INDICE DEI CONTENUTI
- 1 AUTONOMIA DIFFERENZIATA E PARLAMENTO, SE LA VOCE DEL SUD È INESISTENTE
- 2 LA RIFLESSIONE SULL’ATTIVITÀ DEGLI ELETTI DEL SUD IN PARLAMENTO PER UN MEZZOGIORNO SPESSO DALLA VOCE INESISTENTE
- 3 IL PROBLEMA DEL CENTRODESTRA E DEL CENTROSINISTRA NELL’ESPRESSIONE DI ALCUNI VOTI
- 4 LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA
Il ruolo dei parlamentari eletti al Sud che spesso hanno una voce inesistente in Parlamento nell’opporsi a leggi che possano sottrarre risorse al Mezzogiorno
Rispondere agli elettori delle proprie azioni é uno dei doveri di chi è eletto. Che non prevede ovviamente un vincolo di mandato. Perché l’eletto dovrebbe operare secondo coscienza, in teoria per il bene comune, in pratica troppo spesso invece agisce per la propria sopravvivenza e per avvantaggiare i propri accoliti, che spesso vogliono risposte che privilegino i propri interessi personali.
In particolare al Sud, nel quale spesso purtroppo una classe dominante estrattiva si preoccupa soltanto delle proprie clientele, in un voto di scambio al limite della legalità.
Tante volte si è parlato della impossibilità, da parte degli eletti meridionali nei partiti di maggioranza, di opporsi all’approvazione di leggi che potessero sottrarre risorse al Sud o essere ad esso sfavorevoli.
Ma entro che limiti ciò é consentito? In particolare nel comportamento adottato per l’approvazione dell’autonomia differenziata come risponderanno i deputati e i senatori del Centro Destra ai propri elettori per aver contribuito ad approvare una legge che ad una lettura attenta spaccava il Paese e penalizzava il Sud come ormai acclarato dalla sentenza della Consulta?
E quale conto chiederanno coloro che li hanno mandati in Parlamento per difendere gli interessi della propria terra ed avere una visione di Paese che non li emarginasse e invece sono stati traditi?
AUTONOMIA DIFFERENZIATA E PARLAMENTO, SE LA VOCE DEL SUD È INESISTENTE
Perché la Consulta è stata chiara in diversi punti e quindi costoro hanno approvato una legge che come riporta il comunicato della Consulta:
a) esautorava il Parlamento da alcuni processi decisori riguardanti le intese con le Regioni e i Lep;
b) metteva in discussione l’unità della Repubblica;
c) dava la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite;
d) indeboliva i vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;
e) estendeva la legge alle Regioni a Statuto Speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti.
Bene i nostri parlamentari eletti della maggioranza, rappresentanti delle Regioni meridionali, non si sono resi conto del danno che stavano apportando agli interessi delle loro Regioni? Oppure se ne sono accorti e pur di salvare la loro carriera hanno sacrificato all’interesse personale il bene collettivo?
LA RIFLESSIONE SULL’ATTIVITÀ DEGLI ELETTI DEL SUD IN PARLAMENTO PER UN MEZZOGIORNO SPESSO DALLA VOCE INESISTENTE
Senza arrivare a quello che già è accaduto e cioè di una esposizione al pubblico ludibrio di coloro che hanno tradito il loro territorio da parte di alcuni movimenti che hanno pubblicato le loro foto su manifesti affissi, riflettere di quanto l’adesione a partiti nazionali possa portare a dover per forza tradire, se non si vuole essere estromessi dalla politica all’interno del partito di appartenenza, anche quando gli interessi complessivi portino a votare contro le esigenze del proprio territorio è un argomento da affrontare.
Soprattutto quando esiste nel Paese un movimento territoriale forte, come quello della Lega Nord, che fa un’operazione seria di lobby che porta, al di là di ogni logica, a forzare per costruire un ordinamento giuridico che privilegi una parte. O, come nel caso dell’autonomia, a normare perché vantaggi consolidati come la spesa storica non siano messi in discussione.
La riflessione che sorge spontanea è che in realtà i deputati che vengono eletti nella realtà meridionale per contribuire alla formulazione di leggi che, partendo dai principi basilari della Costituzione italiana, portino ad una promozione degli individui in qualunque parte del Paese essi nascano, in un rapporto tra uguali, dovendo fare riferimento ai partiti nazionali, si trovano in rotta di collisione costretti, come nel caso della valutazione sull’autonomia, a non perseguire gli interessi dei propri territori.
IL PROBLEMA DEL CENTRODESTRA E DEL CENTROSINISTRA NELL’ESPRESSIONE DI ALCUNI VOTI
Un tema che é trasversale e che in passato ha riguardato ovviamente anche coloro che aderiscono a partiti nazionali del Centro Sinistra, che oggi come si è visto ieri manifestano rumorosamente e con bandiera nazionale.
Risolvere il conflitto di interesse esistente tra l’adesione ad organizzazioni nazionali, spesso influenzate dalla parte forte del Paese, e gli interessi dei territori deboli é estremante complicato, anche se probabilmente non è consentito quello che è accaduto recentemente e cioè l’appiattimento su posizioni anti-Sud, che ha portato alla approvazione della legge.
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Si pone cioè il tema del limite che non va mai superato come quando sempre il centrodestra fu costretto ad affermare che Ruby rubacuori era nipote di Mubarak. Trecentoquattordici deputati hanno votato che Ruby la notte del 27 maggio 2010 era per lo Stato italiano la nipote di Mubarak e che le sette telefonate di Berlusconi in Questura a Milano per farla rilasciare erano telefonate di premier, telefonate di Stato.
Nel caso dell’autonomia i temi erano talmente chiari che persino Nordio, che fa parte dello stesso Esecutivo, ritiene che il referendum abrogativo non abbia più senso perché della legge non è rimasto più nulla e che quindi stravolga totalmente i principi costituzionali fondamentali.
LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA
E qualche domanda può diventare legittima sull’opportunità che la legge fosse promulgata da parte del Presidente della Repubblica senza quelle forme di resistenza previste dalla nostra normativa che prevedono che Egli possa rinviare al Parlamento per motivi di costituzionalità le leggi. In tal caso, il rinvio avviene con un messaggio motivato, che deve spiegare le ragioni di tale decisione. E se il Parlamento non modifica la legge o non la ritira, il Presidente può comunque promulgare la legge, ma in caso di dubbi di costituzionalità può inviare il testo alla Corte per un giudizio. Anche se correttamente recentemente il Presidente ha chiarito che non sempre le leggi che lui firma sono dallo stesso condivise.
«A volte sentite dire che c’è stato un appello al Capo dello Stato perché non firmi una legge perché è sbagliata, oppure se la firma viene detto che la condivide. Tutte e due le affermazioni sono sbagliate». Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è rivolto così agli studenti intervenuti a Roma al Salone delle Fontane. Lo ha fatto in risposta a una precisa domanda di uno studente: «Io sono un arbitro, al di fuori della contesa politica. Ma il compito del Capo dello Stato è quello di ricordare a tutti i limiti entro cui operano». Le domande poste non trovano facili risposte ma evidenziano un problema non da poco.
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