L'intervento del ministro per il Sud Mara Carfagna
5 minuti per la letturaIL SUD serve al Paese per crescere, per mettersi alla pari con i suoi partner europei, riconquistare competitività, e affrontare quelle sfide – energetica in primis – che la guerra in Ucraina gli pongono di fronte. C’è un cambio di paradigma sul Mezzogiorno su cui il governo scommette: non più «Cenerentola», per usare le parole della ministra del Sud, Mara Carfagna, o «peso», citando quelle del segretario del Pd, Enrico Letta – che ricorda come questa narrazione abbia “attraversato” tutti, dai partiti alle istituzioni, per decenni. Ma «guida» e «motore per il resto del Paese».
E’ un cambio di passo, quello messo in moto dal governo Draghi con i fondi del Pnrr, che mira a mettere il Sud nella condizione di «correre sulle proprie gambe per competere con il resto d’Italia, ma anche dell’Europa e del mondo», dice Carfagna chiudendo, a Sorrento, il forum “Verso Sud”. E di “sostenere” il Paese. «E’ l’area che può dare di più per consentire a tutto il Paese di poter crescere».
Lo evidenza anche il ministro dell’Economia, Daniele Franco, quando – dopo aver elencato i numeri del «divario enorme» tra Nord e Sud – sottolineando che «per conseguire tassi di crescita più robusti è cruciale imprimere una forte accelerazione all’economia del Mezzogiorno e riavviare la convergenza tra le due aree». Ora ci sono le risorse per farlo e c’è un metodo di lavoro, dice il titolare del Mef, avvertendo che comunque il Pnrr non basta occorre una strategia complessiva capace di mettere in campo tutte le risorse a disposizione, dai fondi strutturali europei a quelli del bilancio nazionale, e una «adeguata capacità di gestire i progetti», di spendere le risorse e «realizzare un’opera che funzioni».
Il ruolo delle amministrazioni pubbliche del Sud «è doppiamente cruciale»: il ministro della Pa, Renato Brunetta, è in prima linea nella sfida per la riqualificazione e intanto annuncia il varo nei prossimi giorni di una piattaforma di assistenza tecnica, “Capacity Italy”, «una super Cassa per il Mezzogiorno» a supporto degli enti locali «che può contare sulla forza di fuoco di Cdp, Invitalia e Mediocredito centrale» e che il ministro immagina possa essere allargata a tutto il Mediterraneo. In questa area, intanto, il Mezzogiorno, sottolinea Brunetta, risulta più attrattivo di quanto si immagini: nell’economia del mare, nel turismo, nella portualità. Di fronte alla crisi energetica scatenata dal conflitto, «il Sud, in quanto serbatoio di rinnovabili del nostro Paese – sostiene – può fornire un contributo eccellente come hub energetico, ponte di collegamento tra Europa e Sud Mediterraneo».
Ma per vincere la scommessa sul nuovo Sud, affidata alla realizzazione del Pnrr, è fondamentale la «continuità nell’azione politica dei governi» che si avvicenderanno: «Spero che ogni singolo leader, partito e schieramento che si presenterà alle elezioni con l’ambizione di governare il Paese, metta al primo punto del suo programma una cosa molto semplice: garantire la piena attuazione del Pnrr, perché da quello dipende la ricostruzione della nostra economia e dei divari di cui abbiamo parlato in questi giorni», afferma Carfagna che nella presenza sul palco di Sorrento dei leader dei principali partiti registra intanto «un cambio di passo importante» e un segnale di attenzione nei confronti del Meridione. Attenzioni che in qualcuno destano sospetti.
«Confido che rimettere al centro il Sud sia l’obiettivo dell’evento e non quello che ricostruiscono alcuni giornali oggi», è l’esordio della presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che interviene in videocollegamento. Il riferimento è ai retroscena giornalistici che hanno visto nella convention sorrentina una vetrina per una futura candidatura della ministra a leader dei moderati. Accusa respinta con forza da Carfagna: «Non utilizzo la presenza del presidente della Repubblica, del presidente del Consiglio, del presidente della Camera per eventuali ambizioni personali. Sono una donna dello Stato: conosco benissimo il limite tra politica ed istituzioni e lo rispetto». “Scintille” politiche a parte, Meloni sottolinea che «lo sviluppo del Sud non è un favore al Mezzogiorno ma alla nazione intera, perché è un volano per la crescita dell’Italia», ma ritiene «lunari» le priorità fissate dal governo nel Pnrr, sollecitandone la revisione di fronte a uno scenario rivoluzionato dalla pandemia e dalla guerra.
Sul tema della decontribuzione Sud i leader del Movimento Cinque stelle, Giuseppe Conte, anche lui in videocollegamento, e del Pd, Enrico Letta, ritrovano l’intesa che ultimamente è mancata su tanti fronti. Rispetto a Conte che chiede al governo un impegno per renderla strutturale, Letta fa un passo in più, chiedendo non solo che venga «finanziata al massimo livello», ma che vi si affianchi «una misura straordinaria per i giovani». Quanto al Pnrr, il segretario del Pd, sottolinea che se l’Italia userà «male i fondi europei, non solo si interromperà il Pnrr, ma non si creerà mai più in Europa una dinamica di questo genere». Una possibilità da scongiurare soprattutto quando, come afferma il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, si discute un Recovery Plan numero 2. Una nuova emissione di eurobond, finalizzata a «fare 5 cose: l’autosufficienza energetica, l’autosufficienza agroalimentare, la difesa europea che ormai è indispensabile da realizzare, l’accoglienza di milioni di profughi dall’Ucraina e la ricostruzione dell’Ucraina», dice Tajani che poi rilancia sul nucleare come “via” per l’autosufficienza energetica. E sul Ponte sullo stretto di Messina.
Il leader di Azione, Carlo Calenda, punta l’attenzione sul «nodo irrisolto della manifattura al Sud». «Bene il Libro bianco sulla parte della logistica – dice – ma logistica e rinnovabili non sono labour intensive e non sono sostitutive del contributo che la manifattura può dare allo sviluppo economico». Al Sud, sostiene, le attività manifatturiere possono arrivare grazie agli incentivi agli investimenti, come la decontribuzione, ma «se poi arriva uno compra la più grande acciaieria a Taranto, la vuole rimettere a posto spendendo 4,2 milioni e lo cacciano a calci e lo mandano a investire in Francia, diventa complesso».
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