Nino Cartabellotta
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Presidente Cartabellotta, ma in manovra i fondi per la sanità sono aumentati o diminuiti? Abbiamo due versioni contrastanti. Il governo, ad esempio, continua a dire che non ci sono mai stati tanti fondi per la sanità. Chi sta truccando le carte?
- 2 Le misure sulle retribuzioni di medici e infermieri saranno sufficienti a colmare i vuoti o a fermare la fuga dagli ospedali?
- 3 Ma che fine ha fatto il capitolo sulle liste di attesa?
- 4 Presidente Cartabellotta, in manovra, rispetto alla Sanità, sono previste nuove assunzioni per medici e infermieri?
- 5 Mi sembra del tutto assente un capitolo destinato ad avvicinare le distanze fra Nord e Sud del Paese.
- 6 La sanità meridionale presenta ancora un bilancio fortemente deficitario nonostante qualche piccolo ritocco sui criteri di riparto del fondo sanitario nazionale. Come se ne esce?
La denuncia di Nino Cartabellotta (Gimbe) sulla Sanità e la manovra: «Le risorse in rapporto al Pil sono ormai al minimo storico. E per le liste di attesa ci sono solo 80 milioni»
Nino Cartabellotta è presidente della Fondazione Gimbe, uno dei punti di osservazione più attenti del nostro sistema sanitario. Ora che la manovra del 2025 è di fatto già legge dal momento che il passaggio al Senato sarà solo una formalità, si può tracciare un bilancio definitivo del capitolo sanitario.
E il giudizio di Cartabellotta è inequivocabile: «Siamo in presenza di una legge di bilancio molto deludente! Sebbene siano previsti aumenti nominali del Fondo Sanitario Nazionale (FSN), con un incremento di 2,5 miliardi di euro per il 2025, di fatto si tratta solo dell’1% rispetto a quanto già fissato nel 2024, considerando che 1,2 miliardi provengono “in dote” dalla Manovra precedente. E negli anni successivi, eccezion fatta per il 2026 (+3%), gli incrementi percentuali del FSN sono risibili: +0,4% nel 2027, +0,6% nel 2028, +0,7% nel 2029 e +0,8% nel 2030. Numeri del tutto insufficienti per rispondere alle reali necessità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che lasciano irrisolti i problemi strutturali, come la carenza di personale e le disuguaglianze regionali. Il rischio è che la sanità pubblica venga ulteriormente schiacciata tra definanziamento cronico e una crescente domanda di cure».
Presidente Cartabellotta, ma in manovra i fondi per la sanità sono aumentati o diminuiti? Abbiamo due versioni contrastanti. Il governo, ad esempio, continua a dire che non ci sono mai stati tanti fondi per la sanità. Chi sta truccando le carte?
Formalmente i fondi sono aumentati, ma in termini reali la situazione è peggiorata. Il FSN raggiungerà 136,5 miliardi nel 2025, con incrementi progressivi fino a 144,2 miliardi nel 2030. Ma in rapporto al PIL il FSN scenderà dal 6,12% del 2024 al 5,7% nel 2029. Ovvero cambiando unità di misura si passa da “cifre record” al “minimo storico”. Questo significa che, nonostante gli aumenti nominali, le risorse reali a disposizione non sono tengono il passo con i bisogni crescenti del SSN.
Le misure sulle retribuzioni di medici e infermieri saranno sufficienti a colmare i vuoti o a fermare la fuga dagli ospedali?
Le misure sono un segnale positivo, ma insufficienti per risolvere una crisi che si protrae da anni. La flat tax del 5% sugli straordinari degli infermieri e gli irrisori aumenti salariali per medici e operatori sanitari non bastano. Dal 2019 al 2023 il SSN ha perso oltre 11.000 medici, tra licenziamenti e fine contratti a tempo determinato, e più di 40.000 infermieri si sono cancellati dall’albo tra il 2020 e il 2023. La fuga verso il privato o l’estero consegue a condizioni di lavoro massacranti, limitate prospettive di carriera e retribuzioni non competitive. Per fermare l’emorragia della colonna portante del SSN servono interventi strutturali: contratti adeguati, percorsi di carriera chiari e investimenti per migliorare le condizioni di lavoro, soprattutto nei pronto soccorso, dove il logoramento del personale è più evidente. Senza azioni rapide e concrete, il SSN continuerà inevitabilmente a perdere preziose risorse umane.
Ma che fine ha fatto il capitolo sulle liste di attesa?
Le liste di attesa sono state affrontate solo marginalmente. Il Decreto Liste di Attesa del 2024 prevede misure senza nuovi stanziamenti significativi: per il 2024 sono stati destinati solo 80 milioni di euro, recuperati da fondi già esistenti. La Manovra prevede aumenti dello 0,5% nel 2025 e dell’1% a partire dal 2026 per l’acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati, mentre le nuove assunzioni sono rinviate al 2025. Questo approccio non incide sulle cause strutturali del problema: carenza di personale, organizzazione inefficiente, mancanza di investimenti per potenziare le reti territoriali e anche domanda inappropriata.
Questo ha costretto molte famiglie a coprire privatamente i costi delle prestazioni sanitarie, con una spesa che nel 2023 ha superato i 40 miliardi di euro. Una cifra peraltro “arginata” da fenomeni quali la limitazione spese per la salute per 4,2 milioni di famiglie e, soprattutto, la rinuncia alle cure: nel 2023 4,5 milioni di italiani hanno rinunciato a visite o esami, di cui 2,5 milioni per motivi economici, ben 600 mila in più rispetto al 2022.
Presidente Cartabellotta, in manovra, rispetto alla Sanità, sono previste nuove assunzioni per medici e infermieri?
Al momento non ci sono piani concreti per nuove assunzioni nel 2025. Il tetto di spesa per il personale sanitario rimane e il suo superamento è rinviato al 2025. Le Regioni continueranno quindi ad operare con organici ridotti, insufficienti rispondere alle necessità crescenti del sistema. Nonostante i 4,2 medici ogni 1.000 abitanti, dato superiore alla media OCSE (3,7) del 2022, pensionamenti anticipati e licenziamenti volontari stanno progressivamente “svuotando” il SSN. Si registrano carenze “selettive” in settori critici, come la medicina d’urgenza e la medicina di famiglia. Ancor più grave è la situazione del personale infermieristico, con appena 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, un dato ben al di sotto della media OCSE (9,8). A questo si aggiunge una scarsa attrattività della professione: solo 16,4 laureati in scienze infermieristiche per 100 mila abitanti contro una media OCSE di 44,9.
Mi sembra del tutto assente un capitolo destinato ad avvicinare le distanze fra Nord e Sud del Paese.
Purtroppo è così, con l’autonomia differenziata – al momento in stand-by – che va addirittura “in direzione ostinata e contraria”. Nel 2022, solo 13 Regioni hanno rispettato gli standard minimi e nel Sud solo Puglia e Basilicata sono riuscite a raggiungerli, rimanendo comunque agli ultimi posti della classifica. La mobilità sanitaria accentua ulteriormente il divario: nel 2021, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto “incassano” oltre il 93% del saldo di mobilità attiva, mentre le Regioni con saldo negativo superiore a 100 milioni sono tutte del Centro-Sud.
La sanità meridionale presenta ancora un bilancio fortemente deficitario nonostante qualche piccolo ritocco sui criteri di riparto del fondo sanitario nazionale. Come se ne esce?
L’intesa Stato-Regioni del 21 dicembre 2022 ha aggiornato i criteri di riparto. La quota indistinta del fondo sanitario nazionale è suddivisa tra le Regioni in larga misura (98,5%) secondo la popolazione pesata per l’età. A cui sono stati aggiunti il tasso di mortalità della popolazione di età <75 anni (0,75%) e indicatori di deprivazione sociale (0,75%): povertà relativa individuale, bassa scolarizzazione nella popolazione >15 anni, tasso di disoccupazione. Questo ha permesso alle Regioni del Mezzogiorno, con popolazione più giovane, tassi di mortalità più elevati e maggior prevalenza di fenomeni di deprivazione sociale di ricevere un po’ di risorse aggiuntive. Ma il “peso” esiguo dei criteri aggiuntivi è insufficiente per colmare i gap del Mezzogiorno: oltre a nuovi criteri di riparto, serve anche una revisione dei Piani di rientro. Che di fatto hanno, nella migliore delle ipotesi, permesso di riequilibrare i bilanci, senza riqualificare i servizi sanitari del Sud.
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