Sergio Mattarella a Casal di Principe
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«La REPUBBLICA Italiana considera prioritaria la lotta a tutte le mafie». Riscatto e commozione, memoria e impegno. Per la prima volta nella storia un Capo dello Stato mette piede nella terra simbolo della prepotenza criminale della Campania. Casal di Principe, ventimila anime, terra dei fuochi, feudo di camorra, la città di don Peppino Diana, il prete ribelle ucciso dal clan 29 anni fa, è stata scelta da Sergio Mattarella per onorare la ventottesima giornata delle vittime innocenti della mafia.
Il presidente della Repubblica alle 10.30, come da programma, al cimitero di Casal di Principe per rendere omaggio a don Diana. Ad accoglierlo, il sindaco Renato Natale («È un momento storico per la nostra città, lo Stato ha dimostrato di esserci» ha detto) e i fratelli di don Peppino, Marisa ed Emilio. Una visita durata pochi minuti, poi Mattarella è andato via per raggiungere l’istituto “Guido Carli”. Qui ad attenderlo gli studenti e i docenti emozionati, pronti a dargli in dono l’olio delle olive che coltivano in modo sperimentale da qualche anno. Poi è stata la volta della parrocchia di San Nicola di Bari, quella in cui don Diana svolgeva la sua azione pastorale e dove è stato ammazzato.
Infine, la giornata si è conclusa con un pranzo al ristorante Nco, sigla ormai non più della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo, ma della Nuova cucina organizzata, una realtà che esiste dal 2007 in via Giacosa e che dà lavoro, in una terra che lavoro non ne ha nonostante per ironia della sorte in passato fosse chiamata Terra di Lavoro, e ai disabili. Perchè a cucinare e a servire ai tavoli in una villa confiscata al boss Mario Caterino e gestita da una cooperativa sociale, ci sono ragazzi “svantaggiati”.
IL PRESIDENTE ANTIMAFIA
«La politica sia autorevole nel dare risposte alle emergenze e ai problemi socio-economici dei territori. L’amministrazione sia efficiente, rapida nelle soluzioni e trasparente» ha esordito il Presidente della Repubblica, «la mafia è violenza ma, anzitutto, viltà. I mafiosi non hanno nessun senso dell’onore né coraggio. Don Peppino era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio della sua terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto, quello della propria vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione». “Le mafie temono i liberi cittadini. Vogliono persone asservite, senza il gusto della libertà – ha proseguito – le mafie sono presenti in tutte le attività più turpi e dannose per la comunità: la prostituzione, il traffico di esseri umani, di rifiuti tossici, il caporalato, il commercio di armi, quello strumento di morte che è la droga, lasciando nel territorio povertà e disperazione».
IL RICORDO DI CAPONNETTO
«La solidarietà, l’inclusività, l’arte, la cultura, l’allegria sono antidoti alla mentalità mafiosa, che prospera nell’ignoranza, nel disprezzo degli altri, nella paura – ha detto ancora Mattarella – le istituzioni sono chiamate ad abbattere le barriere che impediscono ai giovani di realizzare i propri sogni nel territorio in cui hanno le loro radici». Il capo dello Stato ha quindi ricordato Antonino Caponnetto, «un grande magistrato, conoscitore dell’organizzazione mafiosa», il quale «soleva ripetere che ‘i mafiosi temono di più la scuola che i giudici, perchè l’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa».
L’ENTUSIASMO DEGLI STUDENTI
«E’ con grande partecipazione che mi rivolgo a voi, ragazze e ragazzi, che vivete la vostra giovinezza in questa terra, in passato così duramente ferita dalla presenza della criminalità organizzata. E che ora è protagonista di una stagione straordinaria di fermento e di riscatto» dice per introdurre il suo intervento. «Cari studenti, questo incontro è dedicato a voi, testimoni di speranza» aggiunge. «Con leggi e strumenti avanzati, grazie all’impegno di inquirenti e forze dell’ordine – ai quali dobbiamo sempre esprimere la nostra vicinanza e la nostra riconoscenza – sono state disarticolate organizzazioni potenti e minacciose, capi arroganti sono stati assicurati alla giustizia, intere aree sono state liberate dalla oppressione mafiosa» ha detto Mattarella davanti agli studenti.
«Sono venuto a portarvi l’apprezzamento e l’incoraggiamento della Repubblica. L’Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia. Auguri», è il congedo del capo dello Stato, salutato da un lungo e scrosciante applauso. Molti i punti del suo discorso che hanno scatenano l’entusiasmo di una platea prevalentemente di adolescenti. Specie quando Mattarella scandito: «Dovete essere fieri di vivere in questa città che ha saputo avere questa rinascita. Dovete rifiutare, fin dai banchi di scuola, la sopraffazione, la violenza, la prepotenza, il bullismo, che sono un brodo di coltura della mentalità mafiosa. Ricordate sempre che siete la generazione della speranza, quella a cui don Diana ha passato idealmente il testimone della legalità. L’Italia guarda a voi con attenzione, solidarietà, simpatia, fiducia». «Era un uomo coraggioso, un pastore esemplare, un figlio della sua terra, un eroe dei nostri tempi, che ha pagato il prezzo più alto – ha aggiunto – quello della propria vita, per aver denunciato il cancro della camorra e per aver invitato le coscienze alla ribellione. Don Diana aveva capito, nella sua esperienza quotidiana, che la criminalità organizzata è una presenza che uccide persone, distrugge speranze, alimenta la paura, semina odio e ruba il futuro dei giovani. Aveva capito che la mafia è anche conseguenza dell’ignoranza, del sottosviluppo, della carenza di prospettive, e che quindi la repressione – indispensabile – non è sufficiente e che la mafia si sconfigge definitivamente sviluppando modelli fondati sulla legalità, sulla trasparenza, sulla cultura, sull’efficienza della macchina pubblica».
E per farlo bisogna sconfiggere la cultura mafiosa. Ma come? «Lo diceva Giovanni Falcone, “la mafia non è affatto invincibile. E’ un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine”. Casal di Principe lo ha dimostrato. L’efferato omicidio di don Peppino Diana è stato un detonatore di coraggio e di desiderio di riscatto. Ha prodotto un’ondata di sdegno, di partecipazione civile, una vera battaglia di promozione della legalità. Lo ha ricordato il Sindaco, rammentando la grande partecipazione popolare che 29 anni fa ha accompagnato il feretro di don Diana. La popolazione ha detto basta alla sopraffazione e alla prepotenza, agevolando, in modo decisivo, l’azione delle forze dell’ordine e della magistratura. Sono stati tagliati, con l’entusiasmo, con la resistenza, con il rifiuto dei metodi mafiosi, persino con l’ironia, quei fili di complicità, di connivenze, di paura che tenevano incatenati ideali, sogni, energie positive e creative. La città rappresenta un modello virtuoso di partecipazione civile».
Rivolge, inoltre, un saluto «di particolare intensità» ai familiari presenti delle vittime innocenti della criminalità organizzata nel casertano e alle forze dell’ordine che «garantiscono la presenza dello Stato e la legalità, premessa indispensabile di ogni sviluppo sociale ed economico». Un intervento, quello di Mattarella, che mira a sottolineare il significato del 21 marzo, dedicato alle vittime delle mafie: «Oggi l’Italia ricorda tutti i caduti per mano della mafia, della camorra, della ndrangheta. Donne e uomini che hanno sfidato la prepotenza mafiosa, rifiutandosi di sottostare alla paura e alla sopraffazione. Cittadine e cittadini coraggiosi, fedeli al senso del dovere e alla propria dignità personale. Tra le vittime anche bambini, uccisi per errore o per vendetta. La mafia è violenza – dice – ma, anzitutto, viltà. I mafiosi non hanno nessun senso dell’onore né coraggio. Si presentano forti con i deboli. Uccidono persone disarmate, organizzano attentati indiscriminati, non si fermano davanti a donne e a bambini. Si nascondono nell’oscurità».
«Per i ragazzi ascoltare Mattarella è una speranza, è un sogno vedere la più alta carica dello Stato che ha voluto dialogare con loro. Questo è un segnale molto forte» ha tenuto a sottolineare Tommasina Paolella, dirigente dell’istituto “Carli”. «Questa scuola – ha aggiunto – rappresenta la strada della rinascita di Casal di Principe dal 1994, dalla morte tragica di don Diana è nato un percorso di riscatto che le associazioni, le scuole hanno cercato e voluto. Pian piano riusciremo a trovare l’energia giusta per creare un futuro migliore in queste terre». La dirigente ha poi concluso: «Quello che manca ancora sono offerte di lavoro, la sanificazione dell’ambiente, non dimentichiamo tutti i problemi sociali che il territorio vive».
Per il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, quella di ieri è stata «una bella giornata in memoria di un uomo coraggioso e libero che ha combattuto e dato la vita nella battaglia contro la camorra. Per noi era un obbligo morale essere qui e continuare in questa battaglia per onorare don Diana».
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