Il ministro Giorgetti
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IL CONSIGLIO di Stato c’è andato giù pesantissimo: il potere di ordinanza dei giudici sull’Ilva di Taranto “non risulta suffragato da un’adeguata istruttoria e risulta al contempo o viziato da intrinseca contraddittorietà e difetto di motivazione”. In altre parole, la sentenza del Tar che aveva deciso di spegnere l’acciaieria dichiarare la catastrofe naturale e distruggere ogni prospettiva di modernità, è stata azzerata da una sentenza del Consiglio di Stato che denuncia la totale infondatezza di tutti gli elementi usati dai magistrati per arrivare a decisioni che se sono prive di un’adeguata istruttoria non possono che considerarsi sovrabbondanti in ideologia.
C’era stata una sentenza del Tar di Lecce nello scorso febbraio che confermando ordinanza del sindaco di Taranto del febbraio 2020 avevo ordinato lo spegnimento degli impianti dell’area caldo dell’ex Ilva perché inquinanti. Secondo i giudici d’appello va dichiarata l’illegittimità dell’ordinanza impugnata e ne va conseguentemente pronunciato l’annullamento.
NUOVA MAZZATA
Si tratta di una nuova mazzata all’immagine e all’autorevolezza della magistratura italiana perché mai come nel caso dell’Ilva di Taranto si è avuta e si seguita ad avere ogni giorno la prova di quanto la giustizia italiana sia nemica della industria italiana e costituisca un ostacolo quasi insuperabile perché aziende straniere possano venire ad investire specialmente nel Mezzogiorno ed aziende italiane possano ritrovare la motivazione per farlo.
I giudici d’appello della quarta sezione dopo l’udienza del 13 maggio scorso hanno disposto dunque l’annullamento della sentenza del Tar di Lecce numero 249 del 2021 e per Acciaierie d’Italia e la nuova società tra Arcelormittal Italia e Invitalia “vengono dunque a decadere, si legge, le ipotesi di spegnimento dell’area a caldo e di fermata degli impianti connessi la cui attività produttiva proseguirà con regolarità”
QUASI VENDICATIVA
Evidente che questo sentenza non si riferisce banalmente ha delle tecnicalità giuridiche che potrebbero avere inficiato il valore delle decisioni precise prese precedentemente dal Tar, ma boccia in maniera clamorosa e quasi vendicativa un tipo di amministrazione giudiziaria incline a seguire più le mode che le leggi dal momento che per ora ha soltanto assecondato tesi puramente politiche basate sul nulla ovvero basate sulle interpretazioni e le follie del movimento populista che inquina l’Italia da troppi anni.
La nuova sentenza anche stabilito che il piano ambientale non è affatto in ritardo che non esiste alcuna emergenza che possa giustificare la chiusura degli altoforni. Viene detto in maniera esplicita che il potere inquinante di questa industria è esattamente lo stesso di qualsiasi altra industria con un impatto sul territorio in cui si trova e che richiede ovviamente tutti i correttivi e le attenzioni del caso ma che non giustifica in alcuna maniera la distruzione di un potenziale industriale virgola di una capacità di assorbire lavoro e di dare stipendi e assicurare la vita economica di una comunità.
IL TAR NON HA CAPITO
Per i giudici di palazzo Spada “l’avvenuta individuazione delle misure di mitigazione fra le quali si colloca anche l’installazione dei filtri a maniche, l’inizio della loro realizzazione e la mancata rappresentazione del provvedimento del mancato rispetto delle scadenze prestabilite, inducono a ritenere non sufficientemente provata quella situazione di assoluta e stringente necessità presupposta dall’ordinanza sindacale”. In parole povere nulla di ciò che è stato finora stabilito dal Tar è giustificato in alcun titolo e quindi è privo di qualsiasi valore non soltanto legale ma anche di utile suggerimento politico sul da farsi.
RISPETTO DELLA SALUTE
Giancarlo Giorgietti, ministro dello Sviluppo economico, si è affrettato ad avvertire che il governo procederà in modo spedito su un piano industriale ambientalmente “compatibile nel rispetto della salute delle persone”. Come dire: terremo conto degli elementi ideologici totalmente insussistenti per non scontentare nessuno, ma dobbiamo ripartire da zero.
In che significa che acciaierie d’Italia possono rivestire un nuovo piano dopo la sentenza del Consiglio di Stato ma nessuno potrà dare nessuno potrà restituire la vita e l’onore agli ex proprietari dell’Ilva maltrattati da sentenze che li hanno esposti davanti all’opinione pubblica come dei criminali di ambientali, degli sfruttatori di vite a perdere, un macigno di materiale puramente ideologico che non ha nessuna ragion d’essere né giuridica né morale né politica e tantomeno industriale punto I sindacati anche in questo caso hanno soltanto belato auspicando chiedendo rimettendosi ma senza saper prendere una posizione decisa.
SEGNALI RAPIDI
La Confindustria di Taranto chiede che il governo dia dei segnali rapidi su cui fondare il futuro ma quel che resta di questa vicenda amarissima e l’immagine di una sconfitta della verità e della giustizia di fronte alle esigenze delle imposizioni ideologiche travestite da impellenti necessità giudiziarie che poi si rivelano totalmente campate in aria ma ugualmente capaci di distruggere l’onore di alcune persone, distruggere la prospettiva di lavoro di molte altre, distruggere le potenzialità di una Regione e scoraggiare ogni azienda che ne avesse intenzione dal venire a impiantarsi in Italia e portare ricchezze e fabbriche di ricchezza.
Questo significa anche che il governo davvero un’occasione d’oro per seppellire questo cassonetto di idiozie prevaricatrici prive di qualsiasi consistenza giuridica per riabilitare il funzionamento della burocrazia e anche della stessa giustizia così maltrattato da alcuni suoi esponenti e ristabilire le regole per un progresso civile industriale che finora sono mancate o se ci sono state non hanno avuto nessun effetto.
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