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L’ex Ilva è ormai un gigante di acciaio stanco, ma sembra interessare a pochi il futuro di oltre 10mila lavoratori. E’ sostanzialmente sparito dall’agenda politica, persino in Puglia, dove tra un mese si vota per scegliere il nuovo presidente della Regione, il siderurgico tarantino non è riuscito ad entrare nella campagna elettorale. Ne ha parlato vagamente la candidata del M5S, Antonella Laricchia, promettendo impegno per la chiusura dell’area a caldo in caso di affermazione a settembre. Intanto, le aziende dell’indotto lamentano circa 40 milioni di arretrati da Arcelor Mittal; la gestione commissariale non ha ricevuto nemmeno il pagamento della seconda rata dell’affitto dello stabilimento, in tutto 45 milioni di euro più Iva; e 8.182 dipendenti restano in cassa integrazione per altre sei settimane a partire dal 3 agosto, è cambiata solamente la causale, da Cig ordinaria si è passati a cassa integrazione “Emergenza Covid-19”.

PROROGATA LA CIG

In una lettera inviata alle organizzazioni sindacali il gruppo scrive che «a causa del perdurare della riduzione dell’attività lavorativa riconducibile alla situazione di emergenza epidemiologica da virus Covid-19 in atto a livello nazionale» ai sensi dei vari decreti e, da ultimo il decreto Agosto, «è costretta, suo malgrado ad incrementare di ulteriori sei settimane il ricorso alla Cig con la causale Emergenza Covid-19 a far data dal 3 agosto».

Nella lettera di ArcelorMittal che specifica la sospensione del personale per categoria e unità, si legge ancora: «Trattandosi di un evento oggettivamente non evitabile che rende indifferibile la riduzione dell’attività lavorativa, in applicazione di quanto previsto dalle disposizioni normative vigenti, si propone l’incontro per procedere alla consultazione alla data del 18 agosto alle 12». La sospensione interesserà complessivamente, e secondo le esigenze dell’azienda, 5.622 operai, 1.525 impiegati, 871 equivalenti e 131 quadri. In un’altra lettera ArcelorMittal spiega di revocare la procedura di Cigo operando il mutamento di causale.

TRATTATIVA IN STALLO

Insomma, va sempre peggio e l’emergenza Covid ha acuito la situazione portando anche a uno stallo nella trattativa tra governo e multinazionale franco-indiana. Basti pensare che per la seconda volta consecutiva Arcelor, nonostante il corposo sconto ottenuto a marzo, non ha pagato la rata dell’affitto dello stabilimento. I fornitori invocano il pagamento degli arretrati, una cifra che secondo i sindacati si aggira tra i 38 e 40 milioni di euro, non una cifra impossibile per un gruppo che vale 70 miliardi.

PRODUZIONE AI MINIMI STORICI

Anche la produzione dello stabilimento è ai minimi storici, intorno alle 3,5 tonnellate l’anno nonostante una capacità che potrebbe andare oltre gli 8 milioni. Buona parte degli impianti restano fermi e il personale, quasi la metà, in cassa integrazione. Una bomba sociale pronta ad esplodere da un momento all’altro. «Abbiamo continuato a chiedere al governo di essere convocati – attacca Rocco Palombella, segretario generale della Uilm – La situazione dell’ex Ilva resta drammatica e questo indipendentemente della questione dell’emergenza Covid-19. Aspettavamo una convocazione dopo qualche giorno in seguito all’incontro del 9 giugno: ormai sono passati 2 mesi senza che il governo si sia fatto sentire. Al governo non solo chiediamo un incontro urgente, con l’azienda, ma anche che le decisioni che saranno prese con ArcelorMittal non mettano in discussione i livelli occupazionali. Dobbiamo essere ascoltati subito senza ulteriori ritardi».

LA LETTERA A CONTE

Intanto Taranto si mobilità: oltre 5mila cittadini e 54 associazioni del territorio hanno sottoscritto una lettera inviata al premier Giuseppe Conte per chiedere la chiusura dell’area a caldo dell’ex Ilva. Il governo ha stanziato 470 milioni di euro nel decreto Agosto per entrare nel siderurgico tarantino ma ormai è una corsa contro il tempo. Tutto questo mentre i dati sulla qualità dell’aria non sembrano migliorare: «Se si osserva la media del benzene rilevato nel periodo gennaio-luglio 2020 rispetto all’anno precedente nel quartiere Tamburi l’aumento è stato del +113%, nella cokeria Ilva è del +83%, nella centralina Ilva di Meteo Parchi è del +193% – sostiene il Comitato cittadino per la “Salute e l’Ambiente”, a cui aderiscono diverse associazioni – Praticamente il benzene nell’Ilva è più che raddoppiato nonostante la riduzione della produzione e il lockdown. Questi dati dimostrano che lo stabilimento siderurgico è talmente fatiscente che neppure la riduzione della produzione consente di raggiungere risultati accettabili e costanti».


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