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AI TEMPI dell’Imperatore Traiano, il Mediterraneo era un lago romano. E di questo lago il centroide era il Mezzogiorno d’Italia. Una centralità, questa, che permane, sotto altre spoglie, ancora oggi.

«Verso Sud – Strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo» è il titolo di un convegno che si aprirà domani, alla Villa Zagara di Sorrento, un convegno promosso dal ministro per il Sud Mara Carfagna e da “The European House – Ambrosetti”, un convegno  che godrà di un parterre de rois, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Presidente del Consiglio Mario Draghi con nove ministri (quasi un Consiglio dei ministri!), a leader politici, da Letta a Meloni, a Paolo Gentiloni, a ministri e personalità dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo.

La famosa “questione meridionale”, che riga la “disunità d’Italia” dal 1861, è andata sottolineando il fallimento di tanti governi nel colmare quel dualismo che disonora il nostro Paese. E, quando si dice questione si sottintende problema, se non piaga o zavorra.

Ci sono problemi e ci sono soluzioni. Ma la soluzione alla questione meridionale può essere trovata ribaltando i termini, appunto, del problema: cioè a dire facendo della questione meridionale una soluzione e non un problema. Come ha detto il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco nell’ultima relazione, parlando del Pnrr, «la riduzione dei divari territoriali nello sviluppo economico e sociale, oggi ancora più profondi dopo un decennio di stagnazione, costituisce una priorità cruciale del Piano». E ha sottolineato che i punti di debolezza del Sud possono diventare punti di forza: «I benefici degli investimenti e delle riforme potranno essere particolarmente elevati laddove è minore l’accessibilità alle infrastrutture e sono meno soddisfacenti la qualità dei servizi pubblici e il dinamismo dell’iniziativa privata».

I divari territoriali si declinano in almeno tre dimensioni: distanze fra le diverse parti del Sud: costiere e interne, continentali e insulari; distanze fra il Mezzogiorno e il resto dell’Italia; distanze, infine fra l’Italia e l’Europa. Sì, perché non c’è solo un dualismo Nord/Sud. C’è anche un dualismo Italia-Europa. Da vent’anni e passa il nostro Paese cresce meno – molto meno! – rispetto al resto dell’Eurozona. Sono legati i due divari? Sì, perché l’Italia ha lasciato il Sud languire: vanghe e macchinari necessari a sfruttare il giacimento di crescita potenziale che alberga nel Mezzogiorno non sono mai entrati in campo. Il Sud è stato una palla al piede della crescita italiana e l’Italia è diventata una palla al piede della crescita europea. Non possiamo più aspettare prima di porre la “questione italiana” (che tale è la questione meridionale in salsa nazionale) al centro dei programmi di ripresa. Un Sud risanato farebbe dell’Italia un “sistema-Paese” finalmente coeso e strutturato, che rafforza la sua posizione nel disegno europeo. Il ministro Mara Carfagna ha fatto un esplicito accostamento fra quello che fece nei suoi anni migliori la Cassa del Mezzogiorno e quello che si vuol fare adesso, con una potenza di fuoco analoga, anzi più concentrata nel tempo. Come osservò iI «Progetto di sistema» della Svimez (pubblicato un anno fa), il Sud d’Italia «non è la “finis Europae” – una sua proiezione arrischiata e solitaria -, ma è la cuspide di un intero mondo europeo, che, attraverso l’Italia, penetra nel Mediterraneo, e di qui può attrarre persone, culture, merci, lavori da ogni parte del mondo».

Un semplice sguardo alla carta geografica basta per rendersi conto che l’Italia ha una posizione privilegiata per essere la “Porta Sud dell’Europa”. Non si tratta solo di intercettare gli scambi che passano per il canale di Suez provenienti dall’Asia, dal Bosforo provenienti dalle repubbliche centro-asiatiche, e dallo Stretto di Gibilterra provenienti dalle Americhe. Si tratta anche e soprattutto di porre il Mare Nostrum a interlocutore del continente africano: una ‘interlocuzione’ di cui l’Europa ha disperato bisogno.

La portualità del Mezzogiorno continentale (il ”QuadriIatero” Napoli-Bari-Taranto-GioiaTauro), cui aggiunge Catania/Augusta e Palermo in Sicilia, viene a definire quell’«Esagono della Portualità del Sud d’Italia», che è fondamentale per il riassetto dell’intero Paese. Tornano alla mente quelle ‘autostrade del mare’ più volte auspicate e proposte da Carlo Azeglio Ciampi. «Verso Sud» vuole dare una spallata definitiva a quella visione distorta e quel concetto melmoso che – scrisse Alfredo Canavero – vede «un Settentrione attivo, progredito ed operoso contrapposto a  Roma capitale  e ad un Meridione parassitario, arretrato e indolente». C’è un Mezzogiorno che – scrive Mara Carfagna – «non chiede privilegi ma diritti, non sussidi ma opportunità… che ha le capacità, le risorse e l’energia per crescere quanto e più del resto del Paese».

La centralità menzionata all’inizio prende forza da due sviluppi legati all’insana invasione russa dell’Ucraina. Da un lato, la necessità di affrancarsi dalle forniture russe di materie energetiche spinge a nuove rotte di approvvigionamento dal continente africano, e il Sud è nel crocevia di queste rotte. Dall’altro lato, bisogna ricordare che è in corso, nei Paesi avanzati, un processo di ri-localizzazione di processi e di prodotti. Il ritorno verso siti di produzione più vicini ha due ragioni: da un lato, la diversificazione dei fornitori (non bisogna dipendere troppo da un fornitore dominante, e questo è vero non solo per il caso appena citato dell’energia). Dall’altro lato, non bisogna dipendere troppo da Paesi autoritari, che possono usare degli scambi come arma di pressione o di ricatto. Il Sud può beneficiare di questa tendenza alla ri-localizzazione, dato che è più vicino rispetto ad altre passate destinazioni della delocalizzazione, ha potenzialità inespresse e incentivi a sufficienza, e, ovviamente, fa parte di una nazione democratica e liberale.


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