegnati. La speranza per chi, perso il posto, passava il tempo a giocare a carte col farmacista e col parroco. La scossa per chi sembrava già condannato a lasciare l’impronta del suo sedere impressa sulla poltrona.  Negli anni del grillismo imperante veniva mostrato in processione in tutte le piazze del MoVimento. 

Ecco il balsamo lenitivo, la benedizione celeste, ecco la moltiplicazione dei pani e dei pesci che avrebbe sfamato le folle tradite.  Sono ancora nella memoria i festeggiamenti dell’allora vice-premier Luigi Di Maio, il balletto di mezzo governo gialloverde sul balcone di Palazzo Chigi. Il rito inedito che celebrava il festoso sforamento del rapporto deficit/pil portandolo al 2,4% e con esso il via libera al reddito di cittadinanza introdotto in pompa magna con il decreto-legge 26 gennaio n° 4 al grido di: “abbiamo sconfitto la povertà”.

SIAMO ALL’ULTIMO BONIFICO MA IN TRE ANNI SPENDEREMO 26 MILIARDI  

Dal giorno in cui il primo non occupato si vide accreditare il bonifico, ovvero dal primo aprile 2019, sono passati quasi 18 mesi. Cos’è cambiato d’allora? Nulla o quasi.  Anzi. La situazione casomai si è aggravata. La crisi causata dal Coronavirus ha messo a nudo plateali disuguaglianze, impoverito e messo sul lastrico altre fasce sociali.  Le politiche assistenziali ruotano intorno ad una miriade di provvedimenti. Ogni sofferenza ha il suo acronimo. A mancare sono gli investimenti nella crescita e nello sviluppo. A partire dal prossimo 1° ottobre un beneficiario su tre non troverà sulla sua carta elettronica Postepay la consueta ricarica di fine mese. E sì, perché la madre di tutte le mance di Stato è un congegno ad orologeria che si interrompe da un giorno all’altro. Nell’arco di un triennio – da qui al 2022 – peserà sui conti pubblici per 25,9 miliardi di euro – quanto spendiamo per l’Università, molto più di quanto (11,6 mld) investiremo nella ricerca.  Una tendenza destinata a crescere visto che tra il mese di marzo e aprile scorso si è registrato un boom di domande (+9%).

Non tutti sanno che per il reddito e per la pensione di cittadinanza sono previste a partire da questo mese decurtazioni. Possono arrivare anche ad un taglio del 20%. Ad esempio, quando il beneficio non viene consumato nel mese successivo al periodo di erogazione o nel caso in cui non venga affatto prelevato. Restano tutti i casi in cui la charity-card non si può utilizzare: per comprare armi, materiale pornografico, polizze assicurative, acquisto di gioielli, pellicce, opere d’arte, partecipazione a club privati. Prescrizioni che rischiano di risultare persino beffarde.   

DUE MESI DI STOP

Da ottobre, dicevamo, per molti si esaurirà la carica. La legge prevede però anche una seconda possibilità, si può fare cioè un’altra domanda per ottenere la riattivazione della carta e il rinnovo rivolgendosi ad un Caf oppure all’Inps. A condizione però che le condizioni economiche non siano cambiate. Un valore Isee 2020 inferiore a 9.360 euro, un patrimonio immobiliare inferiore a 30 mila euro, finanziario fino a 6.000. Dal calcolo resta esclusa la prima casa e purché nei sei mesi precedenti alla richiesta non si sia acquistato un autoveicolo di cilindrata superiore a 1.600 cc o una moto superiore a 250.cc. In caso di rinnovo bisognerà comunque aspettare almeno fino a dicembre per incassare, (le nuove domande verranno accettate infatti solo a partire da novembre). E cambieranno anche le condizioni: il beneficiario non potrà più trincerarsi dietro rifiuti o altro, dovrà accettare le proposte di lavoro da qualsiasi parte d’Italia provengano, senza limiti di distanza.

Al primo “no” il rubinetto si chiude e non eroga più. E con i chiari di luna oscurati dal Codiv-19 di questi tempi c’è poco da stare tranquilli.  Con buona pace della ministra del Lavoro, la pentastellata Nunzia Catalfo che si considera a torto o a ragione la madrina di questo strumento di sostegno economico. La diffusione del contagio ha devastato l’economia e ha ovviamente interrotto per oltre 3 mesi qualsiasi attività formativa e professionale.  C’è però da segnalare come, nel colmo dell’ipocrisia nazionale, molto prima che il virus facesse proseliti, si era già scatenata un’onda di indignazione contro gli extracomunitari (circa 78 mila) che ne avevano fatto richiesta. Casualmente molte domande erano rimaste bloccate per mancanza di documentazione aggiuntiva.  Cioè certificati spesso difficili da reperire da richiedere “alle competenti autorità”. Spesso Stati esteri in guerra, amministrazioni improbabili, comunità beduine sparse nel deserto, fogli da tradurre in lingua italiana e legalizzare dal nostro consolato per attestare la situazione reddituale e patrimoniale del richiedente nel Paese di provenienza e la composizione del suo nucleo familiare. Un’impresa impossibile.   

NAVIGATOR DISOCCUPATI

La fase 1 sta per finire, è tempo di bilanci. Diciotto mesi dopo la povertà è stata sconfitta o almeno leggermente scalfita? No, è la risposta. Il numero di chi vive sotto la fatidica soglia casomai è aumentato. E non sarebbe stato comunque possibile con una misura pensata per riequilibrare la disgregazione del tessuto sociale che ha finito in molti casi, visti i risultati deludenti di cui parleremo qualche rigo più sotto, per incoraggiare il cittadino a restare a casa. Quanti fruitori hanno trovato effettivamente un lavoro degno di questo nome? La risposta è scoraggiante, un numero molto limitato ha intrapreso il cammino dell’inclusione sociale e lavorativa. L’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive sul Lavoro, guidata dal presidente Mimmo Parisi, un ente pubblico fondato 23 anni fa e vigilato dal ministero del Lavoro, ha fornito di recenti – prima che il suo sito andasse definitivamente in tilt – alcuni numeri utili per capire a chi è andato il reddito di cittadinanza: circa 196 mila persone. E di queste solo poco più della metà a tutt’oggi hanno in corso un regolare contratto. 

Per non parlare dei navigator, ovvero di chi doveva aiutare i percettori della ricarica a trovare una occupazione: 2.846 nuovi assunti che hanno percepito in questi mesi uno stipendio di circa 1.700 euro.  Sono stati al centro di tante polemiche e di un tira e molla tra governo, regioni e centri per l’occupazione.  Ma il peggio per loro forse deve ancora arrivare : il contratto di durata biennale scadrà nell’aprile 2021. Dal giorno successivo (1°maggio, festa del lavoro, sic..) anche i navigator che avrebbero dovuto supportare gli altri per trovare un posto avranno bisogno di essere supportati a loro volta.

LA GAFFE DI TONINELLI E IL FLOP DEL “PATTO”

Si era parlato di una riforma dei Centri per l’impiego, riforma che ancora si è vista. Si era parlato di una App che doveva arrivare nientemeno dal Mississippi. Chi l’ha vista? In compenso, sono stati erogati finora dall’Inps a partire dal 1° aprile 2019 già 6,5 miliardi a 1.350 .000 beneficiari di una platea di circa 5 milioni di persone, Reddito medio 560 euro. Ma sono poco più di 800 mila quelli che finora hanno sottoscritto il “patto per il lavoro”, primo passo per aspirare ad un qualsiasi contratto. 

A rallentare l’iter ha contribuito senza dubbio – lo ripetiamo – il lockdown, e su questo non ci piove. Ma è un dato di fatto che i quasi centomila percettori di reddito che hanno in corso un contratto di lavoro (a tempo determinato) hanno la dimensione di una commissione del Lussemburgo.  Sono numeri che parlano da soli, solo uno come Danilo Toninelli, l’ex ministro alle Infrastrutture che voleva far passare il traffico su gomma nel tunnel del Brennero, si è trattato comunque «un grande successo».

È il caso di ricordare che dal novembre del 2019 i datori di lavoro che assumono i beneficiari del reddito di cittadinanza possono fruire di un incentivo, uno sgravio che esonera le aziende dal versamento dei contributi previdenziali.  E che le cronache degli ultimi 18 mesi pullulano di truffe ai danni dallo Stato: dallo champagne acquistato con la benefica card ai tanti soggetti (oltre 22 mila interventi) segnalati alla Guardia di finanza accusati di percepire indebitamente il sostegno. Omettiamo lo sconfinato elenco di dichiarazioni mendaci, falsificazione di dati patrimoniali, casi di lavoro sommerso, etc, etc.  Furbetti che si sommano a furbetti nella triste corsa all’elemosina di Stato.


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